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PIERO ANTINORI, A CAPO DELL’ISTITUTO GRANDI MARCHI: “IL VINO ITALIANO IN CINA FERMO AL QUINTO POSTO. SERVE UNA SVOLTA CHE PARTA ANCHE DALL’ABBINAMENTO CON LA CUCINA CINESE”

Italia
Piero Antinori

“Da anni si parla di Cina quale mercato emergente per il vino italiano, ma il suo approdo ancora non c’è e oggi rischia di essere respinto da competitor molto più agguerriti di noi, pronti a spartirsi un mercato da un miliardo di litri l’anno”. Così Piero Antinori, presidente dell’Istituto Grandi Marchi - l’associazione che riunisce le 17 firme simbolo del made in Italy in bottiglia: Biondi Santi, Chiarlo, Tenuta San Guido, Ca’ del Bosco, Umani Ronchi, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Donnafugata, Marchesi Antinori, Tasca d’Almerita … - in avvio del tour asiatico del gruppo (Hong Kong e Tokyo, 23-25 novembre), tutto declinato alla formazione e alla divulgazione della “diversità enologica italiana”.

“Oggi – ha proseguito Antinori - ogni 100 bottiglie di vino provenienti dall’estero solo 5 portano l’etichetta italiana: troppo poco per un protagonista assoluto come il nostro Paese. Per questo serve maggior presenza del nostro made in Italy in Cina e a Hong Kong, non ultimo nella cultura gastronomica cinese, che si adatta perfettamente alla grande varietà del vino italiano”.

Per Hong Kong, hub principale per la distribuzione del vino in Asia, la quota di mercato detenuta dall’Italia si abbassa ulteriormente. Nel 2009, l’Hong Kong Statistics & Census Department (HKTDC) collocava il vino italiano in settima posizione, con una quota di penetrazione del 2,3%, ben lontana dal 33% della Gran Bretagna (che distribuisce perlopiù vino francese) o dal 31% della Francia e da altri Paesi del cosiddetto “nuovo mondo” quali Australia, Usa, Cile e Svizzera.

“Gli incrementi, quindi, registrati nel 2010, seppure incoraggianti, non possono farci - ha proseguito Antinori - gridare vittoria. Hong Kong, oltre 7 milioni di abitanti, si conferma piazza strategica per una politica commerciale di posizionamento, ha concluso il presidente dei Grandi Marchi, ma non esaurisce il mercato del vino italiano in Cina, dove non è possibile applicare il paradigma europeo “un piatto, un vino”. Per questo serve una nuova strategia di marketing culturale. In futuro, la sfida del consolidamento si giocherà tutta a tavola dove la parola d’ordine è abbinamento”.

E il vino italiano ha tutte le carte in regola per giocare la partita del gusto non solo sulle tavole dei ristoranti ma soprattutto su quelle dei cinesi. Versatilità, varietà e qualità sono le tre chiavi del successo del vino italiano per un perfetto abbinamento con le “scuole” di cucina cinese (se ne contano almeno dieci di riferimento sulle quali si innestano poi le consuetudini culinarie regionali e locali) che abbracciano tutta la tradizione millenaria della gastronomia di questo Paese.

La tappa in Asia dell’Istituto Grandi Marchi proseguirà a Tokyo in Ambasciata italiana (25 novembre), dove le 17 “cantine icona” del vino italiano metteranno in scena “The diversity of Italy”. Il tour si concluderà il 26 novembre con un walk around tasting in “Simply Italian - Great Wines Japan” 2010 ed una degustazione abbinata ai piatti della cucina giapponese.

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