C’è veramente bisogno di una Igt Italia? Decisamente no, secondo Coldiretti e Città del Vino, che anzi sottolineano che il successo del vino italiano nel mondo non ha bisogno di scorciatoie, di trucioli, di nuove denominazioni - come l’Igt Italia - che scimmiottano le politiche commerciali di altri Paesi produttori. L’Italia - sostengono Coldiretti e Città del Vino - rappresenta un quarto delle esportazioni mondiali e ha conquistato negli Usa il primato delle vendite, e deve quindi scegliere senza indugio una strada diversa: qualità, trasparenza, vitigni autoctoni e valorizzazione dei territori. Obiettivi che possono essere raggiunti senza cedere a tentazioni concorrenziali che vanno al ribasso, ma puntando sugli elementi di forza del sistema vitivinicolo italiano che ormai dal 1986, dopo lo scandalo del vino al metanolo, hanno dimostrato che facendo qualità si vince.
“L’Igt Italia - ha aggiunto Valentino Valentini, presidente di Città del Vino - non è una soluzione che fa per noi; al contrario proseguire sulla strada percorsa in questi venti anni, che ci ha portato ai vertici del mercato mondiale grazie alla fiducia sulla qualità, sulla varietà e sull'identificazione con il territorio. Non dobbiamo nasconderci le minacce che esistono nella competizione globale, ma per averne ragione ci si deve impegnare più efficacemente su promozione, marketing e distribuzione. Non dobbiamo giocare al ribasso su un terreno che non ci appartiene, nè ricorrere a formule che sorvolano il concetto di origine. Il vero “made in Italy” sono le Doc, le Docg e le Igt. L’identità e l’unicità sono la carte vincente del nostro sistema produttivo. Ma il territorio non è un bene inesauribile. Va quindi preservato con azioni di tutela chiare. Noi abbiamo elaborato il Piano Regolatore delle Città del Vino, un progetto che contempla il recupero del patrimonio esistente, la salvaguardia del paesaggio, il risparmio energetico, la qualità dei manufatti, l’edilizia sostenibile, la certificazione ambientale. Un insieme di regole e prescrizioni che coniugano sviluppo e conservazione”.
La base ampelografica della vitivinicoltura italiana si basa su 351 varietà di vitigni iscritti al catalogo nazionale. Esclusi alcuni vitigni internazionali l’Italia possiede il patrimonio dei vitigni autoctoni più ricco del mondo, potendo contare inoltre su altri mille biotipi da sottoporre a ricerca scientifica. Diversità e varietà - sostengono Coldiretti e Città del Vino - sono alla base delle nostre radici. Al contrario un’Igt Italia rischia di valorizzare solo i vitigni internazionali e i vini “industriali” anziché quelli tradizionali e di territorio. Mentre anche nei nuovi Paesi si cominciano a valorizzare cru e vitigni di piccole aree, una parte del mondo produttivo italiano chiede in prestito soluzioni che nel medio periodo rischiano di impoverire, e non di arricchire, il sistema vitivinicolo nazionale. Vogliamo veramente un blend di Chardonnay siciliano con uno trentino, e magari con un po’ di vino del Friuli e del Lazio, una bella miscela in cui viene annacquata l'origine territoriale e la tracciabilità del prodotto? E con quali garanzie per il consumatore, con quali controlli?”.
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