Lo spumante? Un piacere da gustarsi tutto l'anno. Finita l'era delle bollicine stappatte solo e soltanto in occasione di matrimoni e feste comandate, gli italiani non perdono occasione per bere frizzante e, perché no, a tutto pasto. Questa la fotografia dei nuovi consumi emersa in questi giorni in Valdobbiadene dove sono in pieno corso i lavori della prima edizione del Forum Spumanti d'Italia (2-11 settembre). Dei veri e propi stati generali delle bollicine italiane.
Le stesse bollicine che, in barba ai cugini francesi, rappresentano ormai un consumo che non sembra davvero conoscere stagioni e forte di un comparto composto da oltre 800 aziende. Ben 6000 etichette che solo nel 2004 hanno prodotto un fatturato di 1,3 miliardi di euro per la gioia di ben 16 milioni di "clienti" fidelizzati in tutta Italia. Davvero non male. Tutto a discapito di una crisi generalizzata del vino che pure non sembra incidere più di tanto in questo settore. Secondo i dati più recenti di Ismea-Ac Nielsen, i consumi di vini spumanti in Italia registrano infatti una flessione dell'11%, imputabile soprattutto agli spumanti dolci. A reggere meglio sono invece le bollicine prodotte con metodo classico (-3%) e più in generale gli spumanti secchi (-6%), in linea con la contrazione dei consumi che nel nostro paese colpisce anche lo champagne (-6%).
"I consumi si sono ridotti perché si beve meno - spiega Giampietro Comolli, direttore del Forum - ma si beve meglio tutto l'anno; non mi rferisco ad eccellenze qualitative, spesso appannaggio di pochi, ma della qualità del prodotto quotidiano, vero obiettivo della maggioranza dei consumatori. Se un tempo per aperitivo si prendeva il cosiddetto bianchino, ora i consumatori sono più esperti e più smaliziati, attenti alla qualità e per nulla disposti a spendere per prodotti non sicuri. Ma soprattutto - aggiunge - non si limitano a bere buoni vini durante le sole festività come si faceva un tempo".
Dal Forum emerge poi che gli Italiani hanno ridotto i consumi di spumanti tra le mura domestiche, ma anche fuori casa sebbene in misura minore. I volumi di spumante transitati attraverso il canale horeca, infatti, risultano infatti diminuiti del 6% rispetto al 2003, quindi proporzionalmente meno di quanto riscontrato all'interno delle mura domestiche. Resta poi interessante rilevare come nei bar e ristoranti gli spumanti dolci abbiano un ruolo decisamente meno importante che nelle case: rappresentano infatti solo il 23% delle bottiglie da 75 cl consumate, mentre il Metodo Classico ha un'incidenza maggiore, pari al 10%. A completare il paniere d'acquisto c'è il Prosecco, con il 37%, e gli altri spumanti secchi, con il 30%. Sul mercato estero, la bilancia commerciale italiana del vino spumante ha chiuso il 2004 con un surplus di 113 milioni di euro, in crescita del 15% rispetto al 2003 (99 milioni di euro). I volumi spediti all'estero, pari a 810.000 ettolitri (per un equivalente di oltre 100 milioni di bottiglie), sono scesi del 5% rispetto al 2003, ma i corrispettivi hanno messo a segno +6%, raggiungendo 244 milioni di euro. In media un litro di spumante esportato ha fruttato alle casse nazionali 3 euro: l'11% in più rispetto ai 2,7 euro del 2003. La flessione delle spedizioni ha riguardato i nostri tre principali mercati clienti, ovvero Germania, Stati Uniti e Regno Unito. Si sono invece rafforzate le destinazioni minori, con tassi di crescita a volte a due cifre, come nel caso della Svizzera (+17% rispetto ai volumi del 2003) e del Giappone (+23%), rispettivamente quarto e quinto mercato di sbocco.
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