Nel Gesù Cristo dell'Ultima Cena ("mangiate, questo è il mio corpo; bevete, questo è il mio sangue"), c'è un pò di Dioniso: anche nella tradizione orfica dell'antica Grecia il dio viene divorato (ma anche sbranato) in "comunione" (Koinonia) dai suoi fedeli. È l'interpretazione elaborata dallo studioso Romano Penna al simposio internazionale "Vino, mistero divino", organizzato a Roma il 20/21 ottobre dall'Istituto della Enciclopedia Italiana, Enoteca Italiana di Siena, "Civiltà Cattolica". L'ipotesi, che accosta la "comunione" descritta da San Paolo alla Koinonia dei miti orfici, viene motivata da Penna (professore di Esegesi Biblica dell'Università Pontificia, ndr) "con la constatazione che l'istituto della "comunione" è del tutto assente dalla tradizione ebraica, mentre Paolo di Tarso era un uomo intriso di cultura greca". Secondo Penna, "gran parte del testo biblico si comprende meglio quando lo si raffronta con le culture sue contemporanee. E, in particolare, è illuminante richiamarsi alla figura mistica del dio greco del vino e dell'ebbrezza, e anche ricordare la storia della passione di quella divinità classica, pur con tutti i distinguo del caso: per esempio, nei miti orfici i fedeli che si abbandonano all'estasi mistica per essersi inebriati con il sangue di Bacco (il dio che offre se stesso da bere) vengono invasati e posseduti da Bacco, e diventano loro stessi il dio Bacco; e non è questo un evento comparabile con la comunione cristiana. E nel mito dionisiaco non vi è nemmeno nulla che lontanamente assomigli alla transustanziazione del vino in sangue. D'altra parte, i Vangeli altro non sono che testimonianze tramandate oralmente, e trascritte dagli evangelisti che inevitabilmente vi hanno trasfuso anche le loro contaminazioni culturali personali". "Inoltre - sottolinea Penna - il sangue è una delle sostanze delle quali il Vecchio Testamento vieta di cibarsi. Ma le sorprese non finiscono qui. Era l'uva il frutto proibito nel Paradiso Terrestre biblico? Era quindi la vite, l'albero della conoscenza del bene e del male, vietata all'uomo dal Dio della Genesi? La tesi è sostenuta da alcuni esegeti biblici, ripresi a questo simposio dallo studioso ebraico Benedetto Carucci: "nel testo sacro - sottolinea Carucci - non si precisa che tipo di albero fosse quello del "frutto proibito". E da nessuna parte è mai scritto che fosse una mela (la mela fu introdotta da un'iconografia tardo-medioevale). La sua identificazione con la vite viene sostenuta raffrontando quell'episodio con diversi altri brani biblici, in alcuni dei quali si afferma che il vino ha portato dolore al mondo, e che la parola "vino" in ebraico, ha lo stesso suono della parola che significa lamento". Ma il Vecchio Testamento contiene riferimenti al vino anche come fonte di gioia: "il vino permette perfino l'invocazione del nome di Dio, e se ne prevede pure un uso liturgico e sacrificale". Ed il simposio, organizzato dall'Enciclopedia Italiana, Enoteca Italiana di Siena e "Civiltà Cattolica", è stato un susseguirsi di citazioni gioiose: da Isacco, il cui nome è etimologicamente legato al riso e che è capace di inebriarsi restando sobrio, fino all'esclamazione , anch'essa biblica: "Che vita è, senza il vino?".
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