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Verso un Manifesto per la tutela dei paesaggi terrazzati, che solo in Italia sono 170.000 ettari, l'80% abbandonati o sottoutilizzati, il 3% a vigneto, dalla Valtellina a Pantelleria, passando per Valpolicella, Soave e Valdobbiadene ...

Italia
Il direttore del Consorzio del Soave, Lorenzoni e il Ministro delle Politiche Agricole, Martina

Dalla Valtellina a Pantelleria, dalla Liguria ad Ischia, e soprattutto al Veneto, con le Colline del Soave e di Valdobbiadene, e la Valpolicella, con le sue “marogne”, la viticoltura occupa solo il 3% dei 170.000 ettari terrazzati che si trovano in tutta Italia (il 70-80% è abbandonato o sottoutilizzato), racchiusi da 170.000 chilometri di muretti a secco, censiti dall’università di Padova. Eppure, proprio per la valenza anche simbolica e comunicativa dei queste viticolture eroiche, molti di questi territori sono sede, in questi giorni (fino al 15 ottobre), del terzo Incontro mondiale dell’International Terraced Landscapes (www.terracedlandscapes2016.it), dove esperti da tutto il mondo lavorano per la tutela di un tipo di antropizzazione storica del territorio e della campagna. Lavorando anche alla stesura di un documento-manifesto, da presentare al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, in cui verranno individuate le aree di intervento sui paesaggi terrazzati italiani e i soggetti che potrebbero portare un contributo.
E proprio la Valpolicella, terra dell’Amarone, e dei 222 chilometri di “marogne”, i muretti è stato uno dei territori ad ospitare le tappe tematiche di questo “simposio”, organizzato dalla Regione Veneto con l’Università di Padova, l’International Terraced Landscape Association e l’Università Iuav di Venezia.
“Stiamo lavorando contemporaneamente su due fronti - ha spiegato Olga Bussinello, direttore del Consorzio Vini Valpolicella - nel suo intervento su “Il paesaggio della Valpolicella. un patrimonio di eccellenza da conoscere e custodire” - in primo luogo stiamo perfezionando la pratica di riconoscimento di “Paesaggio rurale di interesse storico”. Il nostro territorio di produzione conserva evidenti testimonianze della propria origine e storia che hanno un ruolo nella società e nell’economia. Sul fronte operativo, invece, lavoriamo da tempo sulla sostenibilità ambientale, con il protocollo di certificazione di prodotto volontaria “Riduci Risparmia Rispetta” (Rrr) che contempla non solo gli aspetti di conduzione agronomica, la biodiversità vegetale e animale, anche nel terreno, ma anche il rispetto della conformazione esistente del paesaggio e, quindi, la manutenzione degli elementi che lo disegnano, come appunto le marogne. Si tratta di una certificazione di area che considera il processo produttivo a tutto tondo: l’ambiente e le risorse, tra cui il paesaggio, e la tutela degli abitanti. Dall’annata 2016, dopo cinque anni di applicazione sul territorio, il protocollo è stato certificato: superato il controllo di un organismo terzo, il marchio “Rrr” potrà essere apposto sulle bottiglie”.
La candidatura della Valpolicella a “Paesaggio rurale di interesse storico”, spiega il Consorzio, è stata accettata dal Ministero delle Politiche Agricole e il dossier, per arrivare al riconoscimento, è in via di definizione.“Una sfida non facile perché le denominazioni dei vini Valpolicella (Valpolicella, Ripasso, Amarone e Recioto) si estendono su ben 19 municipalità.“Il paesaggio - sottolinea Bussinello - è patrimonio non solo dei viticoltori, ma anche di tutti gli altri cittadini dei 19 Comuni. Gli impegni di tutela e valorizzazione dovranno essere assunti non solo dai produttori vitivinicoli, ma anche dalle Amministrazioni”.
“I paesaggi, e in particolare quelli in pendenza e terrazzati - aggiunge Christian Marchesini, presidente del Consorzio - in aree come la Valpolicella non sono oggi a rischio di abbandono, ma di “trasformazione” per gli elevati costi di gestione e per la perdita della sapienza necessaria per la manutenzione e la costruzione dei muri a secco. La tradizione paesaggistico-rurale dell’area di produzione aggiunge valore ai vini della Valpolicella rafforzando la loro identità territoriale”.
Una sfida, quella di diventare “Paesaggio rurale di interesse storico”, che è già stata vinta dal territorio del Soave, il primo (insieme a Valdobbiadene) ad essere iscritto nell’apposito registro del Ministero delle Politiche Agricole. Essere parte attiva all’interno di questo prestigioso incontro internazionale - sottolinea Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio del Soave - rappresenta la prosecuzione di un percorso che abbiamo iniziato diversi anni fa e che sottolinea la valenza delle colline terrazzate del Soave, al cui interno, nella zona classica, sono stati individuati 1700 ettari collinari, microparcellizati, coltivati secondo le tecniche della viticoltura eroica. Risale infatti al 1816 la prima mappa, tratta dal catasto napoleonico, che censisce i vigneti del Soave, in base alla quale poi nel 1931, con decreto regio, è stata istituita la prima denominazione italiana. In questa zona - percepita come isola non urbanizzata nella campagna veneta - sono ancora oggi presenti elementi di edilizia storica, capitelli votivi, forme di allevamento come la pergola, muretti a secco. Esistono inoltre vigneti di oltre 100 anni, tutt’oggi produttivi”. E anche da questi passa l’identità del vino, dell’agricoltura e del territorio italiano.

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