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VUOI METTER SU VIGNA ? ECCO I CONSIGLI DI GIANNI ZONIN, PROPRIETARIO DELLA PIÙ GRANDE AZIENDA VITIVINICOLA ITALIANA

Italia
Gianni Zonin

E’ possibile diventare viticoltori, se in partenza si capisce ben poco di vino ? Ecco cosa risponde Gianni Zonin, 64 anni, proprietario e presidente della più grande azienda vitivinicola privata d'Italia (1.800 ettari a vigneto specializzato) e tra le primissime d'Europa.

«Vent'anni fa avrei detto che non si diventa viticoltori dal nulla », dice Zonin, «ma oggi invece dico di sì. Perché guardando, studiando, viaggiando, magari con un anno di esperienza in qualche chateau italiano o francese o americano, chi ha una vera passione può colmare questo gap. Ma in ogni caso è indispensabile avere al fianco un consulente, un tecnico, un agronomo, a seconda delle dimensioni del terreno». Se si parla di vino e di marketing del vino Gianni Zonin non può che essere la persona giusta per dare consigli. A Gambellara (Vicenza), c’è la sede storica della casa vinicola Zonin (82,6 milioni di euro di fatturato con 40% di export in 68 paesi), ma la famiglia Zonin possiede anche 11 tenute ubicate nei migliori “terroir” del vino in sette regioni italiane.
E per seguire le attuali esigenze del mercato e del consumatore prosegue nella sua opera di acquisti programmati di aziende agricole: l'ultima nata è stata festeggiata il 25 maggio, il Feudo dei Principi di Butera(135 ettari di vigneto, 180 nel 2005). «Mettere radici in Sicilia», spiega Zonin, «è un progetto fondamentale, perché, per chi fa vino, questa è una terra benedetta, unica e ricca di sole e di profumi». Saper identificare l'azienda agricola giusta da acquistare è molto difficile.
Oggi possedere un vigneto e produrre vino è diventato il sogno di molti italiani sempre più incantati dal fascino delle colline e dai profumi e i sapori del vino. Ma cosa occorre per metter su vigna? «Occorre il colpo d'occhio, una dote innata, da affinare nel tempo. Io sono stato fortunato - spiega Zonin - perché quando avevo appena otto o dieci anni, ho avuto la fortuna di accompagnare mio zio impegnato in questa attività specifica. Lui mi indicava i terreni migliori...». Quanto deve essere vasta la proprietà per poter inserirsi a pieno titolo nel mondo del vino? «A un amico che decidesse di mettere su un'azienda di cinque o dieci ettari, gli direi di lasciar perdere perché sarebbe solo un hobby troppo costoso che gli procurerebbe solo problemi. La dimensione minima è attorno ai 30 ettari e per gestirla ci si può arrangiare con un professionista part time (un enologo a tempo pieno, adatto a una azienda di almeno 60 ettari, costerebbe almeno 90 milioni di vecchie lire all'anno). «Da questa azienda si possono ricavare da 2.000 a 3.000 quintali d'uva e quindi al massimo 2.000 ettolitri di vino, cioè da 150.000 a 200.000 bottiglie. E la redditività ? Può essere ottima se è una zona famosa, dove per esempio si produce Barolo, Brunello o Chianti Classico, oppure se si tratta di un territorio emergente, come la Sicilia e la Puglia. Ma come si deve procedere all'acquisto del terreno? Rivolgendosi ai mediatori («in ogni zona ce ne sono di bravi, meno bravi e furbacchioni») da compensare in media sulla base del 2% del valore della proprietà, 1% per quelle grandi e 3% per quelle molto piccole. In proposito, però, Gianni Zonin premette un'avvertenza di carattere generale: sono tantissimi i pezzi di terra in vendita attorno ai 10-20.000 metri quadrati, ma i poderi sono pochi, ed estremamente rare le aziende agricole con un minimo di dimensione aziendale (in Italia quelle sui 200-300 ettari a vigneto sono appena poche decine). Ovviamente questa scarsità di offerta ha fatto lievitare sensibilmente i prezzi che, in alcuni casi, negli ultimi anni e per certe zone sono raddoppiati o triplicati. A Bolgheri quindici anni fa il terreno costava 10 milioni all'ettaro: oggi si va dai 300 ai 500 milioni. A Montalcino, patria del Brunello, si è passati da 20-30 milioni a più di 500 e lo stesso fenomeno è avvenuto in Maremma toscana. Questi enormi rialzi di prezzo non riguardano solo la Toscana. Lo stesso si è verificato in Friuli, in Piemonte nelle terre del Barolo, in Puglia e in Sicilia. Infine mediamente, in Italia i prezzi dei terreni (che in casi eccezionali possono anche sfiorare il miliardo di lire ad ettaro) sono più alti che nel resto d'Europa. «Ecco perché», conclude Zonin, «oltre alla redditività dell'azienda bisogna, sempre considerare anche il profilo immobiliare, l'aumento di valore del terreno. Perché è ovvio che se io non guadagno nulla dal vino, ma in dieci anni il mio patrimonio investito nella terra decuplica, ho sempre fatto un ottimo affare».
Secondo Gianni Zonin chi vuole investire in vigneti deve puntare su tre regioni italiane: la Toscana, soprattutto in Maremma, la Puglia e la Sicilia. «Può darsi che in futuro emergano altre zone interessanti, ma sicuramente non a breve scadenza». La scelta è motivata anche da una importante correlazione con il turismo, che ha rivalutato le zone vicine al mare. Tipico esempio le masserie pugliesi più prossime all'Adriatico che grazie all'esplosione dell'agriturismo, trovano una buona redditività. Poi bisogna considerare il deciso spostamento della viticoltura dal nord verso quella del Mezzogiorno. A Sud si possono produrre ottimi vini rossi importanti, autoctoni e internazionali perché oltre al sole, alla luce e all'acqua esiste un terzo essenziale elemento che viene quasi sempre trascurato e cioè la disponibilità di manodopera. «Una volta risolti tutti i problemi climatici, di qualità e di tipologia di prodotti, resta la questione chiave: dove trovare gli operai per coltivare i vigneti. Quando esaminiamo la possibilità di acquistare un'azienda teniamo sempre nel massimo conto l'aspetto della manodopera.
Chi vuole iniziare un’attività in questo settore deve tener presenta il fatto che per la vendemmia a mano occorre un operaio a ettaro circa. Poi c'é la produzione. Le spese di gestione annuali variano moltissimo: si va da 200 a 600 ore per ettaro come costo di manodopera (un'ora di operaio costa all'azienda circa 25.000 delle vecchie lire). La redditività, infine, dovrebbe essere di almeno 10/15 milioni di lire per ettaro di prodotto lordo. Un errore abbastanza frequente, tipico dei nuovi proprietari, è quello di inseguire la massima resa per ettaro. Oggi che la quantità non ha più importanza perché il consumatore insegue la qualità, prevale anzi il concetto della resa minima. I migliori risultati si ottengono con i 50/70 quintali per ettaro. Meglio infatti se la vitalità produttiva della vite si concentra in pochi chili. Infatti se una pianta ha pochi grappoli ha la possibilità di portarli tutti a maturazione ottimale in modo tale da conferire ai vini intensità di profumi, complessità, consistenza e longevità ; se invece ne ha tanti si ha l'effetto contrario. Ma che cosa conviene di più? Creare tutte le strutture e i fabbricati da zero, o acquistare sempre un terreno con una fattoria già esistente? Zonin preferisce la seconda ipotesi. In particolare, la costruzione di una cantina (che presuppone l'impiego di veri specialisti in ingegneria ed enologia) è una delle situazioni in cui si commettono gli errori più gravi.
Ma quanto costa questo sogno di molti italiani?
Per una azienda piccola o media il costo varia da 5 a 20 miliardi delle vecchie lire e comprende il reparto pigiatura delle uve, quello dello stoccaggio (finita la fermentazione i vini sono posti in serbatoi a temperatura controllata), gli impianti di invecchiamento e maturazione con botti di rovere o piccole barriques di quercia francese e infine il reparto imbottigliamento. Zonin, che attualmente in Sicilia ne sta predisponendo uno che sarà uno tra i più moderni al mondo, ricorda come esistano speciali linee di imbottigliamento montate su container e trasportate a mezzo camion che servono aziende di piccole dimensioni. In realtà, visto che salvo poche eccezioni, i vini bianchi non hanno bisogno di invecchiamento il loro costo di produzione è meno elevato. Secondo Zonin saranno proprio i vini bianchi a guadagnare terreno nei prossimi anni. Bianchi o rossi comunque quello che conta e che vale la pena di salvaguardare è sempre la qualità del prodotto.

Mariangela Galgani

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