“Sono passati più di novant’anni da quando il vino italiano ha iniziato ad avere successo nel mondo, ossia alla fine dell’Ottocento. Il vino è passato dall’essere un prodotto alimentare indispensabile per la vita quotidiana di quei tempi, che aveva bisogno di liquidi potabili e piacevoli, come non sempre era l’acqua, ma anche di sali ed energia, ad essere un elemento del convivio, che dà piacere, crea interesse e feeling tra le persone, che spinge ad essere informate, a scambiare la propria cultura e le proprie passioni. È cambiato moltissimo il vino, dal packaging ai trasporti, passando per lo stesso modo di consumarlo: pur conservando un’enorme valenza alimentare, oggi è anche l’oggetto del desiderio di persone colte che ne fanno un uso moderato, in modo da cogliere il piacere del convivio”. Così, a WineNews, il presidente dell’Unione Italiana Vini Ernesto Abbona, dalla tavola rotonda “Il vino in Italia. C’era una volta... Un viaggio tra tecniche e pratiche in vigna e cantina, gusti, stili, linguaggi e consumi dal secolo scorso ad oggi”, che a Milano ha festeggiato simbolicamente i 90 anni del Corriere Vinicolo (oggi diretto da Giulio Somma), insieme a Federico Gordini, presidente Milano Wine Week, e Giovanni Mantovani, direttore generale Veronafiere. “Un patrimonio incredibile di notizie, dati, fatti e tendenze, che sono stati fondamentali per l’evoluzione di tutto il sistema vitivinicolo moderno, a partire proprio da Milano, sede storica di Unione italiana Vini dal 1895. Abbiamo pensato di raccogliere questi anni in una pubblicazione, “Si pubblica il sabato. 90 anni di storia del Corriere Vinicolo”, dove si potranno trovare vicende e aneddoti di grande interesse, il cui progetto è stato condiviso con il Corriere della Sera. Le buone idee e la sinergia funzionano sempre - spiega Abbona - come ha funzionato il cammino congiunto che Unione Italiana Vini negli anni ha fatto al fianco del Corriere Vinicolo, giocando un ruolo fondamentale per stimolare il raggiungimento dell’eccellenza dei nostri vini. Raccontare la nostra storia, oggi, significa raccontare la storia di successi del vino italiano”.
“Nella storia che presentiamo oggi - ha aggiunto Paolo Castelletti - si intrecciano economia, politica, distribuzione, comunicazione, legislazione di settore, tecnologia, scienza, l’evoluzione dei consumi e dei mercati e viene fornita una lettura critica della storia del settore vitivinicolo italiano nel corso di questi ultimi 90 anni. In quei decenni, infatti, il Corriere Vinicolo è stato, ed è tutt’oggi, un testimone capace d’interpretare, attraverso uno sguardo multisettoriale, i cambiamenti intercorsi e le diverse tappe che hanno caratterizzato il variegato universo vitivinicolo del Paese. In queste pagine - conclude Paolo Castelletti - non solo raccontiamo la nostra storia, ma la grande storia di successi di un settore che rappresenta il meglio dell’Italia nel mondo”. Una storia in cui, ovviamente, il ruolo principale l’ha giocato l’enologia, ben rappresentata da Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura al mondo e docente all’Università di Milano, e da Luigi Moio, professore di enologia all’Università di Napoli.
“La viticoltura è cambiata completamente - racconta a WineNews Attilio Scienza - perché novant’anni fa stava uscendo dalla fillossera, rinnovandosi e diventando moderna. Si passava da una viticoltura promiscua ad una specializzata, e già questo è un cambiamento enorme: dal vino prodotto dal contadino, per autoconsumo, si arriva al vino prodotto in modo industriale, per il commercio. Dentro a questa distinzione è cambiato tutto, dal modo di coltivare la vite ai portainnesti, dalla lotta a peronospora e oidio alla cultura dello studio delle maturazioni, è allora che nasce la vera viticoltura, prima era solo una parte dell’agricoltura. Il vino vero nasce lì”. Luigi Moio, ancora a WineNews, fa risalire la svolta d un periodo ancora precedente, a “centocinquanta anni fa, prima di allora non si conosceva nulla, il vino nasceva spontaneamente, non si conosceva la fermentazione alcolica, né il ruolo dei lieviti. Tutto è cominciato da Pasteur, con lui è nata anche la scienza enologica, si sono capiti i meccanismi della fermentazione, ci si è iniziati a porre il problema delle malattie del vino, che all’epoca erano perlopiù difettosi ed a bassa gradazione alcolica. Dopo aver capito tutto ciò, è iniziata l’epoca della bottiglia, della stabilizzazione dei vini, con approfondimenti dal punto di vista fisico-chimico, per evitare precipitazioni tartariche ed ossidazioni. Una cosa è certa: tutto ciò che è stato fatto negli anni da parte di tantissimi ricercatori e studiosi è stato fatto in un’unica direzione, quella del miglioramento della qualità del vino e dell’espressione varietale e territoriale dei vini, riducendo al minimo i difetti sensoriali”.
E se tanta è la strada fatta, il traguardo è ancora lontano, a patto che esista, perché la viticoltura è scienza viva, che raccoglie sfide sempre nuove, e tante sono quelle all’orizzonte, le più urgenti, neanche a dirlo, legate ai cambiamenti climatici. “La grande prospettiva del futuro - riprende Attilio Scienza - è quella di studiare l’epigenetica, ossia il Dna che ricorda. Non tanto l’azione delle mutazioni, quanto i cambiamenti stabili nel genoma frutto degli adattamenti della pianta ai cambiamenti climatici. I cambiamenti dell’espressione di questi geni, che consentono alla vite di superare l’eccesso di radiazione, di luce o di temperatura rimangono nel Dna, e si esprimono nell’evento che li fa manifestare: dobbiamo capire qual è la capacità, la velocità o lo stimolo per il quale le varietà riescono ad adattarsi al cambio climatico attraverso questo meccanismo. E possiamo arrivarci partendo dalla selezione clonale, come abbiamo fatto nel corso dei decenni con il Sangiovese, individuando diversi cloni e diverse capacità di adattamento su territori diversi”. Sempre, ovviamente, senza permettere che il vino perda nulla del proprio fascino che, come ricorda Luigi Moio, “ruota intorno al fatto di essere espressione del territorio in cui è prodotto. Belle parole, ma dobbiamo farlo. E in futuro, visto l’approccio sempre più naturale, dobbiamo andare verso questa direzione, producendo vini sempre più naturali e di sempre maggiore qualità, e che siano la vera espressione del territorio”.
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