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Vigneti e autorizzazioni di impianto: richieste per 66.000 ettari sui 6.300 a disposizione per l’Italia, e solo l’11% da parte di aziende vitivinicolo (“Il Sole 24 Ore”). Federvini e Uiv a WineNews: “rivedere i criteri di priorità e di assegnazione”

Italia
Vigneti e autorizzazioni di impianto, richieste per 66.000 ettari sui 6.300 a disposizione per l’Italia

Inizialmente da molti lodate per la loro semplicità, le regole per l’assegnazione delle autorizzazioni per l’impianto di nuovi vigneti previste dal Ministero delle Politiche Agricole per ottemperare alle nuove regole Ue, che prevedono che, dal 2016, ogni Paese membro possa far crescere il proprio vigneto al massimo dell’1% ogni hanno, iniziano a mostrare qualche crepa.
Non solo sono state presentate domante per oltre 66.600 ettari (oltre 34.000 dal Veneto, su una disponibilità di 804 ettari, ed oltre 10.000 dal Friuli Venezia Giulia, su 238 ettari,
http://goo.gl/Fw3W7r, ndr), rispetto ai 6.300 a disposizione dell’Italia, dai numeri di Unione Italiana Vini (Uiv) riportati da “Il Sole 24 Ore”, emerge che ben 57.645 sono stati “opzionati da imprese attive nel settore dei seminativi, 1.500 sono stati richiesti da proprietari di terreni adibiti a pascolo o utilizzati in coltura promiscua e solo 7.440 ettari, pari all’11% del totale, da aziende vitivinicole”. D’altra parte, come si legge all’articolo 5 del decreto ministeriale 12272 del 15 dicembre 2015 (https://goo.gl/nF0nV4), “le richieste di autorizzazioni per nuovi impianti di vigneto sono considerate ammissibili se dal fascicolo aziendale del richiedente risulta in conduzione una superficie agricola parti o superiore a quella per la quale è richiesta l’autorizzazione”. E la questione si complica ancora di più perché una volta superato il plafond, salvo rinunce, si procede con un taglio lineare “pro rata”.

Tradotto, in teoria si potrebbe assistere all’ingresso nel settore, seppur con quantitativi di vigneto risibili, di un numero importante di aziende che, fino ad oggi, hanno fatto altro, e che magari cercano di diversificare sulla viticoltura che, in linea generale, è una delle attività agricole che garantisce la maggior remunerazione in assoluto. Per questo, secondo le organizzazioni di categoria, è necessario rivedere quanto prima le regole per il futuro:
“quella di quest’anno è stata la prima esperienza di gestione delle nuove regole - spiega il presidente Uiv (Unione Italiana Vini, Antonio Rallo) - e ha ha portato ad un risultato decisamente non auspicato dalla filiera vitivinicola. Dobbiamo metterci al tavolo con le altre organizzazioni di filiera e sindacali e con il Ministero delle Politiche Agricole per trovare delle soluzioni che possano garantire una migliore assegnazione delle nuove autorizzazioni secondo criteri diversi di ammissibilità e di priorità. E poi c’è il limite dell’1% che è stato voluto dalla maggioranza della filiera, ma ci siamo resi conto da subito che va rivisto (e questo è possibile solo a livello Ue, ndr) per arrivare ad un sistema più soddisfacente”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Sandro Boscaini, alla guida di Federvini: “non c’è dubbio che si tratta di gente che non centra niente con il mestiere di produttore di vino e cerca di trovare ad alternative ad una agricoltura che in generale non da redditi soddisfacenti come invece avviene per la viticoltura, e non dappertutto. Il caso di Rovigo, dove sono stati chiesti 3.000 ettari, è emblematico. Lo sanno tutti che quello ci mette a disposizione l’Unione Europea è una quantità limitata. E proprio perchè è limitata sarebbe il caso di metterla a disposizione di territori e produttori che hanno dei meriti, e ce ne sono, che riescono ad esportare, a fare mercato, a non fare eccedenze di prodotto e così via. Quindi, anche per non ripetere questo volume di domande assurde in futuro, varrebbe la pena trovare regole diverse”.

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