Il cosiddetto “Erga Omnes” (ovvero il decreto n. 256 del 29 maggio) - che stabilisce che i Consorzi che rappresentano almeno il 66% della produzione di una denominazione di origine possano assumere funzioni di controllo sulla produzione, trasformazione e commercializzazione dei vini, estendendo il proprio ruolo anche alle aziende non associate - ha trovato al Salone del Vino di Torino, un importante momento di analisi e discussione, organizzato dall’Enoteca Italiana, al quale hanno partecipato tutti i presidenti e i direttori dei principali consorzi italiani.
“Il decreto (che in una prima fase aveva allarmato i produttori e le associazioni di categoria, è ancora in attesa della circolare applicativa, che dovrebbe essere pubblicata a breve, ndr) - ha spiegato Flavio Tattarini, presidente dell’Enoteca Italiana - tende a favorire la nascita di Consorzi ovunque esistano delle denominazioni di origine, e come richieda agli stessi consorzi un salto di qualità nelle proprie funzioni, nell’efficienza ed efficacia operativa e nell’equilibrio della rappresentanza di filiera”. Luca Lauro (Direzione Generale per la Qualità dei Prodotti Agroalimentari e la Tutela del Consumatore del Ministero delle Politiche Agricole) ha quindi affermato “come finora, a differenza di tutti gli altri prodotti alimenti a Dop e Igp, per i vini doc non sia stato adottato un criterio di tracciabilità, e come questo decreto sia nato sostanzialmente a tale scopo. Se infatti per i prodotti a Dop e a Igp esiste un sistema di controllo sistematico, per tutte le partite certificate e in tutte le fasi della filiera, per i Vqprd (ossia i vini a denominazioni d’origine italiani), il controllo è parziale, e avviene soltanto a valle del processo produttivo (esame chimico-fisico ed organolettico). Il decreto dunque intende andare a colmare tali lacune”. “Ma - ha spiegato Riccardo Ricci Curbastro, presidente della Federdoc - i consorzi non dovranno operare come degli “sceriffi”, ma certificare un prodotto. La denominazione di origine dunque deve sempre più divenire un patrimonio comune, e tutti sono chiamati a difenderla, dal viticoltore all’imbottigliatore. Il decreto rappresenta uno stimolo positivo a un’assunzione di responsabilità da parte di tutti i rappresentanti della filiera”. Gianluigi Biestro, vice presidente del Comitato Nazionale Vini, ha poi ricordato come “fin dalla legge del 1930, il consorzio veniva considerato come l’elemento chiave del territorio a denominazione di origine, a garanzia del consumatore. Oggi il consorzio deve sempre più assumere un incarico di controllo e certificazione, così come richiesto dai moderni consumatori che vogliono conoscere la storia di una bottiglia nella sua interezza. Ogni produttore deve, insomma, essere responsabile della propria qualità, e che nel caso del nuovo ruolo dei Consorzi è necessario non cadere nello stesso errore in cui sono incorsi alcuni disciplinari, contraddistinti da centinaia di regole e limitazioni, quasi impossibili da seguire alla lettera”. Ma Biestro ha lanciato anche un’idea importante: “c’è la necessità di accorpare alcune denominazioni minori e cancellare di quelle che per alcuni anni non vengono rivendicate. Dunque, anche il Comitato Nazionale Vini partecipa a questo processo di chiarezza imposto dalle leggi di mercato, che richiede prodotti certificati, legati a un territorio e a una civiltà determinati”.
In sintesi, il convegno - al quale hanno partecipato, tra gli altri, Ezio Rivella per l’Unione Italiana Vini, Luigi Rossi di Montelera per la Federvini, Gabriella Ammassari per la cooperazione, Piergiovanni Pistoni per la Confagricoltura, Luigi Mainetti per la Coldiretti e Pietro Petrelli per la Cia - ha evidenziato: “la preoccupazione da parte dei consorzi sulla necessità di far nascere un sempre maggiore convincimento nei produttori; la preoccupazione sull’efficienza e l’equilibrio della rappresentanza dei consorzi; l’urgenza di capire bene quali siano i controlli da fare e come debbano essere attuati”. Qualche area di dissenso è rimasta: “nessuno vuole che i nuovi controlli affidati ai Consorzi diventino un costo per i produttori, e soprattutto è stata richiesta particolare chiarezza su quelli che saranno i controlli necessari, così come è stata espressa l’esigenza di avere al più presto le applicazioni alla normativa”.
Il sottosegretario alle Politiche Agricole Teresio Delfino, oltre a confermare che la nuova Legge Finanziaria prevede 200 miliardi di spesa per la promozione delle produzioni agroalimentari di qualità, ha sottolineato la necessità di tutelare sempre più il “made in Italy” agroalimentare: “si deve garantire la sicurezza dei prodotti agroalimentari e quindi sviluppare le produzioni di qualità. Ma la qualità ha bisogno di disciplinari, di controlli e di certificazioni. Il decreto richiede un salto di qualità complessivo ed una presa di coscienza da parte di tutti i componenti della filiera”.
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