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VinoVip 2015, gli ultimi 20 anni del vino secondo i big italiani: grande crescita della qualità e dei mercati, ma tanto ancora c’è da fare sul fronte della comunicazione, dove serve più sinergia tra territori, grandi produttori e artigiani del vino

Italia
VinoVip 2015: Vespa e Torcoli sul palco, Piero Antinori in sala con tanti big del vino italiano

In 20 anni la qualità del vino italiano è cresciuta in maniera evidente, “Regioni allora marginali come Sicilia, Abruzzo e non solo sono salite alla ribalta mondiale, quelle già forti come Toscana Piemonte e Veneto si sono consolidate. È sulla comunicazione, sul muoversi insieme come Nazione che ancora dobbiamo lavorare”. Così sintetizza Bruno Vespa, giornalista e oggi produttore in terra di Puglia, dalla biennale VinoVip Cortina (www.vinovipcortina.it) by “Civiltà del Bere”. A confrontarsi su cosa è cambiato in queste due decadi, tanti big del vino italiano. Come Piero Antinori, alla guida della storica griffe toscana, che ha sottolineato: “è vero che in comunicazione abbiamo ancora da fare, del resto abbiamo cominciato oltre un secolo dopo i francesi. Ma molti di noi si sono già mobilitati unendo le forze in maniera assolutamente innovativa”. Francesi che, se da un lato sono ancora i competitore dei produttori italiani, possono diventare anche alleati, così come gli spagnoli, “perché abbiamo gli stessi problemi e li dobbiamo affrontare insieme”, ha detto il presidente dell’Unione Italiana Vini (Uiv) Domenico Zonin, che ha aggiunto: “bisogna parlare a Bruxelles non più a Roma, perché il nostro competitor non è più il nostro vicino di casa, ma il Nuovo Mondo. Negli ultimi 20 anni il consumo di vino è calato in Europa, ma è nettamente cresciuto nei paesi extraeuropei costringendoli a produrre di più. Ci sono problemi di eccessiva tassazione dell’export in questi paesi, di spreco di fondi per la promozione e, infine, di limiti imposti dall’Ue per la pubblicità delle bevande alcoliche”.
Ma il vino italiano, nel mondo, ha ricordato Domenico Zonin, funziona non solo per l’azione fondamentale della grandi aziende che aprono e presidiano in mercati, ma anche grazie al lavoro delle tante cantine artigianali disseminate per il Belpaese. Come la griffe del Barolo, Pio Cesare, secondo la cui guida, Pio Boffa, “la grande parcellizzazione delle nostre aree vinicole deve diventare una forza, facendo gioco di squadra, ed utilizzando al meglio i più importanti punti distintivi, comuni, del territorio”, anche se, ha sottolineato Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto Grandi Marchi, che mette insieme 19 delle più prestigiose realtà del vino italiano, “non si sta insieme per principio ma per processo razionale e con visione del futuro, come l’apertura ai contributi di managerialità in aziende famigliari, di cui l’ultimo caso celebre è l’ingresso in borsa dell’azienda veronese Masi”.
Ma parlare dei cambiamenti del vino italiano negli ultimi 20 anni, non può prescindere dall’analisi di quel fenomeno, esploso soprattutto negli ultimi 10, che sono le bollicine del Belpaese, Prosecco in testa.
Un segmento di mercato in cui il prestigio dello Champagne ancora in qualche modo frena non tanto la diffusione, quanto la conoscenza della varietà della spumantistica italiana, come ha spiegato Mauro Lunelli della firma trentina Ferrari (che ha anche ricordato come fino al 1947, anno delle registrazione mondiale del marchio della grande denominazione francese, il termine Champagne venisse utilizzato nelle bottiglie della Ferrari Trento, ndr): “globalmente siamo soggetti al vocabolo Champagne, ma fortunatamente ci sono mercati più evoluti, come quello giapponese, meno influenzati da questa denominazione”. E se dal Franciacorta la Trentodoc, passando per l’Asti e per le tante declinazioni spumantistiche da uve autoctone d’Italia, sono arrivati per tutti ottimi risultati, la stella assoluta, sul fronte della crescita di mercato è stata il Prosecco, tanto nella sua versione Doc che in quelle Docg, dal Conegliano e Valdobbiadene all’Asolo. Un successo che, ovviamente, ha portato con sé anche molte questioni aperte e di primaria importanza per i produttori, come quella della tutela introdotta da Giancarlo Moretti Polegato dalla griffe Villa Sandi, secondo cui “i tre Consorzi lavorano bene, ma in Inghilterra, Germania, Australia e Brasile, mercati fondamentali per la tipologia, restano ancora situazioni di uso improprio della Doc Prosecco da fronteggiare”.
Insomma, in questi 20 anni, molto è stato fatto, ma ovviamente, il lavoro da fare per i prossimi 20 non manca. Ma se il futuro sarà nel solco del recente passato, sarà costellato di soddisfazioni per produttori ed appassionati del vino italiano. Come, del resto, è ormai da considerarsi superato il complesso di inferiorità sulla qualità dei vini italiani nel mondo.

Focus - “VinoVip Cortina”: “Premio Khail” a Piero Antinori, il “miglior comunicatore d’impresa del vino italiano” è Francesco Sorelli (Ruffino), Vinarte la “miglior agenzia di vendita” e Thurner Pr la “miglior agenzia di pr”: ecco i premi 2015 di “Civiltà del Bere”. Ed i tre migliori della “Blind Tasting Competition” ...
Il “Premio Khail”, il riconoscimento dedicato al fondatore della storica rivista “Civiltà del Bere”, Pino Khail, ad uno dei leader indiscussi dell’enologia italiana, Piero Antinori, alla guida di Marchesi Antinori, come “primo ambasciatore nel mondo del vino italiano” (celebrato dalla kermesse di Cortina, anche nella degu-conversazione, con il direttore della rivista Alessandro Torcoli, per i suoi “50 anni senza andare fuori tempo”); Francesco Sorelli, responsabile comunicazione della Ruffino, la storica cantina toscana di proprietà del colosso Constellation Brands, tra i marchi più famosi del vino italiano nel mondo, è il “miglior comunicatore d’impresa del vino italiano”; Vinarte, con Federica Olcelli, invece, è la “miglior agenzia di vendita d’Italia”; la Thurner Pr, infine, fondata a Firenze da Ursula Thurner, è la “miglior agenzia di pubbliche relazioni nel vino”. Ecco i riconoscimenti che la rivista “Civiltà del Bere” ha assegnato nella biennale VinoVip, che riunisce il mondo del vino italiano nella “perla delle Dolomiti”. La rivista “Civiltà del Bere” ha premiato anche i migliori nella degustazione alla cieca, i palati capaci di riconoscere più vini tra quelli in degustazione nella “Blind Tasting Competition”: il primo posto per Sergio Ardito della cantina siciliana Planeta, seguito dal manager Andrea Caperdoni e dal giornalista Aldo Fiordelli.

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