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VINO & GDO: SECONDO L’OSSERVATORIO “WINE MONITOR” DI NOMISMA, IN ITALIA I CONSUMI NELLA GDO SONO CALATI DEL 3,6% NEL 2012. SONO 22, 6 I MILIONI DI ETTOLITRI CONSUMATI IN ITALIA PARI QUASI ALLA QUANTITÀ DI VINO ESPORTATO

Continuano a diminuire i consumi di vino in Italia confermando il trend in discesa dell’ultimo decennio. Nel 2012 le vendite di vino nel canale della grande distribuzione organizzata (gdo) sono calate in volume del 3,6% rispetto al 2011. Anche il primo trimestre 2013 evidenzia una flessione dello 7,5% sullo stesso periodo dell’anno precedente. È quanto si legge nell’osservatorio “Wine Monitor”.

Nel 2012 i consumi di vino nel nostro Paese sono scesi fino a 22,6 milioni di ettolitri, il 62% in meno di venticinque anni fa e praticamente lo stesso quantitativo di quanto viene esportato annualmente dai produttori italiani. E mentre un quarto di secolo fa, il Bel Paese rappresentava il secondo consumatore di vino al mondo (dopo la Francia) con oltre 36,6 milioni di ettolitri oggi ha ceduto il secondo posto agli Stati Uniti (29 milioni di ettolitri), incalzata dalla Germania (20 milioni) e soprattutto dalla Cina (17,8 milioni).

Secondo Nomisma attribuire solo alla recessione economica le cause di tale diminuzione sarebbe fuorviante. In realtà, sono anche fattori socio-culturali e demografici a determinare impatti più rilevanti sui consumi di vino, tanto da qualificare questo calo come strutturale. Dallo studio emerge che il grado di penetrazione dei consumi di vino tra la popolazione (con più di 11 anni) è pari oggi al 52%. Rispetto a venti anni fa, tale incidenza è diminuita di circa 6 punti percentuali. Nel frattempo la popolazione è però aumentata: il calo nel numero assoluto dei bevitori di vino è stata quindi di ben 1,2 milioni di persone.

Consistente è stata la riduzione dei bevitori quotidiani, coloro cioè che consumano più di mezzo litro di vino al giorno. Questo segmento è infatti sceso in 20 anni da 4 a 1.3 milioni di consumatori. La modalità di consumo quotidiano (in abbinamento al pasto) è tipica delle abitudini alimentari delle fasce di popolazione più anziane, tanto è vero che oggi oltre il 47% di questi bevitori abituali ha più di 60 anni. Di conseguenza, conclude lo studio, la riduzione fisiologica (nel tempo destinata ad aumentare) di tali consumatori non è stata rimpiazzata da quelli più giovani.

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