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L’INTERVENTO - MARCO CAPRAI, AUTORE DEL RILANCIO DEL “SAGRANTINO DI MONTEFALCO” - “LA SOFT ECONOMY: TERRITORIO, PASSIONE E INNOVAZIONE”

Quando attraverso la stampa - oramai un anno fa - sono venuto a conoscenza del progetto Symbola, ho sentito l’esigenza di scrivere direttamente alla fondazione per conoscere il progetto in maniera più approfondita. Mi sono allora recato in Sicilia per la presentazione di Symbola, e successivamente ho avuto un colloquio con l’onorevole Realacci culminato con la pubblicazione - due mesi dopo - della mia esperienza nel volume “Soft Economy”.
La mia attività ventennale, sintetizzava perfettamente la filosofia portante di questo “fare economia”: l’aver puntato all'eccellenza mettendo insieme la ricerca e la qualità del paesaggio, l'innovazione e il patrimonio storico, la valorizzazione del prodotto tipico nel rispetto dell’ambiente ha costituito nel mio caso, il sasso contro la forbice della globalizzazione. La mia intuizione è stata quella di investire su “risorse spontanee di qualità”.
Quando nel 1988 ho iniziato il “Progetto Sagrantino” il primo passo è stato quello di costruire una squadra di professionisti di settore. Con l’università di agraria di Milano abbiamo raccolto i genotipi del Sagrantino nei vicoli del territorio urbano - che sono alla base del bouquet dei cloni dei nostri vigneti - e abbiamo realizzato una mappa della città che racconta un percorso attraverso le vecchie viti. Mi sono impegnato con il Centro Agroalimentare e il Movimento del Turismo del Vino, riuscendo ad intuire la grandezza di un disegno che vede oggi - nella giornata di Cantine Aperte - circa 10.000 persone convogliate in un solo giorno sul nostro territorio.
Le reti e il territorio
Più di ogni altro ho creduto nella formula territorio/identità, spinto dalla convinzione che il successo imprenditoriale dipendesse proprio dall’orgoglio con cui potevo riconoscere nel “luogo” e nella coesione sociale (mantenuta viva dal perpetuarsi di una tradizione) l’elemento cardine di un modello di sviluppo. Da qui è iniziato un rapporto “do ut des” , poiché se da un lato stavo usufruendo di un territorio, dall’altro era iniziata la celebrazione dello stesso, la declinazione delle sue possibilità. Abbiamo preso coscienza dei valori identitari di un luogo in funzione delle molteplici relazioni che potevano strutturare lo spazio, ponendo in particolare enfasi la tutela dei valori ambientali e storico culturali. Abbiamo cercato di coniugare saperi e senso comune riconoscendo l’importanza delle condizioni di funzionamento a rete del territorio e ponendo così le basi - e non solo quelle - per l’evolversi di un tessuto sociale complesso. È così che il distretto di Montefalco diventa “scenario di utilità” su cui è importante investire e ricercare; una ricerca che non ci allontana dalle situazioni reali ma che anzi, ci colloca nella dimensione del servizio istituzionale rivolto ai cittadini in collaborazione con gli enti territoriali. Attraverso la creazione di una rete di sistemi di comunicazione e coordinazione dello sviluppo, che si è articolata nella adesione alle “Città del Vino” e alle “Città dell’Olio” alla creazione della “Strada del Sagrantino”, all’iscrizione di Bevagna e Montefalco a “Città Slow” si è cercato di sensibilizzare gli organi governativi locali e regionali affinchè si rivolgesse l’ attenzione al luogo.
E ancora l’attivazione di un “sistema museo” e il potenziamento di una rete documentaria, la tutela e valorizzazione dei beni culturali, le strategie per l’arte contemporanea e per il teatro, la sfida dell’incontro interculturale.
Possiamo affermare che per volontà comune, sia stato attivato un processo che dalla segmentazione delle risorse ha portato alla creazione di sistemi di rete fortemente connessi tra loro, e che valorizzando le individualità, siamo riusciti a potenziare e a ottimizzare il patrimonio e le esperienze delle singole istituzioni e dei soggetti presenti su tutto il territorio.
Abbiamo cioè costruito vere e proprie reti cognitive, attraverso le quali fosse possibile un evidente scambio di informazioni e conoscenze. I loro costruttori e gestori, lavorano per realizzare una particolare immagine dello spazio fisico strutturato, elaborando progetti e valutando gli scenari possibili di tendenza del territorio. In tal senso si creano, in una posizione avanzata di ricerca, condizioni propizie a sperimentare l’impiego di reti effimere, reti non visibili, (“reti soft”)che rappresentano realsticamente le condizioni attraverso cui si potrà dare esito a forme innovative e vincenti di gestione.
Parallelamente ad un processo di rivalutazione del Sagrantino di Montefalco, si è cercato di lavorare concretamente sullo spazio fisico, esito della sedimentazione degli usi ed intreccio complesso tra variabili spaziali umane, tra geografia e cultura, tra caratteristiche naturali e struttura delle relazioni sociali,che rappresenta lo sfondo indispensabile per situare le azioni della nuova economia, delle reti e dei flussi.
L’esempio più eclatante è probabilmente la creazione del progetto “Unione dei Comuni” che riunendo comuni affini per back ground socio-storico e intenti, costituisce oggi la terza città della provincia di Perugina.
Se pensiamo infatti al comprensorio di Montefalco come ad un unico ente ci troviamo in presenza di una delle prime 10 aziende alimentari dell’Umbria, con un fatturato di 50 mil di euro, e che oggi occupa all’interno della filiera più di mille persone e dispone di un complessivo di1500 posti letto.
Questo scambio gratuito di servizi tra uomo e territorio, che ha visto nel corso degli anni un intensificarsi del dispendio delle energie locali, si è saputo evolvere nel rispetto delle esigenze ambientali; ed è questa la rete che ci ha permesso di fare una economia knoweledge based che fosse il più dinamica e competitiva possibile, capace di combinare crescita economica sostenibile, qualità della vita e del lavoro, aumento degli impieghi e coesione sociale.
Il distretto di Montefalco
Il Distretto di Montefalco è un soggetto che per la sua storia, per l’esperienza sociale che ha sedimentato, per gli strumenti di cui dispone, per la qualità delle risorse umane e professionali di cui può avvalersi, può a buona ragione candidarsi a svolgere una funzione di interfaccia all’interno di questa dialettica tra soft/hard economy e contribuire a risolverla positivamente imponendosi come uno dei tanti crocevia di successo. In principio - e mi riferisco alla metà degli anni 80 quando eravamo agli inizi di questa avventura - ascoltando proposizioni come queste i sostenitori di un sistema di gestione “tradizionale” si sono “ritratti perplessi” addirittura, dal dipartimento di agraria dell’ università degli studi di Perugia, mi sono sentito dire che “il Sagrantino non aveva alcuna valenza economica”. Beh, oggi, la nostra più grande soddisfazione è finalmente assistere a questa legittimazione per eccellenza. Abbiamo dimostrato che una società fondata sulla base del legittimo consenso ad un intento comune può farcela proprio in virtù della sua peculiarità circoscritta. Quello che sto cercando di dire, è semplicemente che tutto ciò che ho realizzato nel corso della mia attività di produttore, è nato dall’intuizione della presenza davanti a me di un patrimonio unico al mondo: il Sagrantino di Montefalco.
Il Sagrantino era davanti ai nostri occhi da sempre, sulle vigne del circondario e nella casa del contadino:una ricchezza nascosta proprio perché così sfacciatamente palesata che aspettava solo di essere chiamata in causa nel gioco delle identità. Allora abbiamo fatto parlare il Sagrantino, il “Genius Loci” di questa terra, abbiamo dissotterrato la pepita d’oro che era lì da più di 500 anni, ridando semplicemente vigore, dignità e vita ad una tradizione che stava rischiando di scomparire.
Tradizione
Non voglio dire che il processo di valorizzazione sia stato facile. Meglio di me sapete quanto la tradizione e l’innovazione costituiscano il valore aggiunto di un territorio, e quanto la conciliazione degli opposti sia complessa in circostanze pionieristiche come quella in cui mi sono avventurato. Ma è su questo connubio che ho fondato la mia attività ed è su questo fattore che deve concentrare le proprie energie chi vuole proporre il proprio territorio come valore.
Quindi, riconoscere lo spessore estetico di un territorio, avere il coraggio di investire su un processo di valorizzazione e qualità che non finisca per snaturare il territorio stesso, valorizzare il prodotto attraverso la ricerca.
Quello che ho cercato di fare è stato il dare valore alla memoria, ricercare con passione ciò che era visibile, utilizzare l’innovazione per far sì che il territorio potesse orientare i diversi attori cittadini, imprenditori e politici e quanti altri in un circuito virtuoso di sviluppo economico. Perché concentrarsi sulla piccola realtà con identità propria forte, significa uscire dallo spirito della giungla e del caos.
Perché assecondare l’intuizione e il genio tipicamente italiani significa in questo contesto “coltivare l’interesse di una comunità” e non chiudersi nel fortilizio degli interessi di parte.
Passione
In questo senso il parametro del successo, non sta più nella accessibilità ad un capitale iniziale, ma risiede nello slancio, nell’intuizione, nella passione che mettiamo nel lavoro. Perché la passione si addice all’impresa. La passione (qui da intendersi nella sua accezione positiva di energia e slancio che alimenta gli interessi e l’agire nel suo complesso) è, nel suo intrinseco ed essenziale dinamismo il motore del successo. È alla mia passione per il territorio che devo il mio successo, è alla passione per le tradizioni che devo la spinta che mi ha permesso di passare dal sogno al progetto, è a questa “energia a bassa soglia” che devo la mia intuizione a combinare gli opposti sovvertendo talvolta le regole della logica comune.
E la nostra fortuna, o meglio, uno dei punti di forza della Soft Economy, è la fonte della nostra passione, che identificandosi in un patrimonio collettivo e innato, è praticamente inesauribile;un qualcosa che si perpetua nell’esistere.
Se la nostra ricchezza nasce da un bene comune come il territorio; se la nostra ricchezza nasce dalla passione che diventa gratitudine verso quel territorio; allora il motore della nostra economia non potrà mai spegnersi.

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