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I VIGNAIOLI DELL’ALTO ADIGE: “VALORIZZARE MEGLIO LE MICROZONE, CONVINCERE LE AZIENDE AGRICOLE FAMILIARI A VINIFICARE IN PROPRIO INVECE DI VENDERE L’UVA ALLE COOPERATIVE FACENDO FRONTE COMUNE PER NON FARSI SCHIACCIARE DAI COLOSSI DELL’ALTO ADIGE”

I piccoli vignaioli dell’Alto Adige si alleano e cercano una strada alternativa a quella di conferire uve alle cantine sociali, senza nulla togliere al ruolo importantissimo che queste ultime hanno svolto e continuano a svolgere nella diffusione del vino altoatesino in Italia e nel mondo: è questo l’obiettivo dei Vignaioli dell’Alto Adige (Freie Weinbauern Südtirol), associazione che ha il preciso scopo di promuovere i vini degli associati per dare loro quella visibilità che altrimenti non riuscirebbero ad avere (si tratta infatti di vini prodotti quasi sempre in piccole quantità, dalle 3.000 alle 6.000 bottiglie, ma in alcuni casi anche meno). Vini che descrivono i singoli territori allontanandosi da quella omologazione che è in qualche modo inevitabile nelle grandi produzioni.
I Vignaioli dell’Alto Adige, nata nel 1999, provengono da tutte le sottozone della regione: Bassa Atesina, Oltradige, Val d’Adige, Bolzano, Valle Isarco, Burgraviato, Val Venosta; 12 i membri fondatori, alla fine del ’99 i soci erano già 49 e attualmente sono 80 con previsione di un prossimo allargamento. Tanto per dare un’idea delle cifre, questi 80 associati coltivano in tutto 280 ettari di vigneto (il 6% della regione) producendo 1,5 milione di bottiglie l’anno (il 4% dell’intero Alto Adige). Questa discrepanza tra superficie vitata e produzione di bottiglie mette in rilievo un elemento fondamentale: rese per ettaro più basse della media regionale dato che assume ancor più valenza se si considera che i Vignaioli dell’Alto Adige commercializzano il 94% della propria produzione in bottiglie da 0,75 litri, a fronte del 49% di tutta la produzione altoatesina.
“Noi rappresentiamo - ha affermato Josephus Mayr, presidente dell’Associazione Vignaioli dell’Alto Adige - la terza faccia della produzione vinicola altoatesina, dopo le cantine sociali e i grandi produttori storici; il nostro motto è “fare vino con le proprie uve e proporlo in piena autonomia, per distinguersi e rilanciare la tipicità del vino alto Adige Doc”; il 91% della nostra produzione rientra nella Denominazione di Origine Controllata; vogliamo puntare soprattutto su due vitigni classici: il Pinot Bianco, meno “spettacolare” di altri vitigni come il Gewürztraminer o il Sylvaner ma in grado di dare vini di notevole freschezza e spessore, e la Schiava, che in certe zone va lentamente scomparendo ma che rappresenta la più schietta tradizione locale del vino da bere tutti i giorni”.
La degustazione (Hotel Westin Palace, Milano) ha confermato le potenzialità dell’Associazione Vignaioli dell’Alto Adige: 134 vini, standard qualitativo medio davvero notevole con punte di autentica eccellenza, nonché la messa in luce delle varie sfaccettature del territorio, dalle diverse declinazioni dei vitigni più diffusi alla riscoperta di vitigni poco noti come il Veltliner o il Bronner.
Francesco Beghi

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