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LE CITTA’ DEL VINO SI SCHIERANO CONTRO I TAGLI DELLE RISORSE AI COMUNI ITALIANI PER LA PROMOZIONE DEI PROPRI TERRITORI, DECISA DALLA FINANZIARIA 2010

I territori del vino italiani si schierano contro i tagli delle risorse decisi dalla Finanziaria 2010, che, tra le funzioni fondamentali dei comuni, esclude la promozione dello sviluppo della propria comunità, trasformandoli in organismi destinati a dover unicamente gestire i tagli della spesa pubblica, anziché la valorizzazione dei propri territori. A dirlo, sono il presidente delle Città del Vino Giampaolo Pioli ed il vice-presidente dell’associazione, che riunisce 600 comuni ad alta vocazione vitivinicola in tutta Italia, Fabrizio Montepara, unendosi all’allarme lanciato da Res Tipica, l’associazione delle “Città di Identità”, che rappresenta oltre 2.000 comuni, tra Città dell’Olio, del Bio, del Pane, del Tabacco, del Castagno, I Borghi più Belli d’Italia, e molte altre città custodi delle produzioni di qualità e del patrimonio rurale, simboli del made in Italy nel mondo e alla base del turismo, voce fondamentale dell’economia italiana.

Le Città del Vino appoggiano Res Tipica che chiede di modificare sia il Ddl Calderoli e la Legge Finanziaria 2010, per le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, in contrasto con quanto previsto dal Testo Unico, sia di rivedere le modalità di applicazione del Patto di Stabilità, con l’eliminazione degli “enti virtuosi” che hanno i conti in ordine. Per le Città del Vino “la promozione dei territori rurali e delle eccellenze che in questi si producono è uno strumento reale di azione a favore delle economie locali per la sostenibilità e la coesione sociale: toglierla ai comuni è un grave azzardo. Così come, se non si modifica il Patto di Stabilità, aumentando la soglia dell’esenzione e l’eliminazione per quegli “enti virtuosi”, sarà difficile imprimere impulsi positivi alle economie locali”. Il rischio più evidente è quello di forti ripercussioni in particolare sulle realtà più piccole (l’80% dei comuni in Italia, con meno di 5.000 abitanti) e sui loro territori rurali, e quindi sulla produzione agricola di qualità che sta alla base del made in Italy.

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