Storia, emozione, tradizione e coraggio: sono i valori di una famiglia che hanno contrassegnato i primi 100 anni di Paternoster, l’azienda lucana che ha per prima portato l’Aglianico del Vulture alla notorietà ed ai riconoscimenti della critica enologica. Un secolo di storia e di vigneti sulle colate laviche del Vulture, che ha trovato un’altra famiglia - curiosamente egualmente alla quarta generazione - per proseguire il suo percorso: Tommasi Family Estates, azienda iconica della Valpolicella, e ormai tra i gruppi del vino italiano più imporanti (con un patrimonio di oltre 800 ettari vitati in sette Regioni italiane, ed un fatturato 2024 di 31,9 milioni di euro), che ha acquisito l’azienda di Barile (Potenza) nel 2016, proseguendo nel suo progetto, iniziato nel 1987, quando guardando al di fuori dal suo territorio di origine ha cominciato ad investire nelle realtà enologiche più importanti di Italia.
Un percorso, quello di Paternoster sotto la guida di Tommasi, che si è arricchito del progetto “Cantina del Barone Rotondo” e del nuovo vino “Barone Rotondo”, tributo alla tradizione e al futuro dell’Aglianico, presentati nei giorni scorsi, nei festeggiamenti del centenario di Paternoster. “La famiglia Paternoster ha fatto grande questo territorio vulcanico in 100 anni di passione per un grande vino, l’Aglianico del Vulture - ha sottolineato Giancarlo Tommasi, enologo e direttore tecnico di Tommasi Family Estates - e siamo onorati di essere parte di questa storia dal 2016. Crediamo nel Vulture e in questo vitigno che non ha ricevuto ancora appieno il riconoscimento del suo valore, ma sono sicuro che con i progetti e gli investimenti in corso e con la volontà di fare gruppo con gli altri attori del territorio riusciremo a portare l’Aglianico merita di arrivare”. Per inciso, il Vulture è un antico e imponente vulcano spento che domina il paesaggio della Basilicata settentrionale, epicentro di un ecosistema ricco di flora, fauna e storia, come testimoniano la presenza di un raro fossile vivente, la farfalla Bramea di Hartig, e il legame con il vitigno Aglianico. Nel suo cratere i laghi di Monticchio, due specchi d’acqua cuore dell’area naturale protetta del Parco del Vulture. “Questo centenario - ha affermato l’enologo Fabio Mecca Paternoster - è un traguardo che sento profondamente personale, ma è anche un punto di partenza. Paternoster è la storia di un territorio e di una famiglia che ha creduto nel Vulture quando nessuno lo faceva. Cento anni fa un uomo coraggioso, visionario, il mio bisnonno Anselmo Paternoster, ebbe la capacità di trasformare una difficoltà in un sogno. Non avendo più notizie del padre emigrato in America, cominciò a produrre vino su un piccolo lembo di terra ed ebbe l’intelligenza nel 1925 di scrivere sull’etichetta il nome dell’azienda e la provenienza. Poi suo figlio Giuseppe, dopo gli studi a Conegliano, mise in atto una trasformazione aziendale guardando alla spumantistica, con refrigerazione con acqua di pozzo e autoclavi, arrivando a produrre 50-60.000 bottiglie di spumante a base di Moscato e Malvasia tra gli anni 70 e gli anni 90, portando l’azienda ad essere punto di riferimento della tipologia. È stata la generazione dei figli di “Pino”, terza generazione con a capo Vito Paternoster, a concentrarsi sull’Aglianico, anche abbandonando i legni di castagno, essenza di cui il Vulture è ricco, e passando al rovere di Slavonia, a traghettarlo verso la notorietà e a costruire la nuova cantina nel 2003, diventata operativa nel 2006, in luogo di quella sita nel paese di Barile. Oggi celebriamo il passato guardando avanti, con lo stesso spirito pionieristico di mio bisnonno Anselmo, ma con strumenti e idee nuove”.
“Il centenario di Paternoster - ha aggiunto Giancarlo Tommasi - rappresenta perfettamente la filosofia e la visione aziendale della nostra famiglia: valorizzare territori unici e autentici, mettendo a disposizione competenze, ricerca e investimenti per costruire il futuro. Il Vulture ha una potenzialità straordinaria, e Paternoster continuerà a esserne il suo riferimento. Il progetto Cantina del Barone Rotondo e il nuovo polo di accoglienza nascono proprio per continuare a raccontare il Vulture al mondo”. Accanto alle storiche etichette, tutte al 100% da uve Aglianico - il Superiore Docg Don Anselmo, cult della vitienologia lucana, prima vendemmia 1985, omaggio di Pino Paternoster a suo padre Anselmo fondatore dell’azienda, e al Synthesi, il Doc che fa i numeri più elevati - si affianca dalla vendemmia 2020 (in commercio tra qualche mese) il “Barone Rotondo”, una evoluzione del già esistente “Rotondo”, il Superiore Docg in commercio dal 1996, “Tre Bicchieri” nel 2002, con l’annata 1998, primo riconoscimento del genere nella guida del Gambero Rosso (all’epoca ancora in sinergia con Slow Food, ndr) per il quale per la prima volta Paternoster, sull’onda del trend enologico del tempo, ha utilizzato legni piccoli. Nella nuova etichetta - sempre prodotta dalle uve dei vigneti storici a seicento metri d’altitudine accanto alla Villa del Barone Rotondo da cui prende il nome - i tonneau prendono il posto delle barrique, per moderare il legno, con un affinamento più lungo. Il progetto enologico è, tuttavia, in evoluzione: dalla prossima vendemmia l’affinamento, dopo i 24 mesi in legno, vedrà anche l’uso di anfore in alternativa e/o in affiancamento all’acciaio, alla ricerca di un profilo più fine, verticale e minerale che dovrebbe rendere più facile l’approccio all’Aglianico del Barone Rotondo, vino raro prodotto nella 2020 solo in 2.500 bottiglie e che potrà raggiungere al massimo le 6.000 nelle prossime annate.
L’Aglianico del Vulture, infatti, è un rosso importante non facile. La sua ricchezza tannica pretende lunghi affinamenti e la sua austerità non lo rende immediato ai palati meno esperti. Dunque la sfida di portarlo sui mercati, in particolare su quelli internazionali dove Tommasi esporta molto, non è facile e il profilo organolettico della nuova etichetta - che per inciso si posiziona su un prezzo doppio rispetto all’altro Superiore docg, il Don Anselmo - dovrebbe aiutare. Nella direzione della valorizzazione dei vini e del territorio vanno gli ultimi progetti: il rinnovo della sede Paternoster - per potenziare accoglienza ed enoturismo locale e dei flussi turistici provenienti da Matera e dalla Puglia e trasformare il Vulture in un territorio di tendenza nel panorama enoturistico del Sud Italia - e la Cantina del Barone Rotondo, uno splendido recupero conservativo dell’antica neviera scavata nella roccia vulcanica, manufatto datato intorno al 1476, di cui non si conosceva l’esistenza se non per racconti orali tramandati di padre in figlio. Una neviera ipogea, costituita da diverse cisterne, in cui saranno accolti i visitatori e dove nel Caveau dell’Aglianico, a 20 metri di profondità, saranno conservate le bottiglie di Barone Rotondo a temperatura costante. Il pregevole lavoro degli architetti Antonio e Stefania Schiró - dell’omonimo Studio di Architettura di Rionero in Vulture - con Egidio Cutillo, ha preservato la struttura delle grotte ipogee - in cui in sezione sulle pareti è visibile l’alternanza della deposizione di cenere, lapilli e lava - inserendo elementi contemporanei molto funzionali dedicati alla degustazione. Frecce importanti, queste, all’arco dei vini Paternoster, leve di marketing e comunicazione insieme alla qualità dei vini, ma a cui serve aggiungere ancora qualcos’altro altro per far conoscere e apprezzare all’estero l’importante rosso lucano.
“Per portare l’Aglianico del Vulture sui mercati internazionali - ha confidato Giancarlo Tommasi a Winenews - stiamo pensando ad una sinergia tra i nostri vini dell’Etna e quelli del Vulture sotto il comune denominatore dei vulcani, elemento di caratterizzazione dei vini di grande fascino”. Decisamente un buon traino vista l’attuale grande reputazione dei “Vini della Montagna”, dove Ammura è una delle otto tenute vitivinicole della famiglia Tommasi dislocate in sette regioni: Tommasi in Veneto, Tenuta di Caseo in Lombardia, Casisano a Montalcino e Poggio al Tufo in Maremma Toscana, Masseria Surani in Puglia (a cui si sono recentemente aggiunte, nella Regione, Cantine Moros e Tenute Eméra https://winenews.it/it/la-famiglia-tommasi-cresce-in-puglia-acquisite-tenuta-emera-e-cantina-moros_567437/), Paternoster in Basilicata, un progetto in Umbria ad Orvieto e partnership nel Chianti Classico con La Massa e in Friuli Venezia Giulia, nel Collio, con Marco Felluga Russiz Superiore. Completa il quadro il progetto culturale e vitivinicolo De Buris, legato al territorio della Valpolicella Classica, al recupero di Villa De Buris con la produzione degli omonimi Amarone Classico docg Riserva e Valpolicella Classico Superiore doc. “Progetto quest’ultimo che in qualche modo - ha osservato Giancarlo Tommasi - ha dei punti di contatto con il progetto Paternoster Cantina del Barone Rotondo, con il recupero della neviera, e del vino omonimo sviluppato in Basilicata”. Il rinnovamento dell’azienda lucana passa anche dal digitale e dal coinvolgimento del territorio, con tanti appuntamenti dedicati ai partner e alla comunità del vino, a partire da un “open day” il prossimo 8 novembre, omaggio alla storia di una cantina che da cento anni porta nel mondo l’anima vulcanica della Basilicata.
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