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VINITALY (VERONA, 3/7 APRILE) - NEL MONDO SI BEVE PIÙ VINO … ITALIANO. IL MINOR CONSUMO IN ITALIA NON PREOCCUPA I VIGNAIOLI, CHE TROVANO NEL MONDO MERCATI IN ESPANSIONE, ANCHE PER LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE EXPORT-ORIENTED ... I DATI USA E ITALIA

Italia
Il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani

Nel mondo si beve sempre più vino italiano: alla diminuzione dei consumi interni di vino nel 2007, i produttori italiani rispondono con un incremento del 7,8% dell’export, che viene dopo un +6,5% del 2006; si tratta di quasi 3,5 miliardi di euro, per un ammontare di 19 milioni di ettolitri, con un sensibile aumento della qualità del prodotto esportato, visto il prezzo medio in crescita del 6,4% sul 2006.
“È la dimostrazione della capacità dei vitivinicoltori italiani - spiega il direttore generale di Vinitaly, Giovanni Mantovani - di capire le tendenze e cogliere al volo le opportunità, perché fermarsi a guardare dentro ai propri confini nel mercato globalizzato non paga. Così, se in Italia si beve meno, nel resto del mondo, i consumi crescono al ritmo di 1,8 milioni di ettolitri l’anno, e mentre la Francia ha perso in un decennio 6 punti percentuali di mercato mondiale, l’Italia è riuscita a mantenere una quota del 18%, non lasciando spazio agli agguerriti competitor del Nuovo Mondo”.
Vinto anche il confronto con l’Australia sulla piazza americana, con oltre 2,5 milioni di ettolitri (+8% sul 2006) per un valore record di quasi 830 milioni di euro. In aumento l’export anche verso i Paesi emergenti, con +19% in quantità e +43% in valore per la Russia (283 mila hl per oltre 57,5 milioni di euro); +55% in valore in Cina e +35,5% a Hong Kong (quasi 15 e oltre 6,6 milioni di euro rispettivamente); +1,2% in Giappone (100,6 milioni di euro); + 13% in India (1,6 milioni di euro).
Ad esportare non sono solo le grandi aziende, ma anche quelle medio-piccole, che negli anni hanno saputo approfittare di tante opportunità che Vinitaly ha messo in campo per promuovere le produzioni verso buyers esteri, con il “Vinitaly World Tour”, ma anche quelle più innovative come il “matching on line” (ai trader stranieri, infatti, basta un click su www.vinitaly.com, per vedersi aprire un mondo di aziende espositrici anche piccole, con le quali avviare nuovi affari; si chiama “Buyer’s Club” ed è il servizio di “business one to one”).

L’Italia del Vino … fotografata in 15 numeri
Giro d’affari del mondo del vino italiano: 10.000 milioni di euro annui (fonte: Confagricoltura)
Occupati nella filiera-sistema vino: 1,2 milioni (stime: Università di Bologna)
Dimensioni del “Vigneto Italia”: 827.000 ettari (dati: Eurostat)
Export del vino italiano nel 2007: + 10,5% in valore e volume (sul 2006) pari a 3,3 miliardi di euro e 19 milioni di ettolitri (fonte: Ice)
Principali mercati e quote di esportazione del vino italiano: Stati Uniti 25,6%, Germania 23,4%, Regno Unito 12,5%, Svizzera 6,3%, Canada 5%, Giappone 3,2% (fonte: Rapporto Vinicolo Unioncamere 2007)
Peso del vino nel comparto agricoltura: è la prima voce dell’export agroalimentare italiano e la seconda voce per fatturato, equivalente al 9,7% sull’intero comparto agroalimentare (fonte: Federalimentare e Confagricoltura)
Produzione vendemmia 2007: 40,5 milioni di ettolitri (fonte: Assoenologi)
Vini a Denominazioni di Origine Controllata: 353 Vini a Denominazioni di Origine Controllata e Garantita: 36 Vini a Indicazione Geografica Tipica: 118 Consumo di vino pro capite in Italia: 48,2 litri
Quanti sono i turisti del vino: 3,5 milioni
Stima del fatturato dell’enoturismo: 2,5 miliardi di euro Vitigni più richiesti ai vivai: vitigni a bacca rossa (74%) nell’ordine: Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Merlot, Montepulciano
Consumo italiano di tappi di sughero: 1,5 miliardi di pezzi
Ricerca ed elaborazione dati a cura di www.winenews.it

L’export sostiene decisamente l’Italia del vino, ma il super-euro e una sostanziale stagnazione del mercato interno preoccupano comunque gli imprenditori. Gli scenari futuri che aspettano l’Italia del vino fra l’“ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione” in un’analisi di www.winenews.it
Il 2007 per il vino italiano si è chiuso con un bilancio nettamente positivo: le vendite sui mercati esteri hanno espresso performance lusinghiere, esenti, apparentemente, dalle difficoltà congiunturali dell’economia mondiale. Un’analisi del sito di comunicazione del vino www.winenews.it per Vinitaly 2008, evento di riferimento dell’enologia internazionale.
L’Italia nel 2007 ha esportato negli Stati Uniti (secondo i dati dell’Italian Wine & Food Institute), 2.317.210 ettolitri di vino per un controvalore di 1,13 miliardi, contro i 2.114.560 ettolitri per 1,03 miliardi del 2006, con un prezzo medio per litro di 4,86 dollari. L’Italia ha chiuso il 2007 con + 9% in quantità e valore, mentre l’Australia ha fatto segnare una diminuzione in quantità del 3,5% a fronte di un piccolo aumento in valore del 3,2%. Un fatto ancor più significativo se di considera che l’Italia ha dovuto affrontare più difficoltà rispetto agli australiani, soprattutto legate alla forza dell’euro sul dollaro, che ha ridotto la competitività dei produttori del Belpaese. Buone notizie anche dai mercati cosiddetti emergenti. Secondo i dati dell’Ice (Istituto Italiano per il Commercio Estero) il termometro della domanda dei vini italiani nel Far East, nel 2007, è volta al quadrante positivo: Corea del Sud +97%, Cina +62%,Thailandia +58%, Singapore +43%, Malaysia +21%, Giappone +6%, con tassi d’incremento ampiamente superiori alla crescita media e volumi prossimi ai 19 milioni di ettolitri per un controvalore prossimo ai 3,3 miliardi di euro.
Nella conquista dei mercati dell’Estremo Oriente i primi ad arrivare sono inevitabilmente i francesi, ma dopo la prima ondata di frenesia per i loro prodotti, arriviamo noi. Il nostro modo di porci su quei mercati è più moderno e dinamico e la nostra distribuzione dei vini è profondamente differente da quella francese: sappiamo essere più vicini ai nostri clienti. Anche in Europa l’export del vino italiano è decisamente in salute. L’import tedesco di vino italiano ha segnato, nel 2007, un aumento del 17%, con una quota di mercato del 36,2% che pone l’Italia come il primo Paese esportatore di vino in Germania (dati Ice).
Purtroppo a questa situazione estremamente positiva si contrappone un quadro non del tutto confortante.
Due soprattutto i nodi problematici da affrontare. Da una parte la debolezza del dollaro e dall’altra la situazione del mercato interno che resta sostanzialmente stagnante. La debolezza del dollaro, per adesso, non sembra impensierire il trend positivo dell’export vinicolo italiano, ma, evidentemente, una svalutazione annua del cambio, che negli ultimi mesi ha superato il 10%, è destinata necessariamente ad incidere sui flussi dell’esportazione. Il vino italiano, insomma, per quanto forte sia sul mercato a stelle e strisce, farà necessariamente più fatica e il “ricco” mercato americano perderà un po’ del suo storico appeal. La partita si giocherà sul delicato fronte del prezzo e costringerà gli imprenditori vitivinicoli italiani a due difficili opzioni: aumentare i prezzi, rischiando di perdere quote di mercato negli Stati Uniti, oppure mantenere i prezzi invariati, “stringendo la cinghia” in attesa di tempi migliori.
Anche per quanto riguarda il mercato interno, il futuro sembra abbastanza incerto. È in atto una decisa contrazione nei consumi alimentari, in cui il vino scende addirittura dell’8,4%. Ma già la condizione del mercato italiano denunciava una certa fatica, una stagnazione, genericamente a “macchia di leopardo”, ma di sensibile portata. La vendita al dettaglio, secondo l’Osservatorio Ismea-Nielsen 2007, segnano nel confronto con il 2006 un -6,5% in volume e un -2% sul valore. Ma l’“ottimismo della volontà” degli imprenditori del vino, finisce per sconfiggere il “pessimismo della ragione”. Secondo il Rapporto vinicolo di Unioncamere 2007 le previsioni per il triennio 2006-2008 sono, incoraggianti e il mondo imprenditoriale del vino italiano “pensa positivo”, prevedendo un incremento di fatturato del 15%.
E gli imprenditori del vino individuano nella modifica del mercato di vendita una scelta organizzativa prioritaria e necessaria. Per crescere in un mercato sempre più concorrenziale occorre puntare, oltre che sul brand, su un rafforzamento della rete distributiva e sullo scoring di nuovi mercati. Nel recente passato, a parte il mercato nazionale, è stato il mercato comunitario insieme a quello statunitense oggetto di un’attenta politica di commercializzazione. Nel prossimo futuro però questi mercati sembrano perdere di importanza, a vantaggio non solo dei mercati europei extra-Ue ma soprattutto di quelli asiatici. E occorre pensare a questi mercati come a quelli del futuro, concentrando gli sforzi sulla loro conquista. Il fatturato delle aziende vitivinicole è sostanzialmente aumentato nell’ultimo triennio, in molti casi anche in misura consistente e la domanda internazionale di vino italiano sembra restare solida. Le positive previsioni sono, ovviamente, giustificate anche da una strategia commerciale che le imprese leader hanno enormemente sviluppato, specie per quanto riguarda la rete distributiva.
La competizione si fonda, quindi, su un duplice equilibrio basato non solo sulla qualità del prodotto ma soprattutto sulla capacità di venderlo. Non solo attenzione massima ai comportamenti di acquisto dei consumatori ma anche all’analisi del grado di soddisfazione della domanda, a cui si affianca il monitoraggio delle strategie poste in essere dalle aziende competitor. Siamo sicuri che sia così? Probabilmente rispetto alla media delle aziende italiane sì. Ma se allarghiamo il campo all’analisi di quelle dei principali paesi competitor, Francia, Stati Uniti, Australia, etc, le aziende italiane potrebbero risultare tutt’altro che organizzate e strutturate in modo così moderno.

L’andamento del mercato - Jacopo Biondi Santi, Lodovico Antinori, Michel Bernetti, Marco Caprai: i commenti
- “Questo successo negli Usa - dichiara Jacopo Biondi Santi, chairman dell’Italian Wine & Food Istitute, e proprietario del Castello di Montepò una delle aziende di riferimento della Maremma enoica - è che l’Italia ha chiuso il 2007 con + 9% in quantità e valore, mentre l’Australia ha fatto segnare una diminuzione in quantità del 3,5% a fronte di un piccolo aumento in valore del 3,2%. Un fatto ancor più significativo se di considera che l’Italia ha dovuto affrontare più difficoltà degli australiani, soprattutto legate alla forza dell’euro sul dollaro, che ha ridotto la competitività dei produttori del Belpaese”.
- Lodovico Antinori, alla guida della Tenuta di Biserno: “nella conquista dei mercati dell’Estremo Oriente i primi ad arrivare sono inevitabilmente i francesi, ma dopo la prima ondata di frenesia per i loro prodotti, arriviamo noi. Il nostro modo di porci su quei mercati è più moderno e dinamico e la nostra distribuzione dei vini è profondamente differente da quella francese: sappiamo essere più vicini ai nostri clienti. Ma bisogna saper guardare alle novità, per esempio, Macao si appresta a diventare la capitale mondiale del gioco d’azzardo superando Las Vegas, che notoriamente rappresenta un luogo di vendita per il vino assolutamente importante”.
- “Il mercato internazionale, in questo momento, attraversa - spiega Michele Bernetti di Umani Ronchi, una delle realtà più grandi e importanti delle Marche, con 230 ettari vitati e un fatturato che nel 2007 ha toccato 11 milioni di euro - un momento di sostanziale stabilità. Se da un lato ci sono Paesi come gli Stati Uniti che risentono fortemente del fenomeno super-euro, dall’altro ce ne sono altri che dimostrano un crescente interesse per il vino made in Italy”. Umani Ronchi esporta il 75% della propria produzione, toccando 50 Paesi nel mondo, in particolare Gran Bretagna, Usa, Canada e Giappone. “Per quanto riguarda il mercato interno - aggiunge Michele Bernetti - assistiamo come è noto ad un lento ma progressivo contrarsi dei consumi di vino, anche se va sottolineato come nota positiva che i consumatori sono sempre più consapevoli e attenti alla qualità di ciò che bevono”.
- “E’ molto importante essere il più possibile aperti al nuovo - commenta Marco Caprai, leader dell’azienda che ha lanciato il Sagrantino fra le stelle enologiche mondiali - Spesso noi italiani pecchiamo di provincialismo e non osservando cosa succede di nuovo nel mondo, perdiamo la grande chance di imparare dai nostri competitor. Per quanto riguarda le strategie di marketing, comunicazione e distribuzione del prodotto, siamo ancora indietro; dobbiamo aggiornare il sistema, combattere i nostri concorrenti con le armi sofisticate che loro stessi adottano. Abbiamo un prodotto straordinario e non possiamo permettere che vada perso per incompetenza e inadeguatezza dell’imprenditoria nazionale”.

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