Un terzo del cibo che mangiamo tra mele, fragole, pomodori e mandorle dipende direttamente dall’opera di impollinazione delle api e sono ben 4.000 le varietà di vegetali che esistono grazie al loro “servizio”, tanto che senza impollinatori il 75% delle colture subirebbe una drastica riduzione a livello quantitativo o qualitativo. A pochi giorni dalla “Giornata Mondiale delle Api” (20 maggio), Greenpeace ricorda che dall’impollinazione dipende la vita stessa del pianeta e che non è ancora troppo tardi per fermare l’estinzione di questi preziosi insetti, la cui vita è costantemente minacciata da inquinamento e pesticidi. L’Ong invita quindi tutti a fare un passo in avanti verso la difesa dell’ambiente e del clima cominciando dalla messa al bando proprio dei pesticidi, “dannosi per le api e gli impollinatori”: una battaglia a cui ognuno può partecipare anche attraverso il 5 x 1000 (con una firma sulla dichiarazione dei redditi dopo aver inserito nell’apposito spazio il Codice Fiscale 97046630584).
Nel frattempo, proseguono progetti come il “Bosco delle Api”, nato a Roma nel 2020, ed esempio tangibile di come sia possibile combattere il declino della biodiversità e creare comunità più sostenibili e resilienti. Tanto che, tre anni dopo - con la collaborazione della Cooperativa Sociale Agropolis - la food forest è stata replicata a Cremona, nel cuore della Pianura Padana, una delle aree più inquinate d’Europa. Il “Bosco delle Api” è un sistema agroforestale multifunzionale che simula, su piccola scala, un ecosistema boschivo su più strati: in questo ambiente, piante da frutto, erbe medicinali, bacche, ortaggi e fiori convivono sinergicamente con piante spontanee e animali, creando un habitat ricco di biodiversità. Non solo favoriscono la conservazione della natura, ma creano anche spazi per la ricreazione, l’istruzione e la costruzione di comunità. “Le esperienze di Roma e Cremona ci ricordano come sia possibile trasformare aree urbane e periurbane in stato di abbandono in piccole oasi di biodiversità - spiega Martina Borghi, responsabile Campagna Foreste di Greenpeace Italia - grazie alla dedizione dei volontari e al supporto di associazioni locali, le food forest stanno crescendo, hanno cominciato a popolarsi di insetti impollinatori e ad ospitare iniziative locali, spazi aperti per incontri, attività didattiche e iniziative culturali, contribuendo, così, a sensibilizzare la popolazione sull’importanza della conservazione della natura”.
L’Ong ricorda, infine, come ogni due secondi sulla Terra scompare l’equivalente di un campo di calcio fatto di foreste, che ogni anno finiscono in mare 12 milioni di tonnellate di plastica a danno di tartarughe, uccelli, pesci, balene e delfini e che, sempre ogni anno, oltre 45.000 persone nel mondo muoiono prematuramente per l’esposizione alle polveri sottili, che sono in parte generate anche dall’ammoniaca prodotta dagli allevamenti intensivi. “Da oltre mezzo secolo affrontiamo le emergenze ambientali con azioni dirette nonviolente e pacifiche, portando alla luce le minacce al nostro pianeta e facendo pressione sui governi e sulle aziende affinché adottino soluzioni concrete - conclude Giuseppe Onufrio, direttore Greenpeace Italia - abbiamo difeso le balene dallo sterminio, fermato i test nucleari, preservato l’Artico dallo sfruttamento. Finché ci sarà un ultimo pezzo di Terra in pericolo, non ci fermeremo. Ma abbiamo bisogno del sostegno di tutti”.
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