Il vigneto Italia continua a perdere pezzi: se nel 1990 la superficie vitata di uva da vino era pari ad 893.730 ettari nella campagna 1998/1999 si è ridotta a 816.088 ettari. In questo lasso di tempo il tenore complessivo delle estirpazioni è stato di 174.119 ettari, dei quali solo 54% ha dato origine a diritti di reimpianto, perché estirpati senza premio, contro un 46% di perdita definitiva dovuta al pagamento del premio. Si tratta per lo più di vigneti pugliesi (22.000 ettari persi tra il 1990/1996), siciliani (14.000 ettari) e sardi (10.000 ettari). La maggior parte delle estirpazioni con premio hanno riguardato i vigneti destinati a “vino da tavola” (75.476 ettari) ma non mancano i vigneti a Doc/Docg (5.198 ettari). Sui reimpianti, invece, il 61% ha riguardato Doc/Docg e solo il 39% vigneti per uve da “vino da tavola” e ciò confermerebbe lo spostamento verso le produzioni di qualità.
Ed anche sul fronte dei consumi la flessione, in atto ormai da molti anni, non sembra fermarsi: nel 2000, il consumo di vino pro capite è stato di 51 litri contro i 52 del 1998 e i 51,5 del 1999. E, sempre sui consumi, sul confezionato, sono in crescita gli acquisti di vini Doc/Docg (+ 7,8%) e in diminuzione (-3,4%) i “vini da tavola”; per lo sfuso, crescita sia del dato generale (+ 6,4%) sia dei Doc/Docg (+10,6%) sia da tavola (+5,8 %).
Questi dati, comunicati dall’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare), nei giorni scorsi, a Roma, illustrano una realtà assai complessa e ricca di sfumature che risente non poco della carenza di un disegno strategico di ampio respiro che investa tutta la filiera.
Andrea Gabbrielli
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