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“TERRE ALTE DI BRISIGHELLA”: AL VIA IL PRIMO PROGETTO DI ZONAZIONE “DOPPIA” VITIVINICOLA E OLEARIA. “POCHE IN ITALIA LE ZONAZIONI E SPESSO SOLTANTO CON MERA FUNZIONE DI COMUNICAZIONE”, SPIEGA LEONARDO VALENTI (UNIVERSITÀ DI MILANO)

Italia
I vigneti di Bolgheri

E’ il primo progetto di zonazione “doppia” per gli areali di produzione vitivinicola e olearia ed arriva dalle “Terre Alte di Brisighella”. Il coordinatore è il professor Leonardo Valenti dell’Università di Milano che spiega “il caso di Brisighella (l’analisi dei primi risultati di scena a Brisighella, il 20 gennaio, ndr) è molto interessante perché, primo esempio in Italia, predispone una zonazione “doppia” sia per la produzione di vino sia per quella di olio. La zonazione è uno strumento di grandissima importanza - continua Valenti - specie ai giorni d’oggi dove veramente siamo orientati verso i particolari, i dettagli più minuti, capaci però di cambiare e differenziare tutta una produzione”.

“Il progetto di zonazione di Brisighella è partito nel 2007, impostando il lavoro di ricerca sulla interdisciplinarietà - spiega Valenti - con la consapevolezza che non basta cambiare portinnesto o clone o varietà per fare qualità in uno specifico territorio ma affrontare il problema in modo complessivo. La produzione viticola e olearia, infatti, esige oggi modelli innovativi, in cui l’ottimizzazione del rapporto tra pianta e ambiente, cioè la scelta delle condizioni pedoclimatiche e colturali che le consentono di manifestare appieno le proprie potenzialità, diventano assolutamente necessarie. L’approfondimento di tale rapporto trova giustificazione nella necessità economica e sociale di localizzare viticoltura e olivicoltura in aree di sicura vocazione e nella convinzione che vi siano pochi vitigni in grado di adattarsi e di esprimere le loro caratteristiche dando dei vini di riconoscibilità specifica che il consumatore identifichi come tipici di quella zona. È il concetto di vocazionalità ambientale che viene ottenuta facendo interagire le informazioni climatiche, topografiche, pedologiche ed agronomiche.

“Pochi in Italia hanno capito l’importanza strategica della zonazione - prosegue il docente di viticoltura - considerandola molto spesso un semplice veicolo per la promozione, dimenticando la sua effettiva funzione di strumento di programmazione di un territorio e delle aziende che in quella terra lavorano”.

Gli esempi di zonazione in Italia sono, inoltre, abbastanza “rari e si dividono in due categorie - spiega Valenti - da una parte le zonazioni territoriali come nel caso di Bolgheri, Barolo e Montepulciano, solo per fare esempi, e dall’altra quelle aziendali, come nel caso di Caprai in Umbria a Montefalco o della Cantina La Vis in Trentino, sempre per fare esempi concreti; in questo secondo caso, il loro utilizzo è stato di certo più immediatamente operativo, rappresentando uno dei mezzi più potenti per comprendere la potenzialità di una azienda”.

La storia della zonazione in Italia è ancora giovane i primi tentativi si possono far risalire al Ratti tra gli anni 50’ e 60’, nella zona del Barolo. L’Università di Milano, invece, ha cominciato agli inizi degli anni 80’ con il progetto di zonazione dell’Oltrepo Pavese - continua Valenti - guardando anche all’esperienza francese per comprendere i motivi per cui un territorio si differenzia da un altro e orientare così le scelte su cosa fare e dove farlo, che è poi il senso più forte della zonazione. Credo che sia necessaria una revisione critica della zonazione restituendo o, finalmente, attribuendo a questo strumento uno spazio nella normalità della programmazione di un’azienda o di un intero territorio”.


Focus - La zonazione vitivinicola di Brisighella nel dettaglio

Nell’area di Brisighella sono stati individuati 53 vigneti, 38 di Sangiovese e 15 di Albana, scelti perché rappresentativi e situati in sottozone geografiche diverse a seconda delle condizioni pedologiche, climatiche e ambientali. Su questi vigneti sono stati effettuati i rilievi per la determinazione delle caratteristiche quanti qualitativi nella fase di maturazione delle uve, in quella vendemmiale e infine in potatura. Su 30 siti è stata fatta anche la vinificazione delle uve seguendo un protocollo standard in modo da far emergere le differenze territoriali e non delle tecniche di vinificazione. Sui vini ottenuti dalle microvinificazioni si sono eseguite le analisi enologiche e l’analisi sensoriale.

A livello geologico nell’area sono state identificate, le seguenti formazioni:

- aree terrazzate di fondovalle, costituite da alluvioni Quaternarie; interessano circa l’11% dell’areale;

- formazione delle Argille Azzurre (Faa - Pliocene) site a Nord, interessano circa l’ 8% dell’areale; la litologia prevalente si compone di peliti azzurrastre, da cui il nome della Formazione;

- formazione dei Gessi (Ges - Messiniano), localizzata principalmente a Nord-Ovest, comprende circa il 6% dell’areale; composta soprattutto da gessi microcristallini, con frequenti intercalazioni di litologie più argillose;

- formazione Marnosa-Arenacea (Fma - Miocene). Comprende la totalità del territorio rimanente, giungendo a totalizzare quasi un 75% ed è costituita da diversi Membri che si differenziano principalmente per il diverso rapporto marna/arenaria. Dal punto di vista paesaggistico vengono distinte una Marnosa-Arenacea di alta collina e una di montagna.

I rilievi fenologici al germogliamento e alla fioritura per la varietà Albana hanno evidenziato una certa similitudine tra i siti con solamente due siti in netto ritardo rispetto agli altri. Per il Sangiovese la variabilità è maggiore con i siti più alti ed esposti a nord in netto ritardo rispetto agli altri. Il rilievo in invaiatura per l’Albana ha confermato un’invaiatura posticipata nei due siti sopra citati mentre una notevole similitudine tra gli altri. Per il Sangiovese alla medesima data i due terzi dei siti si trovavano con un’invaiatura avanzata mentre il rimanente terzo, tutti in suoli marnoso arenaceo ma con altitudini maggiori o esposti a nord, risulta più tardivo.

Delle cinque fasi vendemmiali in cui si sono raccolti Sangiovese e Albana, si può osservare che la vendemmia dei siti di Albana è stata praticamente fatta in due volte: nella prima si sono raccolti i siti più precoci mentre nella seconda volta quelli più tardivi. La vendemmia del Sangiovese, a causa della maggior tardività della cultivar e variabilità degli ambienti, è avvenuta in più fasi e successivamente.

Nelle curve di maturazione dell’Albana vi è una notevole variabilità dei siti per quanto riguarda i solidi solubili già nella prima data di campionamento. La forbice tra i siti aumenta ulteriormente col proseguo della maturazione fino ad arrivare alla data della prima vendemmia con una differenza di anche 5 gradi alcool potenziale tra quelli pronti per la raccolta e quelli più tardivi. L’andamento dell’accumulo zuccherino è avvenuto a fasi alterne: con grande accumulo in certe settimane e con una stasi o crescita più dolce in altre. Anche per quanto riguarda il Sangiovese si può notare l’estrema variabilità tra i siti nell’accumulo zuccherino. I 38 siti di Sangiovese, prendendo in considerazione l’accumulo zuccherino come parametro discriminante, possono essere divisi in tre grandi gruppi: quelli più precoci situati in duoli di origine pliocenica, ben esposti e ad altitudine intermedia, quelli medi e quelli tardivi situati in fondovalle o ad altitudini più elevate e con esposizioni a volte non ottimali.

Tra i vari dati vegetoproduttivi raccolti, sia l’Albana che il Sangiovese si caratterizzano per avere un peso medio dei grappoli consono alle varietà. Diverso invece il range di variabilità con il Sangiovese che ha un peso medio del grappolo più variabile rispetto all’Albana. Non sembra comunque esserci una correlazione netta tra le variabile peso del grappolo e le variabili ambientali. La valutazione dei solidi solubili, del pH e dell’acidità titolabile dell’Albana alla vendemmia denota come sia una varietà con un elevato accumulo zuccherino e con un elevata acidità titolabile. Allargando l’osservazione ai singoli siti si notano alcuni siti marnoso arenacei con un elevato accumulo zuccherino, con acidità più bassa della media ma con un pH che è possibile ancora definire basso. Altri siti ad altitudini più elevate hanno valori di solidi solubili inferiori, un’acidità titolabile elevata ed infine un pH molto basso. Dalla valutazione degli zuccheri dei 38 siti di Sangiovese si nota che questa varietà accumula meno solidi solubili rispetto all’Albana e in maniera più graduale. Quasi tutti i siti, se si lascia il tempo necessario alla maturazione, arrivano ad avere una gradazione zuccherina adeguata. I siti con accumulo zuccherino mediamente maggiore sono risultati quelli in suoli di origine pliocenica o marnoso arenacei ma con buona esposizione e media altitudine. Il pH ha una variabilità maggiore rispetto all’Albana e in particolare nei siti di fondovalle si denota un pH elevato e sopra la media. Infine, l’acidità titolabile media è da considerarsi media o medio bassa a causa dell’andamento stagionale siccitoso con i siti più tardivi che sono stati maggiormente penalizzati per questa variabile. Per il Sangiovese si sono analizzati anche i dati sui polifenoli e antociani totali dei 20 siti più importanti. Il valore medio degli antociani totali è superiore ai valori medi della varietà, indice che il territorio di Brisighella può dare uve Sangiovese con contenuti antocianici adeguati a fare vini con un ottima colorazione. Lo stesso vale per i polifenoli totali: si ottengono uve con una concentrazione di polifenoli totali superiore a quella di molte altre zone della Romagna e del’intero centro Italia. All’interno degli areali indagati si nota comunque una certa variabilità per entrambi i parametri: Osservando i singoli dati sia di polifenoli sia di antociani totali, emergono siti in suoli pliocenici o marnoso arenacei con altitudine intermedia (circa 280 metri slm) che denotano una generosa dotazione di questi composti; altri con altitudine più elevata ma buona esposizione con un buon contenuto di polifenoli ma un medio contenuto di antociani totali. Infine si notano siti con una scarsa dotazione polifenolica e antocianica provenienti da suoli di fondovalle o in marnoso arenacee in posizioni non qualitative.

Dalle 10 microvinificazioni di Albana si può notare un elevato tenore zuccherino accompagnato da un’altrettanta elevata acidità totale e un basso pH. Una maggiore variabilità si nota nelle 20 vinificazioni di Sangiovese dove a una gradazione zuccherina comunque elevata non corrisponde sempre una acidità totale altrettanto elevata. Nel Sangiovese si nota maggiormente l’effetto del terroir: in suoli di fondovalle si ottengono vini di più pronta beva, in suoli di origine pliocenica abbiamo vini molto concentrati ricchi di polifenoli e antociani, in suoli marnoso arenacei la variabilità è maggiore e entrano in gioco anche le caratteristiche fisico chimiche del suolo, l’altitudine e l’esposizione. Nelle marnoso arenacee si possono quindi ottenere vini di pronta beva come anche vini più complessi destinati ad un lungo invecchiamento.

Relativamente ai risultati dell’annata 2007 si può concludere che l’areale di Brisighella dia origine ad un’elevata variabilità soprattutto per alcuni parametri presi in considerazione. I 15 siti di Albana e i 38 siti di Sangiovese si sono dimostrati fortemente differenziati, ognuno con delle proprie peculiarità. E’ probabile che le differenze riscontrate derivino dall’interazione multipla di diversi fattori: diverse condizioni pedoclimatiche in primis ma non è da escludere l’intervento antropico della gestione che, a prescindere della standardizzazione dei siti, ogni viticoltore porta avanti nel proprio vigneto con modalità e intensità diverse gli uni dagli altri.

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