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“E’ FORSE ARRIVATO IL MOMENTO DI PRENDERE L’INIZIATIVA …”: UNO DEI PIU AUTOREVOLI VIGNAIOLI D’ITALIA, ANGELO GAJA, PRENDE CARTA E PENNA … ED AVANZA DELLE PROPOSTE AL MONDO DEL VINO, SEMPRE PIU’ ASSOCIATO AD ALCOOL E DROGHE

Sempre più spesso l’alcool viene accusato di essere una droga, sul banco degli imputati insieme a tutte le bevande alcoliche. Recentemente (24 marzo 2007) a ribadire questa tendenza, la rivista scientifica inglese “Lancet” ha pubblicato uno studio di due farmacologi di Bristol molto noti nel settore: i due esperti hanno compilato una classifica, a seconda dei livelli di pericolosità, delle 20 droghe legali ed illegali, ponendo l’alcool in quinta posizione subito alle spalle delle droghe vere. L’articolo di “Lancet” è stato ripreso in prima pagina dal “Guardian” e dal “Times” ed ha avuto larga eco su diversi quotidiani europei, compresi quelli italiani.
Ma perché l’alcool è una droga? Perché, in caso di abuso, crea dipendenza. Tuttavia, a ben vedere, anche gli eccessi alimentari in genere (carboidrati, grassi animali, zuccheri, …), benché nella gran parte non creino dipendenza, possono essere causa di patologie, talvolta irreversibili.
Dai dati snocciolati dalla rivista scientifica “Lancet”, la questione non è certo uno scherzo: i decessi per abuso di sostanze alcoliche superano di gran lunga i decessi a causa dell’assunzione di droga; una elevata percentuale di incidenti automobilistici viene attribuita con certezza a soggetti che guidavano in stato di ebbrezza.
Non che noi italiani avessimo necessità di attingere a questi dati dalla rivista inglese: le associazioni che operano in Italia per il recupero degli alcolizzati sostengono pressoché le stesse argomentazioni da moltissimi anni ed invocano provvedimenti.
Come si è difeso il mondo del vino di fronte a questa situazione? Sostenendo che l’abuso viene causato dal consumo delle altre bevande. Sostenendo che il consumo moderato del vino è di beneficio alla salute, avvalendosi di numerosissime ricerche che hanno scientificamente dimostrato l’asserto. Sostenendo che il vino ha forti valenze culturali, che fa parte della nostra civiltà, che non possono essere le patologie ad inficiarne il suo valore. Anche se, a dire la verità, i produttori vitivinicoli sanno benissimo che il vino non può tirarsi fuori dalle accuse che gli vengono rivolte perché se ne può abusare tranquillamente a tavola e fra le mura domestiche.
E se fosse giunta l’ora di cambiare strategia ? E se invece di restare in trincea fossero i produttori di vino a prendere iniziative che dimostrino una maggiore sensibilità nei confronti di coloro che nell’alcool vedono comunque una droga?
Provo a buttare giù qualche idea …
Pubblicità: ripetutamente in passato, esponenti di associazioni/comunità di recupero avevano chiesto al Parlamento Italiano di attuare il divieto di pubblicità dei superalcolici, senza successo. Dato per scontato che è l’abuso a creare dipendenza, dovrebbero essere i produttori di vino stessi ad invocare per la pubblicità di tutte le bevande alcoliche, vino compreso, una disciplina speciale, con norme più restrittive, sulle limitazioni alcoliche, che, al contrario, non è necessario imporre ai prodotti alimentari.
Separare l’immagine del vino da quella delle altre bevande alcoliche: il fattore alcool accomuna tutte le bevande alcoliche? I produttori di vino, e sono moltissimi, in numero enormemente superiore ai produttori di tutte le altre bevande alcoliche messi assieme, non la pensano affatto in questo modo. Le differenze tra il vino e le altre bevande alcoliche sono profonde. Il vino, come è noto, deriva dalla fermentazione alcolica dell’uva; questa avviene per tre mesi all’anno, a cavallo dell’autunno, ha un inizio ed una fine ed è vietato fermentare negli altri nove mesi dell’anno. Sono spesso gli stessi produttori a crescere la materia prima, l’uva, a trasformarla ed a vendere essi stessi il vino in bottiglia. L’alcool si forma naturalmente nel vino, senza aggiunte, senza separazioni dagli altri componenti. Il vino, a differenza delle altre bevande, si consuma accompagnato al cibo in un rito che affonda le radici nella storia e nella cultura millenaria. I produttori di vino hanno un modo di operare profondamente diverso dai distillatori di alcool o da quelli che lo diluiscono in una miscela di sostanze aromatizzanti e coloranti. Avviare una ricerca scientifica seria, rigorosa, che consenta di comparare gli effetti benefici del vino accompagnato al cibo e quelli meno benefici delle altre bevande alcoliche consumate lontano dai pasti, diventa oggi più necessaria che mai.
Consumare meno: I produttori dovrebbero essere più prudenti nell’invocare iniziative/misure volte a fare crescere i consumi di vino pro capite in Italia: i 45-50 litri attuali sono già molto alti. E i consumi di dieci, venti, trent’anni non sono più possibili. Il vino ha ormai perso i suoi antichi connotati di alimento, trasformandosi in un bene squisitamente voluttuario; sono cambiati gli stili di vita a causa di un diffuso benessere, della consapevolezza di salvaguardare la salute, del maggiore desiderio di mantenere un corpo in forma ed efficiente. E’ illusorio sperare di fare crescere i 28 milioni di ettolitri di vino che si stima vengano consumati annualmente in Italia; mentre è più realistico pensare di far beneficiare della stessa quantità un numero maggiore di consumatori guadagnandone di nuovi da educare al piacere del vino consumato con moderazione.
Diffondere la consapevolezza della pericolosità dell’abuso: tra i produttori di Langa, usava un tempo accogliere gli ospiti in cantina versando nel bicchiere piccole quantità del vino migliore. A causa di ciò venivano accusati di grettezza; invece avevano rispetto per il vino, bevanda preziosa da non buttare giù “a garganella” ed avevano rispetto per l’ospite perchè, senza mai dirlo, conoscevano e temevano la piaga dell’alcolismo. Si potrebbe chiedere oggi agli organizzatori delle innumerevoli fiere del vino che si svolgono nel nostro paese di collocare, in corrispondenza delle uscite, dei centri equipaggiati per misurare il contenuto di alcol nel sangue: ai quali accedere volontariamente, senza la presenza di pubblici ufficiali, giusto con qualche assistente, per rendere consapevoli quelli che hanno alzato il gomito di quanto abbiano superato i limiti consentiti dalla legge, offrendo loro l’opportunità di prendere coscienza della pericolosità di mettersi subito alla guida di un mezzo, anziché attendere qualche ora prima di partire. Confidando che la prossima volta sappiano assaggiare con più moderazione. Bisognerebbe mettere al bando i produttori che durante le fiere provvedono alla mescita dei loro vini senza offrire al visitatore la possibilità di sputare: specialmente quando accompagnano questa mancanza di professionalità all’idiozia che il loro vino sarebbe così importante, così buono, da non doverne sputare l’assaggio.
Anche i produttori possono e devono fare molto per comunicare la cultura dell’educazione al bere.
Angelo Gaja

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