02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)

L’ALTRA ITALIA DEL VINO: MACCHINE PER L’ENOLOGIA, BARBATELLE …

L’Italia del vino è fatta anche di barbatelle, di macchine per l'enologia e l'imbottigliamento, botti, ma anche di macchine agricole per la viticoltura, tappi di sughero ed altri elementi accessori come pali e fili per il vigneto. Un business sui 4000 miliardi.

Botti
Il bottaio è sicuramente uno dei più affascinanti mestieri del mondo del vino. La cura minuziosa di ogni fase, dalla selezione del legno alla sua lavorazione a curve, fino alla tostatura e alla dogatura. Una tradizione tutta italiana quella delle botti, più francese quella delle barrique. Botti e barriques sono due cose molto diverse: la prima va da 6 a 150 ettolitri, con un lavoro difficile per il coordinamento da quattro a sei curvature del legno; nelle barrique, invece, la curva è unica. Dopo la corsa all'uso esclusivo delle barrique, in quest’ultimi anni sono molti i vignaioli d’Italia che stanno tornando alle tradizionali botti in rovere da 15-30 ettolitri per affiancarle alle barriques, a partire dalle zone più importanti della Toscana, Piemonte e Veneto. L'export rappresenta il 25% e la produzione italiana trova grandi consensi: dal Cile all'Australia, dal Sudafrica alla Grecia, dalla Germania alla California (dove è stata "arredata” la più grande cantina del mondo, la Gallo Winery di Modesto, con ben 855 tini e botti da 166 ettolitri).

Macchine per l’enologia e imbottigliamento
La tecnologia italiana piace in termini di innovazione e di rapporto qualità/prezzo: il 50% delle macchine per l'enologia finisce all'estero e con quelle destinate all'imbottigliamento la quota sale al 70%. La competizione è con 5/6 grandi aziende della Germania (il maggiore competitore dell'Italia) che offrono macchine standard a prezzi piuttosto elevati. L'Italia offre un'ampia scelta di marchi per ogni prodotto e chi realizza macchine su misura per le esigenze del singolo cliente. Un settore costituito da 450 imprese, 5.000 addetti diretti ed un giro d’affari di 2.500 miliardi. La mostra in Italia più importante in questo specifico settore è la biennale di Milano “Simei e Enovitis” (28novembre/2 dicembre 2001: www.fieramilano.com).

Vivaismo
Per la produzione di barbatelle, la sfida è, come nei vini, tra Italia e Francia: un confronto tutto sulla differenziazione delle produzioni e sul rapporto qualità/prezzo. L'Italia conta su un bel nucleo di grandi-medie aziende e la Francia su un esercito di piccoli produttori transalpini. La produzione vivaistica italiana è all’avanguardia nel mondo, con 90 milioni di barbatelle innestate (nel 2000, i vitigni più richiesti sono stati quelli a bacca rossa, con il 74%), per la stragrande maggioranza prodotte nel distretto friulano di Rauscedo (Pordenone), e con 27 milioni di barbatelle selvatiche (senza sovrainnesto), prodotte soprattutto ad Otranto in Puglia (ma anche in Sicilia e Sardegna). Il saldo tra l’import e l’export è attivissimo: nel nostro Paese arrivano, infatti, soltanto 4 milioni di barbatelle di varietà internazionali più diffuse (da Francia e Germania), mentre finiscono all'estero 19 milioni di barbatelle italiane (2/3 innestate). I nostri migliori clienti sono la Spagna, il Nord Africa, Grecia, Francia, Portogallo, Austria e Germania. Il 70% delle esportazioni interessano varietà spagnole e greche; della produzione italiana, le richieste maggiori sono per il Sangiovese (20%), seguito dal Merlot, Cabernet Sauvignon, Montepulciano d'Abruzzo e Barbera. Molto interesse anche per l’Aglianico ed il Nero d'Avola. Le cifre italiane del settore ? 3000 addetti per un fatturato di 250 miliardi (di cui oltre 220 miliardi di barbatelle innestate).

La Vivai Cooperativi di Rauscedo è l’azienda leader nel mondo nella produzione vivaistica delle barbatelle: ha il 52% del mercato italiano, produce 45 milioni di piante - di cui 32 milioni per l’Italia - e 13 milioni all’estero, soprattutto Spagna, Grecia, Francia, Germania, Argentina; fattura 114 miliardi. Il direttore generale è l’agronomo Eugenio Sartori. “L’aspetto più importante, in questi ultimi anni, è soprattutto la riscoperta di tante cultivar italiane (Sangiovese, Montepulciano d’Abruzzo, Barbera, Aglianico, Nero d’Avola, Refosco ...)”. Ed il boom più grande ? “E’, sicuramente, quello del Sagrantino di Montefalco - spiega Eugenio Sartori, della friulana Vivai Cooperativi di Rauscedo (cooperativa nata negli anni Trenta) - passato dal nulla del ‘95/’96 alle 220.000 barbatelle del 2000”. I vitigni italiani sono insomma risaliti di molto, dal 29% al 36%, in pochissimi anni: un aspetto che contrassegnerà, di sicuro, il futuro del vino italiano (la formula vincente è e sarà quella dei “blend” tra vitigni autoctoni ed internazionali, che, del resto, hanno già contraddistinto la storia del vino italiano negli ultimi 30 anni).

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli