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Vini rosati, una nicchia ma in crescita, tra investimenti in qualità, attenzione mediatica e non solo. L’analisi di Leone De Castris, che ha imbottigliato il primo rosato italiano, il “Five Roses” nel 1943, e guarda al futuro anche con gli autoctoni

Ancora una nicchia, ma in grande crescita, e sui cui puntano in molti, dai produttori ai ristoratori, dagli enotecari ai grandi gruppi, con una risposta sempre maggiore da parte dei consumatori: è il vino rosato, tipologia dalla grande storia e dalla grande tecnica che, dopo anni in cui è stato bistrattato, sta tornando alla ribalta. A livello mondiale, secondo diverse fonti, come l’Oiv, la tipologia costituisce intorno 10% della produzione mondiale. Secondo uno studio di Wine Monitor per Frescobaldi (https://goo.gl/KEz8Gj), i principali produttori sono Francia (31% della produzione mondiale), la Spagna (20%), gli Usa (15%) e l’Italia (9%), con i quattro Paesi che mettono insieme da soli il 70% delle produzione totale. Quanto ai consumi, sul totale dei vini fermi siamo passati dal 9% del 2005 all’11% del 2016. Il 34% dei consumatori è francese: seguono Usa (14%), Germania (8%), Regno Unito (6%) e Italia (4%). Usa e Regno Unito primeggiano sul podio degli importatori, con rispettivamente il 20% e il 18% sul totale del valore mondiale dell’import di rosé nel 2015. Il valore dell’import mondiale si colloca a 1,8 miliardi di euro, per 8,8 milioni di ettolitri.
Una crescita importante, quella dei vini rosati, su cui scommettono anche gli enotecari italiani, come emerso in una recente indagine di WineNews (https://goo.gl/KvvRw5), accompagnata anche da un fiorire di manifestazioni a livello mondiale e nazionale negli ultimi anni, dal longevo Concorso “Mondial du Rosé”, organizzato dall’Union des Œnologues de France (che vanta 14 edizioni), al più recente ed italiano Rosexpo - Salone Internazionale dei Vini Rosati, organizzato da deGusto Salento, che ha da poco vissuto la sua edizione n. 4 a Lecce, in quella Puglia che è una delle Regione d’elezione per la produzione di vini rosati italiani e che, secondo un’analisi del portale ecommerce Tannico, è quella italiana che ha le migliore performance della tipologia (17%), davanti a Sicilia (14%), Abruzzo (11%), Sardegna e alto Adige (9%), Lombardia e Toscana (8%), tutte dietro alla francese Provenza (20%), forse il territorio mondiale più famoso per la produzione in rosa.
E proprio in Puglia ha dimora l’azienda che prima di ogni altra, e prima di ogni moda, ha investito sui vini rosati, la Leone De Castris,
cantina fondata già nel 1665 da Oronzo Arcangelo Maria Francesco dei Conti di Lemos, che mise insieme all’epoca 5.000 ettari tra Salice, Guagnano, Veglie, Villa Baldassarri, Novoli e San Pancrazio, tra le prime, nell’800, ad esportare vino sfuso in Usa, Francia e Germania, e che iniziò ad imbottigliare con i suoi prodotti con Piero e Lisetta Leone de Castris, nel 1925. E che, nel 1943, ha creato il vino rosato italiano più famoso nel mondo, il Five Roses, primo rosato ad essere imbottigliato e commercializzato in Italia, e che deve il suo nome al sito di provenienza delle uve (contrada Cinque Rose) e al “capriccio” del generale alleato Charles Poletti, commissario per gli approvvigionamenti delle forze Alleate, che aveva chiesto una grossa fornitura di vino rosato, che doveva però avere nome americano.
“Per noi il rosato è storia - commenta a WineNews Alessandro Lodico della Leone de Castris - e rappresenta tra il 25% ed il 30% del totale prodotto annuo tra vini fermi e spumanti, che facciamo sia charmat che metodo classico, investendo molto in ricerca ed in qualità”. E anche sul tema dei vitigni autoctoni, con prodotti dedicati, come il Five Roses Anniversario da Negroamaro, l’Aleikos da Aleatico e l’ultimo nato, il Villa Santera da Primitivo, che sono solo alcune delle tante etichette rosate della cantina, caso rarissimo del genere, se non unico, in Italia.
“Di certo è vero che c’è stata una grande crescita generale del rosato negli ultimi anni, e anche se va detto che rimane ancora una nicchia, ma le cose stanno migliorando, per molti motivi. Innanzitutto grazie ad un innalzamento della qualità organolettica dei vini rosati italiani, con un approccio legato alla freschezza dovuta all’acidità espressa da questa tipologia, alla fragranza per quanto concerne il gusto, e alla raffinatezza per quanto concerne i sentori. Ma anche ad una riscoperta dei molteplici abbinamenti gastronomici che permette il rosato, facendone ancora di più esaltare le sue peculiarità, ad una maggiore attenzione da parte dei media e della critica, con una migliore comunicazione che ne evidenzia le origini territoriali e a loro lo lega anche a livello turistico e, non da ultimo, all’affermarsi del consumo degli stessi in momenti diversi della giornata, come gli aperitivi”. E anche ad una certa destagionalizzazione, rilevano molti, sebbene è indubbio che ancora il maggior consumo di vini rosati avvenga nel periodo estivo.
In ogni caso, come testimonia Lodico, c’è una nuova coscienza e consapevolezza sul tema dei rosati, che caratterizza da sempre la storia di Leone de Castris: “se si considera il vino rosato come un progetto che parte identificando i vigneti e zone adatte alla produzione di uve per la vinificazione in rosato, e termina con la realizzazione di progetti innovativi, allora possiamo affermare che siamo un’azienda vocata alla produzione, alla commercializzazione, e alla promozione del vino rosato”. Anche con progetti nuovi come il “Five Roses Club 1943”, partito nel 2013 per festeggiare i 70 anni di storia del Five Roses, e “nato dalla voglia di raccontare il “rosato” attraverso la gente che lo ama e lo apprezza, di creare un momento di incontro e di scambio di idee tra tutti i fans della famiglia “Five Roses”, e di tutti i rosati della cantina”. E che ora sta evolvendo, spiega Lodico: “attraverso una selezioni di locali e clienti storici che da subito hanno creduto in noi e nel progetto, vogliamo realizzare dei momenti di incontro e confronto non solo con i media, ma anche con altri produttori di rosato per promuovere la tipologia, ma anche per condividere esperienze e conoscenze su territori, vitigni e così via”. Come già avviene nel wine bar “Five Roses Club”, nell’azienda a Salice Salentino, dove estimatori, turisti e appassionati possono fermarsi a degustare i vini, accompagnandoli con prodotti di alta qualità esclusivamente provenienti dal territorio pugliese, con degustazioni sul Five Roses e sui rosé italiani ed internazionali in generale. Ed ora i rosati avranno anche una vetrina di eccezione, ovvero gli Aeroporti di Puglia, che, dal 5 agosto, negli scali di Bari e Brindisi, saranno cornice dello spot video “L’Italia del vino ha un cuore Rosè”, realizzato dall’Associazione “Puglia in rosè” guidata da Lucia Nettis e promosso dalla Regione Puglia e Aeroporti di Puglia, anche per mostrare la grande varietà di vitigni, oltre 25, con cui si producono rosati nel territorio, dagli autoctoni Negroamaro, Primitivo, Nero di Troia, Bombino Nero, Malvasia Nera, Aleatico e Sussumaniello, agli “alloctoni” Aglianico, Montepulciano e Sangiovese, per citarne alcuni.

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