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TRA NUMERI & TREND

Vinitaly Tourism: il turismo enogastronomico in Italia ha un impatto sul Pil di oltre 40 miliardi

Veronafiere punta sul settore, con il debutto del nuovo format nell’edizione 2025. Roberta Garibaldi: “il vino è l’icona enogastronomica italiana”

Il turismo enogastronomico in Italia ha un impatto sul Pil nazionale di oltre 40 miliardi di euro ed è un settore che conta 14,8 milioni di turisti enogastronomici italiani, ovvero il 72% dei turisti italiani totali con il numero dei visitatori nei luoghi di produzione che è passato dal 60% del 2021 al 77% di oggi. Le cantine, dal canto loro, si confermano le “mete” preferite, con il 40% dei turisti italiani che dichiara di averne visitata almeno una nel corso dei viaggi più recenti, contro il 32% del 2024 e il 29% del 2021. Inoltre, tra le icone enogastronomiche italiane, il vino primeggia con il 38,1% delle preferenze, con la visita alle cantine con degustazione di vini che viene considerata dai viaggiatori italiani come l’esperienza enogastronomica più memorabile vissuta nel corso dei propri viaggi (26% delle preferenze). Numeri forniti dall’ultimo “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano” 2025 di Roberta Garibaldi, docente all’Università degli Studi di Bergamo e neo collaboratrice alla regia scientifica del Vinitaly Tourism by Veronafiere, la novità di Vinitaly 2025, a Verona.
“Un format con il quale abbiamo deciso di investire su questo settore, perché il nostro Paese è fantastico, ma si può fare di più - ha dichiarato il presidente Veronafiere, Federico Bricolo - un tema attuale è la ricerca di nuovi mercati: l’obiettivo anche in quest’ottica è dare ancora più forza a questo aspetto del mondo vinicolo. Vinitaly Tourism è una fiera all’interno della fiera che vogliamo sviluppare sempre di più”. A partire dalla presa di coscienza che l’enoturismo non deve limitarsi alla sola degustazione in cantina, ma che deve essere un’esperienza a 360 gradi seguendo il trend del “living wine” e non più del “drinking wine”, osservato dal report di Roberta Garibaldi.
E, dopo la premiazione dello chef Giancarlo Perbellini come “Vinitaly Best Territory Ambassador” (con le sue tre stelle Michelin con il ristorante Casa Perbellini 12 Apostoli a Verona), il panel si è concentrato su come rendere efficace e sostenibile a livello economico un progetto enoturistico: dal reperimento delle risorse necessarie alla creazione del prodotto perfetto, passando per fiscalità, marketing e risorse umane, con focus particolare sulla figura dell’hospitality manager, non solo un semplice “addetto alle visite”.
Luca Castegnetti, di Studio Impresa, ha spiegato come “l’azienda agricola che decide di avviare un progetto enoturistico nel 99% dei casi deve creare o sviluppare un’iniziativa all’interno di un’impresa già esistente” e di come reperire fondi tramite Psr e Ocm. Stimando il costo medio di una visita a 40 euro con 140 euro spesi nello shop in 3 o 5 anni si rientra di un investimento di 100.000 euro, mentre se l’impiego di denaro è di 600.000 euro occorrono 6 anni.
Una volta reperite le risorse e reclutato personale qualificato, Stefano Tulli, cofondatore Winedering, marketplace online dedicato alle wine experience, ha spiegato l’importanza di un sito web funzionale e veloce e dell’accoglienza, di come fare una degustazione che sia piacevole (senza termini altezzosi e contestualizzata rispetto al cliente che si ha di fronte) ribadendo come “il viaggiatore non ricorderà il vino che ha assaggiato, ma l’esperienza che ha vissuto”. Spazio a marketing e comunicazione con Denis Seghetti, l’altro cofondatore di Winedering - che ha sottolineato l’importanza di Google, social, Ota e, non ultimo, del passaparola - e, a seguire, con Filippo Galanti, founder Divinea, che ha sottolineato come “la sola visita in cantina con degustazione è un’attività a perdere, mentre il pacchetto visita e vendita diretta è il modello base, ma non tutti comprano”. Lo step vincente ulteriore è, perciò, quello di fidelizzare il cliente: “farlo su un visitatore ogni 10 consente di aumentare i fatturati delle vendite dirette di circa il 30%”, ha affermato.
Ma oltre alle strategie aziendali, efficaci o meno e che possono variare a seconda delle scelte delle imprese, il progetto enoturistico per forza dipende anche dal territorio. E ce ne sono alcuni che sono più apprezzati di altri. Secondo i numeri spiegati da Roberta Garibaldi, tra le destinazioni turistiche più desiderate e caratterizzate dalla presenza di produzioni vitivinicole, i turisti italiani vorrebbero visitare le Cinque Terre (20,1% di preferenze) ed il Salento (19,9%), i tedeschi sono più orientati verso il Chianti (38%) e il territorio di Montepulciano (27%), gli inglesi verso l’Etna (33%) e il Chianti (30%), così come gli americani che, però, indicano prima il Chianti (41%) e a seguire l’Etna (32%). Non mancano criticità. Per esempio l’overtourism, per cui secondo il report il 48,1% degli arrivi internazionali si concentra in 6 province, ma anche le difficoltà strutturali di alcune aree rurali interne del Paese, spesso difficili da raggiungere con i mezzi pubblici e con lo spauracchio di guidare dopo aver bevuto qualche calice complice anche il nuovo e più severo Codice della Strada. Non ultima la burocrazia.

Focus - Vinitaly Tourism: l’enoturismo, un settore vivace e contemporaneo, fotografato da Movimento Turismo del Vino e Ceseo
Dal punto di vista globale, è decisamente positiva la crescita, per numero e tipologia, delle esperienze proposte dalle cantine italiane accanto a quelle standard, come la visita guidata nei luoghi di produzione (proposta dal 95% del campione) e l’abbinamento con prodotti locali (87%). A fronte di un’offerta variegata, i prezzi delle esperienze” standard” sono molto simili tra le varie regioni (media di 20-25 euro), mentre risultano più eterogenei quelli dell’offerta premium con picchi di 170 euro in Toscana e 150 in Umbria. La proposta destinata al pubblico più esigente è più presente al Centro (57% delle cantine) e sorprendentemente molto scarsa nel Nord-Ovest (39%), mentre nel Nord-Est si concentra in Friuli-Venezia Giulia. È la fotografia dell’enoturismo in Italia, un settore vivace e contemporaneo, scattata dal Movimento Turismo del Vino in un’indagine di differenziazione regionale del turismo del vino a cura del Ceseo (Centro Studi Enoturistici e Oleoturistici) dell’Università Lumsa, presieduto da Dario Stefàno e diretto da Donatella Cinelli Colombini. Lo studio, illustrato nel nuovo format di Veronafiere Vinitaly Tourism, a Vinitaly 2025 a Verona, con la regia scientifica di Roberta Garibaldi, è stato coordinato da Antonello Maruotti, professore di Statistica alla Lumsa, e condotto su un campione rappresentativo di cantine del Movimento, ha mostrato come l’accoglienza in cantina si moduli in base alle caratteristiche culturali e paesaggistiche di ogni territorio valorizzando le differenze delle varie aree italiane.
Nel dettaglio il Centro Italia è decisamente più avanti per quanto concerne le attività formative (offerte dal 42% delle cantine) a fronte di un Nord-Ovest dove la percentuale scende al 33%. Come già anticipato per il Sud, anche le cantine del Centro dedicano particolare attenzione alla valorizzazione dei prodotti locali durante la degustazione (54%), mentre è il Nord-Est ad amare meno questa proposta con solo il 20% di cantine che la praticano. Cresce inoltre il numero di eventi organizzati in cantina (82% del campione) e quello delle attività culturali (57%).
E se al Centro le cantine puntano sul proprio paesaggio, accanto a queste principali evidenze crescono le proposte esperienziali soprattutto nel Meridione e nelle isole che offrono almeno 4 iniziative legate all’intrattenimento e i pic-nic in vigna soprattutto nelle regioni del centro. D’altro canto le cantine del settentrione sono le più disponibili in termini di aperture nel weekend, mentre la situazione è decisamente diversa al centro e al sud dove 2 cantine su 3 sono chiuse la domenica. L’apertura nel weekend risulta essere quindi troppo scarsa e in controtendenza rispetto a flussi concentrati nei giorni festivi. Un dato sorprendente riguarda il Meridione, in testa per presenza online, sottolineando il forte orientamento al digitale anche in aziende di carattere tradizionale e ciò si traduce nel crescente bisogno di figure professionali formate in questo ambito. Problema questo che appare il più urgente da affrontare a livello nazionale perché, a fronte di una presenza plebiscitaria con siti e social media la conversione è bassa (una media di 1.000 accessi al sito) così come la mancata raccolta di contatti utili impedendo di fatto il decollo di wine club (presente solo nel 13% delle cantine).
“Le differenze emerse vanno intese come risorse utili alla completezza dell’offerta - ha sottolineato Violante Gardini Cinelli Colombini, presidente Movimento Turismo del Vino - in risposta al bisogno di scoprire le nuove esigenze e curiosità dell’enoturista contemporaneo, integrandole con le esigenze delle famiglie, degli sportivi, di chi ricerca un soggiorno rilassante o di chi semplicemente si approccia per la prima volta al mondo del vino. La differenziazione risulta sempre di più un tema chiave per lo sviluppo del settore e proprio in quest’ottica l’edizione 2025 di “Cantine Aperte” sarà la grande vetrina delle nuove proposte ideate dai produttori. L’indagine presentata a Verona, ha evidenziato la costante evoluzione delle cantine che continuano a investire e a differenziarsi adattandosi ai nuovi strumenti innovativi, pur mantenendo la passione per l’ospitalità e l’autenticità dell’esperienza, da sempre elementi identitari del Movimento Turismo del Vino, come principi cardini della propria filosofia”.

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