02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)

IL FUTURO DEL VINO ITALIANO … SECONDO IL RAPPORTO MEDIOBANCA & IL SOLE 24 ORE

Il prodotto vino scoppia di salute e sta seguendo un trend di crescita che presenta molti punti in comune con quello che ha caratterizzato il boom della moda negli anni Ottanta. Lo si evince da un rapporto sul settore vitivinicolo curato da Mediobanca, in esclusiva per il quotidiano “Il Sole 24 Ore”. “Il settore del vino - spiega il rapporto Mediobanca/Il Sole 24 Ore - vale 16.000 miliardi di cui 4.500 vengono esportati (53% doc) e, nel quinquennio ’95-’99, il fatturato ha subito un incremento del 36%. Di pari passo, vi è stata una forte crescita del capitale investito che oggi rappresenta il 6,3% del circolante: un valore importante se paragonato con il 4% mediamente raggiunto dal campione delle altre società industriali”.

“Aldilà dell’analisi strettamente tecnica - spiega Nicola Dante Basile, il giornalista de “Il Sole 24 Ore”, che ha analizzato il “rapporto sul vino” di Mediobanca - c’è da dire che, mai come ora, il vino naviga con il vento in poppa, sostenuto da una gamma di prodotti ampissima ed orientata verso la qualità che permette di competere senza timori anche sui mercati internazionali. Le autobotti circolano sempre meno, il commercio dei vini da taglio diminuisce drasticamente (basti pensare che l’esportazione in Francia è passata da 4 milioni a 1,2 milioni di ettolitri) per assecondare il mercato che è sempre più orientato verso il profilo della bottiglia di qualità. Si tratta di un’evoluzione che coinvolge tutte le zone vitivinicole italiane ed in particolar modo le regioni emergenti del Sud (Puglia e Sicilia, in capo a tutte) dove, grazie al clima ed ai terreni estremamente vocati, si possono produrre vini splendidi, immensi”.

“Questo grande sviluppo non può, però, far passare in secondo piano quelli che sono i problemi strutturali che assillano il vino - fa notare il giornalista Nicola Dante Basile de “Il Sole 24 Ore” - primo fra tutti la grande frammentazione della proprietà dipendente da una logica agroeconomica ancora troppo legata agli anni 50-60: si dovrebbe andare verso alleanze tra proprietari che superino il modello cooperativo per poter aumentare la capacità produttiva sfruttando le economie di scale. E’ vero che il vino italiano molto spesso balza agli onori della cronaca grazie a prodotti di nicchia, ma è altrettanto vero che il mercato lo fanno nomi del calibro di Zonin, Santa Margherita, Antinori, Castello Banfi, e sono i loro numeri quelli che contano. Bisogna lavorare anche per migliorare tutto il processo della gestione amministrativa ed il contatto con le strutture distributive per poter rendere sempre più capillare e meno costosa la diffusione dei prodotti”.

In ultimo, ma non per grado di importanza, è il marketing che reclama gli investimenti più forti. Nonostante ormai le strategie più evolute siano seguite dalle aziende leader, è fondamentale che anche i piccoli produttori vestano i panni del manager. L’esempio di Angelo Gaja dovrebbe fare da insegnamento a tutti: oltre che essere un maestro in vigna, è forse, colui che ha fatto della comunicazione la sua arma migliore operando scelte che, pur sembrando azzardate in principio alla lunga, si sono sempre rivelate vincenti.

Il lavoro da fare è ancora tanto per migliorare tutte le fasi post produttive, ma è dimostrato che l’investimento nel vino paga ed è prevedibile che saranno sempre maggiori le risorse che gli imprenditori riverseranno in questo settore, risorse delle quali beneficerà soprattutto la qualità che dovrà essere il porta bandiera del vino italiano nel mondo per permettere, nel prossimo futuro, di rimanere competitivo a livello mondiale.

Massimiliano Calandrini

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli