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Wine Intelligence: in Cina i consumatori abituali di vini importati sono 48 milioni, 10 milioni in più del 2014. Accordi commerciali, prezzi vantaggiosi, migrazioni interne e crescita del Pil pro-capite hanno dato la spinta decisiva ai consumi

Italia
In #Cina i consumatori abituali di vino importato sono 48 milioni contro i 38 milioni del 2010

Quanti sono i cinesi che bevono vino importato? E come è evoluto, negli ultimi anni, l’universo dei wine lover sotto la Grande Muraglia? A rispondere è uno studio di “Wine Intelligence” (www.wineintelligence.com), che ha analizzato a fondo il mercato dei consumatori cinesi, calibrandolo esclusivamente sugli adulti, segmentati per provenienza geografica e per reddito. Così, ne emerge che sono ben 48 milioni i bevitori abituali (almeno due volte negli ultimi 12 mesi, ndr) di vino importato, ben 10 milioni in più dei 38 milioni stimati (con gli stessi criteri) nel 2014, il 152% in più del 2010, quando erano appena 19 milioni. Una buona notizia anche per il mondo del vino italiano, che pesa ancora troppo poco (il 5% della quota del vino importato), ma che, anche grazie al rapporto che si sta consolidando tra il settore enoico del Belpaese ed il gigante dell’e-commerce Alibaba, è pronto a crescere.

Per estrapolare questo dato, la Cina è stata divisa in 5 città di prima fascia (Pechino, Shanghai, Guangzhou, Shenzhen e Hangzhou) ed in 7 di seconda e terza fascia (Wuhan, Chengdu, Shenyang, Changsha, Chongqing, Zhengzhou e Guiyang), nelle quali è stata misurata l’incidenza della popolazione adulta (18-54 anni) capace di guadagnare abbastanza da far parte della classe media: si ottiene così che, tra gli 80 milioni di abitanti adulti delle 5 principali città cinesi, 21 milioni rientrano negli standard della ricerca di Wine Intelligence (il 47% del totale di chi beve vino importato), altri 13 milioni arrivano dalle città di seconda fascia (37%) ed il restante 16% arriva dal resto del Paese, una mare magnum di 350 milioni di persone.

Sono diversi i fattori che hanno dato la spinta decisiva ai consumi di vino importato nel Celeste Impero. Innanzitutto, il grande lavoro di importatori e distributori fa sì che ci sia una proposta estremamente variegata, sostenuta da accordi commerciali bilaterali che, negli ultimi due anni, hanno abbattuto sensibilmente i costi, con prezzi allo scaffale del tutto ragionevoli almeno in gdo: sotto i 100 yuan, pari a poco più di 13 euro. A beneficiarne sono stati soprattutto i vini di Cile, Nuova Zelanda ed Australia. Un altro enorme cambiamento è quello di natura demografica, con masse di milioni di persone che si continuano a spostare dalle campagne alle città, ed il pil pro capite che, nel primo trimestre 2016, è cresciuto del 6,5% sullo stesso periodo 2015.

Cresce così la capacità di spesa, così come la qualità della vita, che si traduce in una crescita dei consumi di vino importato, sempre più “a proprio agio” nel mercato dei consumi cinesi, dove rosicchia quote alla bevanda alcolica della tradizione, il baijiu. Infine, anche il mondo dei social e quello dell’e-shopping hanno dato una mano al successo dei consumi, rivoluzionando le abitudini di acquisto: a Shanghai, ad esempio, è possibile ordinare una bottiglia di Pinot Grigio e vedersela consegnare a casa, ben fredda, in appena 44 minuti.

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