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SHANGHAI: OLTRE 1 MILIONE I CURIOSI IN “EXPO ITALIA”. MA SE IL VINO “MADE IN ITALY” E’ CONSIDERATO UNO STATUS SYMBOL, LE ETICHETTE DEL BELPAESE SONO ANCORA POCO CONOSCIUTE DAI CINESI. FABIO CARLESI (ENOTECA ITALIANA): “FARE SCUOLA DI VINO ITALIANO”

Italia
Il ministro Urso, il presidente Ice Vattani, il direttore Enoteca Italiana Fabio Carlesi e il referente cinese Enoteca taliana, Yishang

L’identikit degli appassionati cinesi? Considerano il vino italiano un vero e proprio “status symbol”, ma sono ancora pochi coloro che conoscono davvero le etichette made in Italy. E tra l’alta qualità dei vini francesi e quella più bassa dei vini australiani, il vino italiano deve fare i conti anche con la forte produzione di vino locale a prezzi più bassi. Ma, tra i mercati del “far east”, quello cinese ha grandi potenzialità: all’Expo 2010 di Shanghai (fino al 31 ottobre), nel “Padiglione Italia”, tra gli oltre 190 Paesi di tutto il mondo presenti, ha attirato la curiosità di oltre 1 milione di visitatori, con l’originale parete di vini, con oltre 300 etichette selezionate da Enoteca Italiana, per presentare il meglio dell’Italia del vino, realizzata in collaborazione con la Triennale di Milano, che sta diventando un vero e proprio cult. “Fare scuola di vino italiano - sottolinea Fabio Carlesi, segretario generale di Enoteca Italiana - è la via da percorrere per il futuro”.

Questo perché in Cina le etichette del Belpaese, così come l’agroalimentare, non sono molto conosciute: negli ultimi anni, i volumi di vino italiano sono aumentati, ma sempre dietro ad altri grandi produttori, come i francesi per i vini di alta qualità e gli australiani per quelli di qualità più bassa. Grande è anche la produzione di vino locale, con circa 500 produttori di vino cinesi, e le fasce più larghe della popolazione, con minore disponibilità di reddito, che bevono soprattutto questi vini a prezzi bassi, insieme ai superalcolici. “La Cina ha altre tradizioni per le bevande alcoliche - prosegue Carlesi - i cinesi bevono soprattutto vino di riso, birra e tè. Il vino comincia ad essere conosciuto in alcune fasce, è un prodotto che viene apprezzato specialmente dai giovani, perché rappresenta uno stile di vita che è quello occidentale, molto imitato dal popolo cinese”.

Un mercato, quello cinese, dalle grandi potenzialità, ed a scoprire i vini è soprattutto la nuova classe media cinese: un’altra fascia di popolazione, giovani, impiegati, persone che hanno una maggiore capacità di spesa, che invece sceglie vini di importazione, considerati al pari di “status symbol”.

Secondo Assoenologi, l’associazione degli enologi italiani, nel 2009, sono stati esportati in Cina 200.000 ettolitri di vino per un valore di 30 milioni di euro, rispetto alle performances meno brillanti degli anni passati. E se c’è interesse per i vini made in Italy, l’Italia in Cina non ha un sistema di grande distribuzione che faciliterebbe la distribuzione dei prodotti. “Per questo - spiega Carlesi - bisogna fare attività di promozione di conoscenza del vino: a Shanghai, ad esempio, l’Enoteca Italiana ha costituito una società di diritto cinese per promuovere il vino italiano: la sua mission è quella di fare scuola di vino italiano per far conoscere agli appassionati e agli operatori del settore questo nostro importante prodotto. Imporsi definitivamente nel mercato cinese - conclude Carlesi - significherebbe un’opportunità enorme. Quando parliamo di nuovi mercati, guardiamo soprattutto a questi mercati cosiddetti del “far east” insieme ad altri, come il Brasile, dove va concentrata la nostra attenzione, perché esprimono grandi potenzialità. Gli appassionati di vino italiano in Cina sono per il momento un numero ristretto, ma che si sta allargando, perché un altro mito è la cucina made in Italy, principale veicolo per la diffusione dei nostri vini”.

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