Vent’anni di ricerca sulla viticoltura di pianura: l’azienda Casale del Giglio (Latina) ha festeggiato, da qualche giorno, due decenni di sperimentazioni e dopo il successo ottenuto con i vitigni internazionali concentra adesso le sue attenzioni soprattutto sugli autoctoni. “Alla fine degli anni ‘70, Casale del Giglio è stata la prima azienda privata che, senza alcun aiuto da parte dello Stato, ha promosso una sperimentazione organica su vasta scala. Si è partiti ufficialmente nell’85, con 57 varietà, e oggi possiamo dire di avere dimostrato che anche in pianura si può fare qualità”, ha ricordato il professor Attilio Scienza, ordinario di Viticoltura all’Università degli Studi di Milano, tra i responsabili del progetto di ricerca, insieme a Francesco Spagnoli, dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige e ad Angelo Costacurta dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano.
“Se inizialmente si è guardato lontano, alle zone pianeggianti della California, ma anche a Bordeaux, impiantando nell’Agro Pontino, Chardonnay, Sauvignon e Viogner, Syrah , Cabernet Sauvignon e Petit Verdot, che hanno fatto la fortuna dell’azienda, oggi l’attenzione è concentrata alle grandi varietà del Centro Sud, come Fiano e il Greco. Modificando tecniche di coltivazione e vinificazione, nuovi studi sono dedicati a vitigni presenti nella pianura pontina ma che sembravano adatti, in zona, solo a far quantità e non grande qualità, quali il Trebbiano, il Sangiovese e il Merlot portati dai veneti che hanno bonificato nel secolo scorso le paludi e impiantato i primi vigneti a tendone. A Casale del Giglio la sperimentazione continua ad ampio spettro.
“In azienda stiamo introducendo - ha raccontato il titolare Antonio Santarelli - anche Tempranillo, che ha dato ottimi risultati, e Petit Manseng”. Quest’ultimo, con i suoi acini piccoli e dalla buccia molto resistente, molto adatto a zone come un’ex palude, si sta rivelando molto interessante sia vinificato dolce che secco.
Alma Torretta
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