In Valpolicella, una delle aree vitivinicole più prestigiose del nostro Paese, si sta registrando, in questi ultimi anni, una sorta di rottura del dogma economico “maggiori produzioni, prezzi minori”. Un esempio eclatante ? Dal principe della Valpolicella, quell’Amarone che, assieme al Brunello di Montalcino, al Barolo, al Barbaresco, al Chianti Classico, al Sagrantino di Montefalco, è l’espressione classica della migliore enologia italiana. “Sicuramente l’Amarone - ha spiegato Giuseppe Gaburro, presidente della cantina di Negrar, che ha ospitato di recente il convegno “50 anni. Valpolicella Classica e storica. Testimonianze e riflessioni per uno sviluppo condiviso” - è tra i vini italiani che, negli ultimi anni, ha fatto segnare lo sviluppo più importante, sia in termini di quantità prodotte che di prezzi realizzati”. Gaburro ha evidenziato come le uve destinate all’appassimento per la produzione dell’Amarone siano passate dagli 82.000 quintali del ’97 ai 125.000 quintali del 2001 per una produzione di bottiglie che è cresciuta dai 4,3 milioni del ’97 ai potenziali 6,6 milioni (non sono, chiaramente, ancora in commercio) del 2001. L’Amarone assume insomma tutta la sua grande valenza, anche economica. E tutto questo grazie a quel valore immateriale e intellettivo che appartiene ad ogni singolo produttore e che rappresenta, assieme al territorio, il suo vero plus valore. “E su quest’ultimo aspetto - ha continuato Gaburro - la Valpolicella ha ancora delle potenzialità inespresse: rispetto al Barolo ed al Brunello, non siamo ancora riusciti a conferire all’Amarone la stessa valenza territoriale che oggi godono i due altri grandi vini italiani”.
Il presidente della cantina di Negrar, Gaburro si è poi soffermato su un interessante confronto tra l’Amarone, il Barolo e il Brunello di Montalcino (vedi tabella sotto): dove emerge che sia il grande vino piemontese che quello toscano oggi sono regolamentati da un disciplinare sicuramente più rigido rispetto all’Amarone, sia in termini di resa consentita ad ettaro che di superficie destinata alla produzione. Importante, per capire le potenzialità produttive dell’Amarone e, conseguentemente, la necessità di disciplinare il suo sviluppo, è sottolineare come attualmente la superficie vitata della Valpolicella è di 5.000 ettari e che oggi non esiste alcuna regola che impedisca che tutto il vigneto Valpolicella si trasformi in Amarone.
“E’ per tale ragione che il presidente della Cantina di Negrar ha anche prospettato delle possibili regole per arrivare ad un dimensionamento produttivo dell’Amarone che si possono così sintetizzare in tre punti: primo, “raggiungere, finalmente, il riconoscimento della Docg e così imporre nel disciplinare una resa ad ettaro di 80 quin tali (nel disciplinare attuale è di 120 quintali per ettaro)”; secondo, “rimanendo ancora nella Doc, si potrebbero destinare solo le aree collinari alla produzione di Amarone o, in alternativa, imporre dei limiti percentuali ad ettaro per la sua produzione più ridotti rispetto a quelli proposti nel nuovo disciplinare al vaglio della Comitato Nazionale Doc”; terzo, “imporre un blocco concreto dei diritti di impianto”.
Da questo importante convegno è stato poi rilanciato l’allarme del grave rischio di aumenti incontrollati della superficie vitata in Valpolicella, già comunicato in passato da Emilio Pasqua di Biseglie, presidente del Consorzio dei Vini della Valpolicella, ed il fatto che “il territorio di produzione della Valpolicella si ingrandisca senza regole precise” e che “l’Amarone diventi l’unico prodotto sul quale investire”. Due importanti nomi storici della produzione enologica della Valpolicella, Gaetano Bertani, consigliere delegato della Bertani, e Maurizio Ferri, presidente della casa vinicola Bolla, hanno riconfermato, rispettivamente, “l’importanza di un disciplinare che fissi la percentuale di uve da ammettere all’appassimento e che regoli chiaramente, dal punto di vista tecnico, la pratica del ripasso” e che “il consolidamento del successo dei vini della Valpolicella, primi fra tutti Amarone e Recioto, passa inevitabilmente dalla capacità di far percepire all’esterno le grande originalità dei processi produttivi di questi vini”.
Da Negrar parte quindi la proposta di gestire meglio il successo della Valpolicella, con maggiore tutela in nome della qualità: “è fondamentale - è stato evidenziato - che ci siano regole precise e controlli severi sulle uve messe a riposo estesi a tutte le aziende. In questo senso il Consorzio, alla luce anche della recente legge che riconosce i controlli erga omnes, riveste un ruolo chiave nella gestione intelligente dello sviluppo dei vini della Valpolicella”. Una maggiore tutela che dovrà portare anche al riconoscimento della docg: “all’estero non riescono a spiegarsi come mai due grandi vini, Amarone e Recioto, non hanno ancora la garantita. Una “g” che è ancora importante nel mondo come sigillo della migliore enologia d’Italia”.
Furio Pelliccia
Tabella A
Evoluzione della produzione dell’Amarone della Valpolicella
Anno Quantità uve messe a riposo (q.)Produzione bottiglie (milioni)
1997 82.000 4.3
1998 88.000 4.6
1999 80.000 * 4.2
2000 116.000 6.1
2001 125.000 6.6
* Il quantitativo inferiore di uve messe a riposo è stato dettato da un annata particolarmente difficile dal punto di vista meteorologico.
Fonte: Consorzio dei Vini della Valpolicella
Tabella B
Macro confronto tra Amarone, Barolo e Brunello di Montalcino
Amarone Barolo Brunello
Superficie (ha) 5.000 * 1.500 1.500
Resa (q/ha) ** 120 80 80
Bottiglie (milioni) 6,6 *** 8.5 5.5
Prezzo uve (000.lire/q) 400 700 1.200
Aumenti superficie (ha) sì no val. ogni 3 anni
Prezzo (.000 lire/litro) 16,5 18 23
* Si tratta della superficie complessiva della doc Valpolicella e quindi non deve essere considerata come la reale superficie per la produzione di Amarone la cui uva prodotta, se entro i limiti del disciplinare, ha una resa in vino del 40%
** Quantitativi fissati dai disciplinari di produzione
*** Produzione potenziale di Amarone ancora non immesso in commercio.
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