“Il miglior prodotto senza comunicazione non esiste. Conoscere il proprio valore è la base per cominciare a comunicare. Bisogna saper ascoltare. La comunicazione sta dentro le aziende, non nel computer”. Tocca a Margareth Henriquez, presidente e Ceo Krug, una delle più note Maison dello Champagne con casa a Reims, aprire il Boroli Wine Forum 2015, ospitato alla Locanda del Pilone di Alba. Anche quest’anno la famiglia Boroli (Silvano, Elena e Achille) ha rinnovato l’invito a discutere tra le vigne di Langa, dove hanno azienda vitivinicola e continuano ad investire. con lo stesso Achille Boroli che conferma a WineNews l’acquisto, concretizzato da poche settimane, di 4 ettari di vigneto a Barolo in località Cascina Morello, a La Morra. Ospiti importanti, tra gli altri Pierre Godé, vice presidente di Lvmh Moët Hennessy Louis Vuitton, che, con 77.000 dipendenti, controlla 68 tra i più prestigiosi brand al mondo. Il tema è attuale: il valore della comunicazione nel mondo del vino ai tempi dei social e di internet.
“Il rapporto tra qualità del prodotto e l’emozione provata dal consumatore è la chiave per riuscire a vincere la sfida nel mercato - spiega la Henriquez - se il lusso è un’emozione allora questa esiste solo se scaturisce dalle radici di un marchio, dalla sua storicità e dal percorso che ha compiuto per arrivare sino a oggi. Ecco perché è importante “stare vicino ai consumatori” portandoli dentro le aziende, per offrire un’esperienza diretta con il prodotto e far comprendere come si è arrivati a quel determinato prodotto, a quella unicità. Il nostro impegno deve indirizzarsi sempre di più verso un prodotto di qualità eccellente, è questo che riesce a fare la differenza. È fondamentale lavorare per la tutela di queste eccellenze. Ci vuole molto impegno, molta fatica e molto tempo per riuscire a fare tutto questo. I produttori, devono dedicare il loro tempo per far comprendere la loro storia e l’unicità dei loro vini”.
Ed ognuno, in questo senso, percorre le sue strade. Come il barolista Roberto Voerzio, oggi tra i nomi più importanti del territorio (http://goo.gl/Spx2OO), che si definisce un “contadino” nato a La Morra: “sono innamorato del Barolo da quando avevo 16 anni. Volevo fare il vino che avevo nella testa. Pochi vigneti, soldi ancora meno. Eravamo io e mia moglie. Avevo davanti due strade: la comunicazione o la sostanza. Ho scelto quest’ultima. Ogni bottiglia deve essere messaggera di se stessa, deve parlare di me, dell’azienda, di come lavoriamo. La mia comunicazione è stare in azienda e far venire in azienda chi ha tempo di ascoltare. Fare innamorare il consumatore di ogni grappolo, di ogni botte. Così ascolterà cosa dice quel vino. Mio figlio ha voluto fare il sito internet: io non volevo”.
“La nostra è una classica famiglia piemontese di poche parole - gli fa eco Pio Boffa, alla guida della Pio Cesare, uno dei nomi top del Barolo, con sede nel cuore di Alba, http://goo.gl/Mwsb3P - riservati, non ci piace metterci in mostra e preferiamo parlare con i fatti piuttosto che con le parole. Se penso a come erano conosciuti i nostri vini alla fine degli Anni 60 negli Usa, e in Europa mi emoziono. Ci dicevano: “sono poco friendly” e “ma sono più simili al Bordeaux, alla California? Più simili a un Cabernet, ad un Merlot”. Il Pinot Nero raramente veniva citato. Da allora abbiamo tutti lavorato tanto in vigna e in cantina. Li abbiamo “portati per mano” i nostri vini, come i genitori fanno con i propri figli, in giro per tutto il mondo, dall’America al Giappone, all’Australia, all’Asia, al Sud America, all’Europa, abbiamo stappato le nostre bottiglie e abbiamo raccontato la storia dei nostri vini. Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio che “comunica da solo”. È importante portare i consumatori nel nostro territorio per far vedere come viviamo vini, cibo, colline, vigne. Qui si riesce a percepire la vera essenza della nostra terra con il “mondo ai piedi”. Facciamoli camminare su e giù per i filari e comprendere che qui niente è facile e scontato, immediato e banale. Facciamogli capire l’unicità nella differenza dei nostri cru. Non ci dimenticheranno mai dopo queste esperienze: una comunicazione molto poco subliminale ma decisamente “very effective””.
In poche parole, si tratta di far toccare con mano il lavoro che si fa, per farsi conoscere e riconoscere. Perché il consumatore di oggi “vola” in pochi secondi da Montalcino a Reims passando per la Napa Valley, come ricorda Enrico Viglierchio, direttore generale Castello Banfi, cantina leader del Brunello di Montalcino. La parola d’ordine quindi è coinvolgere: “il vino è già comunicazione di per sé. Oggi siamo di fronte a una rivoluzione - dice Viglierchio - c’è la necessità urgente di modernizzare la cultura del vino e parlare ai nuovi consumatori, i giovani. Il web e i social diventano uno strumento essenziale per portare online un intero mondo che purtroppo è ancora in larga parte offline. Il mercato del vino sul web è sempre più immediato e travalica i confini nazionali. Internet è una fabbrica di relazioni, che ci consente di accrescere la nostra popolarità e di sviluppare il nostro business. I nostri clienti diventano i nostri fan e i migliori divulgatori di informazioni relative al nostro brand e alle nostre etichette. Se una volta il mercato del vino era controllato solo dal produttore e dal trade, oggi appartiene anche a chi lo consuma, che cerca e si informa, soprattutto su internet. Ed è proprio lì che i produttori devono farsi trovare, perché la comunicazione funziona solo se è sostenuta da passato e presente, dall’incontro delle vecchie generazioni, che trasmettono tradizione e storia, e le nuove, che possono diffonderla con entusiasmo. Così, insieme, hanno un passato e un futuro che possono condividere e raccontare”.
E c’è chi per raccontarsi ha scelto anche di legare il proprio brand all’arte, come racconta Giovanni Geddes De Filicaja, ceo di Ornellaia, una delle cantine (e dei vini) di maggior prestigio dell’Italia enoica nel mondo: “ciascuna vendemmia è differente e unica. Occorreva trovare un carattere specifico per ogni vendemmia: dal 2006 lo esprimiamo con una parola e un artista. Esuberanza, armonia, l’ultima, legata alla vendemmia 2012, è l’incanto. Abbiamo chiamato un artista svizzero a interpretarla. Ogni anno una selezione di queste bottiglie con etichette esclusive progettate e firmate personalmente dall’artista, vengono inserite nelle aste di Sotheby’s, sia benefiche che commerciali, estremamente ricercate da collezionisti d’arte e vino. Il ricavato viene devoluto alle fondazioni d’arte di tutto il mondo”.
Ma, in ogni caso, “la miglior comunicazione è il vino stesso e come lo fai”, commenta Larry Turley, che ha fatto il medico per 24 anni in Austria prima di arrivare in California e scommettere sulla sua Turley Wine Cellar. Dice ai suoi vigneti le stesse cose che dice ai suoi pazienti: “Mangia vegetali e non drogarti”. Turley racconta: “faccio il vino che voglio bere. La risorsa più importante sono i vigneti. Abbiamo 50 vigne in tutta la California, nella maggior parte coltivate a Zinfandel molto antico. Il più antico è stato piantato nel 1895. Produciamo 34 etichette. E la miglior comunicazione è il vino stesso e come lo fai”.
“Il vino è un prodotto culturale - conclude Jean-Robert Pitte, presidente dell’Académie du vin de France - che parla all’intelligenza e al cuore. È un prodotto d’amore. Deve comunicare con passione e sincerità. L’idea delle Maison dello Champagne di affidarsi già un secolo fa ai grandi artisti per comunicare nei manifesti è una scelta di comunicazione. Un’altra è la voglia costante di migliorarsi nella produzione e nell’amore del proprio lavoro così come nella creatività del comunicare. Dietro il vino c’è sempre qualcuno”.
Focus - Margareth Henriquez: “è importante stare vicino ai consumatori portandoli verso le aziende”
Il rapporto tra qualità del prodotto ed emozione provata dal consumatore è la chiave per riuscire a vincere la sfida nel mercato, una sfida che si vince solo con la reputazione ed un profondo senso di responsabilità.
Se il lusso è un’emozione allora questa esiste solo se scaturisce dalle radici di un marchio, dalla sua storicità e dal percorso che ha compiuto per arrivare sino ad oggi.
Ecco perché è importante “stare vicino ai consumatori” portandoli verso le aziende o meglio dentro le aziende stesse, per offrire un’esperienza diretta con il prodotto e far comprendere come si è arrivati a quell detreminato prodotto, a quella unicità.
Il nostro impegno deve indirizzarsi sempre di più verso un prodotto di qualità eccellente, è questo che riesce a fare la differenza. E’ fondamentale allora lavorare e collaborare per la tutela di queste eccellenze, la protezione dell’unicità di un prodotto è la difesa migliore contro il problema della contraffazione.
Ci vuole molto impegno, molta fatica e molto tempo per riuscire fare tutto questo. I produttori, devono dedicare il loro tempo a tutto questo, per far comprendere la loro storia e l’unicità dei loro vini.
Margareth Henriquez
Margareth Henriquez è una professionista con 36 anni di esperienza, di cui 25 spesi come presidente/ad società multinazionali o globali in Venezuela, Messico, Argentina ed ora in Francia. Adesso appartiene al Comitato Esecutivo Moet Hennessy International.
Focus - Il dg Castello Banfi, Enrico Viglierchio: “il vino è già comunicazione di per sé. Oggi siamo di fronte a una rivoluzione: c’è la necessità urgente di modernizzare la cultura del vino e parlare ai nuovi consumatori, i giovani”
Da diversi anni assistiamo ad una graduale crescita culturale del consumatore, sia italiano che internazionale, sempre più esigente, competente ed informato. Questo è sicuramente uno stimolo in più per i produttori che devono saper sempre più valorizzare i caratteri distintivi dei loro vini ed, allo stesso tempo, guardare con un approccio sempre più internazionale alla competitività dei loro prodotti ed alle diverse dinamiche evolutive dei mercati.
Se da un lato il vino è un prodotto che accresce il Pil e il fatturato dell’agroalimentare italiano, dall’altro si registra una diminuzione dei consumi sul mercato nazionale, e questo evidenzia la necessità urgente di modernizzare la cultura del vino, facendo diventare i giovani “amanti” di questo prodotto e facendo loro conoscere la cultura a cui appartiene. Bisogna insistere sulla “contaminazione” tra vino italiano e quella fetta di consumatori che, altrimenti, non avrebbero nulla a che fare con il vino.
Il web e le moderne tecnologie di comunicazione, in quest’ottica, diventano uno strumento essenziale per portare online un intero mondo che, purtroppo, è ancora in larga parte offline. Internet come fabbrica di relazioni, che ci consente di accrescere la nostra popolarità, di fidelizzare i nostri clienti e, al contempo, ci aiuta a sviluppare il nostro business. I nostri clienti, profondamente coinvolti, diventano i nostri fan e i migliori divulgatori di informazioni relative al nostro brand e alle nostre etichette.
Se una volta il mercato del vino, infatti, era controllato praticamente solo dal produttore e dal trade, oggi invece appartiene ampiamente anche a chi lo consuma, che cerca e si informa, soprattutto su internet. Ed è proprio lì che i produttori devono farsi trovare, perché la comunicazione funziona solo se è sostenuta da passato e presente, dall’incontro delle vecchie generazioni, che trasmettono tradizione e storia, e le nuove, che possono diffonderla con entusiasmo. Così, insieme, hanno un passato e un futuro che possono condividere e raccontare.
Il mercato del vino sul web è sempre più immediato e travalica i confini nazionali. Il consumatore di oggi “vola” in pochi secondi da Montalcino a Reims passando per la Napa Valley. Diventa imprescindibile per il produttore essere presente nella web sfera per raccontare il proprio territorio, la propria storia, conducendo il consumatore a fare un viaggio enogastronomico, e non solo, nella regione cui quel vino appartiene. Comunicare non solo il prodotto ma il territorio e la cultura da cui essi nascono per avvicinare il consumatore ai territori del vino, a visitarli, a godere quel lato emozionale così importante per un prodotto “vivo” quale è il vino, e che realmente avvicina il consumatore a questo mondo.
La parola d’ordine è, quindi, coinvolgere. Il vino è un'esperienza pluri-sensoriale che dalla bottiglia arriva fino al territorio. E’ uno dei pochi aspetti che riesce a combinare storia e tradizione con il prodotto contemporaneo e, sebbene rappresenti un'esperienza che per alcuni di noi può sembrare scontata, per la maggior parte del globo non lo è. Dobbiamo, quindi, valorizzare l’autenticità italiana nell'esperienza del vino, oltre che nella comunicazione digitale, anche attraverso lo storytelling. Valorizzare l'arte del vino. Il vino, infatti, non si beve soltanto, ma si annusa, si osserva, si gusta, si sorseggia e se ne parla, e l’importante è che tutto ciò avvenga con la stessa intensità e passione con cui si racconta un film d’autore o un dipinto. Il vino non deve essere solo consumato, ma deve diventare argomento di conversazione e confronto per poter essere ricordato.
Un consumatore soddisfatto condivide più facilmente la propria esperienza e il giudizio positivo, affidando al web una recensione, e circa il 90% dei consumatori si fida delle recensioni online tanto quanto delle raccomandazioni dei propri amici.
Enrico Viglierchio
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