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VINO & MERCATI - TRA LE VIGNE D’ITALIA LA SICILIA RACCOGLIE DI PIU’, GRAZIE A BUONA QUALITA’, MARKETING INTELLIGENTE, VINI CHE ESPRIMONO BENE L’IMMAGINE DELL’ISOLA, PREZZI EQUI … RESTA IL GRANDE PROBLEMA DELLO “SFUSO”

Italia
Un'immagine della Sicilia del vino

Nei “distretti del vino” d’Italia non tutti si lamentano e parlano di crisi nera, di grande sofferenza, di difficoltà gravi, e non tutti hanno le facce segnate da un pessimismo “cosmico”! Certo la congiuntura economica di questo settore - che ha visto, negli anni passati, un po’ tutto il “mondo del vino” dedicare molte attenzioni ad aspetti di comunicazione frivola e glamour piuttosto che agli aspetti di vero marketing e di distribuzione - si fa sentire. Tuttavia, e meno male, esiste ancora qualche “addetto ai lavori”, che crede nel futuro del vino, in un futuro però che ha bisogno di essere pianificato da subito, interpretando correttamente, da una parte, i gusti dei consumatori e la loro capacità di spesa e, dall’altra, mantenendosi competitivi nelle diverse fasce di prezzo e cioè anche là dove i produttori dei Paesi emergenti sembrano ormai irraggiungibili. Nonostante la frenata di questi ultimi anni, il vino di qualità rappresenta ancora un’area di successo (concorrenza internazionale permettendo), distribuito però in modo diversificato e quantitativamente differente fra i territori e le aziende anche delle medesime regioni, un fenomeno questo, che interessa sia i “terroir” ormai “consacrati” (Toscana e Piemonte) che quelli “emergenti”.
Uno dei territori che oggi meglio riesce a mantenere se non ad accrescere il proprio successo è certamente la Sicilia, ma quella Sicilia che ha saputo coniugare chiaramente innovazione tecnologica, qualità, politiche di marketing, forza dei marchi, comunicazione e immagine, capacità di internazionalizzazione e prezzi equi in una visione di mercato “multisegmentato” (non altrettanto è accaduto, invece, per la “Sicilia dello sfuso”, in profonda crisi, ma che continua a rappresentare oltre l’80% della produzione e il 60% del valore della produzione vinicola dell’isola).
Da qualche tempo i vini siciliani delle aziende che hanno innovato, che si sono rimesse in gioco sul mercato, che sono andate a spiegare direttamente al consumatore finale il territorio siciliano, sia con il “linguaggio” degli autoctoni (dal Nero d’Avola all’Insolia, dallo Zibibbo al Nerello Mascalese, dal Nerello Cappuccio al Perricone) che con quello dei vitigni internazionali (Chardonnay, Cabernet, Merlot …), hanno conquistato fette di mercato sempre più importanti, mietendo successi straordinari anche all’estero. E la cartina al tornasole di questo successo sta nelle cifre dei fatturati. Le cantine di Sicilia - quelle 30 che ormai sono conosciute in tutto il mondo (dalle consolidate Planeta, Donnafugata, Tasca d’Almerita, Settesoli, Cusumano, Murana, Benanti, Firriato alle emergenti Barbera, Acate, Baglio di Pianetto) - hanno il vento in poppa, e sono tutte in forte progresso, come dimostra anche una recente classifica realizzata da un importante quotidiano economico (% di crescita nel 2004 sul 2003): +18,4% Planeta, +13% Calatrasi, +10% Donnafugata, +8,6% Tasca d’Almerita, +2,1% Pellegrino, +25,6% Cooperativa Settesoli (nel comparto vini confezionati).
“Il 2004 è stata un’annata sicuramente positiva per tutte le cantine di medie e grandi dimensioni - spiega Salvatore Li Petri, direttore generale della Cantina Settesoli di Menfi, cantina cooperativa che conta 2.300 soci e si estende su 6.500 ettari di terreno (di cui 4.000 rinnovati negli ultimi 8 anni), presieduta da Diego Planeta - abbiamo riconquistato in media il 10% sui mercati internazionali, in termini di export. Il rapporto qualità-prezzo ci sta dando ragione sui mercati esteri (Svizzera, Germania, Stati Uniti, Inghilterra, Giappone, Nord Europa e Paesi dell’Est) ed anche in quello italiano. Il 2005 sta riconfermando questo trend positivo nei confronti delle produzioni siciliane.
“La Sicilia è una terra di grandi vini - continua Li Petri a capo di un “impero” da 300.000 ettolitri di vino prodotti (di cui imbottigliati 200.000, un fatturato di 30 milioni di euro), che ha incrementato negli ultimi due anni le quote di export del 30% grazie al nuovo packaging (ma anche al brik, al bag-in-box da tre litri, che spopola nei paesi scandinavi, ed a una campagna di promozioni per battere i competitori del Nuovo Mondo, avvantaggiati dal deprezzamento del dollaro) - ma bisogna far crescere ancora la cultura enotecnica ed enologica, coniugare le tecniche di produzione con il marketing più avanzato. Si deve portare al 100% la produzione di qualità, in maniera graduale (ma creando prima la base per il mercato: se i consumi non sono in grado di assorbire altre bottiglie, si rischia di mettere in difficoltà anche gli altri produttori), orientando la produzione, così come l’impianto di nuovi vitigni, alle esigenze del mercato”. “La cantina Settesoli, ad esempio, è passata, dal 1998, dal 25% di vini imbottigliati, 29% di sfuso, 19% distillazione sottoprodotti, 27% mosti concentrati, ad una realtà odierna di 55% di imbottigliato, 41% di vino sfuso al 4% di mostri concentrati. Sette anni di lavoro serio, duro, convinto, ma anche graduale, che hanno dato vita ad un’azienda davvero tanto diversa dalle sue origini”.
L’appeal enoico della Sicilia, insomma, ha conquistato i mercati di tutto il mondo, grazie ad una filosofia vincente e tutto sommato semplice, composta da un mix giusto tra qualità della produzione, marketing, dinamicità d’impresa, cultura, storia, fascinazione, forte capacità evocativa e soprattutto una coesione fra le aziende che collaborano fra di loro nella promozione. Il risultato è un’offerta composita ed articolata di etichette, per tutti i gusti, per tutte le tasche e per tutti i palati, siano essi appassionati di uve internazionali che amanti di uve di antica coltivazione.

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