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ECCO LE STRATEGIE DEI VINI DELL’ISOLA DI PANTELLERIA PER FRONTEGGIARE LA DIMINUZIONE DEGLI ETTARI VITATI, CHE POTREBBE METTERE A RISCHIO LA PRODUZIONE ENOLOGICA PANTESCA. I PRODUTTORI: “EMERGE FORTE L’ESIGENZA DI FARE SISTEMA ...”

Italia
A rischio il Passito di Pantelleria?

“L’isola di Pantelleria senza i suoi vigneti rischia di perdere la sua identità. L’esigenza di fare “sistema” emerge più che mai in tutta la sua evidenza soprattutto in quest’isola, nella quale l’agricoltura determina il profilo fortemente antropico del paesaggio (unico nel suo genere grazie ai 7.000 chilometri di muretti a secco eretti per delimitare i terrazzamenti e alle conche scavate nel terreno attorno ad ogni singola pianta di vite) che offre alla vista uno spettacolo impareggiabile”. Con questo accorato appello a tornare alla terra, Pippo Lo Re, presidente del Consorzio volontario per la tutela e valorizzazione dei vini Doc dell’Isola di Pantelleria, ha introdotto due incontri a Pantelleria, nei giorni scorsi, di fronte alla contrazione degli ettari vitati nell’isola.
Il trend è preoccupante: dai 4.000 ettari vitati degli anni Ottanta si passa agli attuali 700, con una conseguente diminuzione della produzione. Dai 200.000 quintali degli anni Ottanta si è scesi ai 45.000 del 2006; nel 2007, causa la peronospora, la produzione scende ulteriormente, fino a raggiungere i minimi storici: solo 25.000 i quintali di uva raccolta. Fattori molteplici e di varia natura hanno concorso a determinare l’attuale condizione dell’agricoltura dell’isola, che per l’85% è basata sulla produzione vitivinicola. La viticoltura eroica, lo scarsissimo ricambio generazionale nella gestione dei vigneti, il frazionamento dei campi, il prezzo dell’uva e i consistenti investimenti che un sempre più urgente bisogno di modernizzazione delle tecniche di coltivazione richiede, costituiscono i principali deterrenti al mantenimento e potenziamento dei vigneti sull’isola.
Il Consorzio ha, però, lanciato un progetto a medio lungo termine “Per la vite e il vino di Pantelleria”, che vede coinvolgere in primo luogo i piccoli proprietari terrieri e coltivatori. Per la prima volta il Consorzio, composto per lo più dai trasformatori e imbottigliatori del prodotto, chiede agli agricoltori di prendere in considerazione l’opportunità di aggregarsi in maniera da acquistare maggior forza contrattuale per ottenere agevolazioni strutturali ed economiche, indispensabili per la sopravvivenza e il rilancio del settore. Il Consorzio - che chiederà una quota di adesione gratuita o simbolica - amplificherà i vantaggi per gli agricoltori che ne saranno soci: assistenza tecnica e consulenza da parte di esperti resi disponibili dal Consorzio stesso; utilizzo di strutture e mezzi che saranno acquistati e assegnati alla fruizione dei consorziati.
Quali i vantaggi? Completare la filiera, acquistare maggiore rappresentanza e fare sistema attraverso lo stesso diritto di cittadinanza per chi produce la materia prima e per chi la trasforma: sì da determinare una più consistente ed equa redistribuzione sull’isola dei valori aggiunti. Perché, evidentemente, senza agricoltori che coltivano le vigne, alle aziende non arriverà più la materia prima da vinificare e da vendere.
L’agricoltura contribuisce, attualmente, in misura consistente a determinare il Pil dell’isola: sui dati ultimi di vendita relativi al 2006, si calcola che con l’uva pagata ai prezzi che le aziende consorziate riconoscono (100 euro a quintale), il fatturato annuo complessivo è stato di circa 4.500.000 euro: che si traduce in una redistribuzione pro-capite di 500 euro per abitante. Risorsa non marginale, dunque, che si aggiunge alle altre fonti di reddito dei cittadini dell’isola. Ben sapendo che il solo turismo non può bastare a Pantelleria.
Il Consorzio si è, tra l’altro, reso recentemente promotore di una proposta di parziale modifica del disciplinare, che consiste nell’adeguamento alla realtà produttiva delle rese dell’uva fresca in vino, relativamente alle sole tipologie liquorose. La qualità ottimale del prodotto finito dipende prevalentemente dal trattamento riservato alle bucce dell’uva zibibbo: se le si sottopone ad una corretta macerazione con successiva pressatura soffice, da cui risulti una resa - anzichè del 50% come in atto dissipatamente previsto - di almeno il 70% (come avviene per le uve moscato la cui vinificazione è destinata a produrre l’Asti.), ne deriverà il miglioramento qualitativo del Moscato e del Passito liquoroso. Ed è proprio quello che il Consorzio, nella specie, si prefigge di ottenere.

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