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ETICHETTATURA: ORIGINE È LEGGE, OK UNANIME DELLA CAMERA. COLDIRETTI: SENZA PERSI 5 MILIARDI. CIA: SI RECUPERANO 13 MILIONI DI EURO AL GIORNO, SI TUTELANO CONSUMATORI. CONFAGRICOLTURA E FEDERCONSUMATORI: ORA DECRETI. E IL PARERE DELL’UNIONE EUROPEA

Alla fine il “D-Day” è arrivato: dopo più di due anni (molti di più, per la “battaglia trasparenza in tavola” delle organizzazioni agricole) e un percorso accelerato “bipartisan”, la Commissione Agricoltura della Camera ha varato definitivamente all’unanimità in sede legislativa il ddl sull’etichettatura che rende obbligatoria l’indicazione dell’origine sui prodotti alimentari, che avrà ripercussioni importanti nel mercato interno ed a livello europeo, sempre che l’Unione Europea, competente in materia, non si opponga. E se la Coldiretti - oggi in piazza Montecitorio a Roma per festeggiare con una maxi-salsiccia di 100 metri di carne italiana - stima che la sua mancanza è costata 5 miliardi di euro di perdite dovute alle psicosi generate nei consumi dagli allarmi sanitari come quello scoppiato in Germania, ora, secondo la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori, “il sistema agroalimentare italiano recupera 13 milioni di euro al giorno, si tutelano consumatori e agricoltori, si contrastano le emergenze e si pone un forte baluardo all’agropirateria e alle frodi che solo all’agricoltura nazionale fanno perdere circa 2 miliardi di euro l’anno. Il made in Italy si riappropria di un valore economico ingiustamente sottratto e l’Italia sarà il primo paese in Europa ad avere un’etichettatura chiara per tutti i prodotti”. E mentre ora, sottolinea Confagricoltura, “saranno importanti i decreti attuattivi”, tutti d’accordo - anche Fedagri, Copagri e Uila-Uil - sul fatto che, come dice Federconsumatori, “bisognerà accompagnare con saggezza ed intelligenza questo importante provvedimento per evitare che siano frapposti ad esso ostacoli, o rallentamenti, da parte della Commissione Europea”.

Secondo la Coldiretti, se l’emergenza mucca pazza ha portato l’obbligo di indicare in etichetta l’origine della carne bovina nel 2002 e l’aviaria nel 2005 quella della carne di pollo, per arrivare all’estensione per legge a tutti i prodotti alimentari ci sono voluti oltre 10 anni (risale al 13 gennaio 2001 il primo caso di mucca pazza). “Si tratta - sottolinea il presidente Sergio Marini - di una misura importante per la sicurezza alimentare con il moltiplicarsi di emergenze sanitarie che si diffondono rapidamente in tutto il mondo per effetto degli scambi, come nel caso del latte alla melamina proveniente dalla Cina o l’olio di girasole dall’Ucraina”. E l’attenzione all’origine del prodotto è evidenziata dal fatto che ben il 97% degli italiani ritiene che dovrebbe essere sempre indicato il luogo di allevamento o coltivazione dei prodotti contenuti negli alimenti, secondo l’indagine Coldiretti/Swg. Del resto, per la Coldiretti, “l’etichettatura si è confermata anche nell’emergenza diossina dalla Germania come uno strumento di rassicurazione importante nell’evitare un effetto psicosi nei consumi come si era già dimostrata efficace nei precedenti allarmi sanitari sulla mucca pazza per la carne bovina e per l’aviaria in quella di pollo, con i consumi che si sono ripresi solo dopo l’introduzione dell’obbligo di indicare la provenienza in etichetta”. Uova, carne di pollo, latte fresco infatti, rileva la Coldiretti, non hanno risentito di un calo negli acquisti a differenza dei salumi, mozzarelle, carne di maiale e dei formaggi, per i quali l’etichettatura non era obbligatoria. Infatti “era pieno di contraddizione il quadro normativo sull’indicazione in etichetta l’origine degli alimenti che era obbligatorio - spiega la Coldiretti - per il latte fresco, ma non per quello a lunga conservazione, per la carne bovina e di pollo e non per quella di coniglio e di maiale, per la frutta fresca, ma non per quella trasformata o per i succhi. Circa la metà della spesa rimaneva anonima nonostante il pressing della Coldiretti avesse portato all’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca, dal 1 gennaio 2002 per la carne bovina sotto l’effetto mucca pazza, all’arrivo dal primo gennaio 2004 del codice di identificazione per le uova, all’obbligo di indicare in etichetta, a partire dal primo agosto 2004 il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, dall’obbligo scattato il 7 giugno 2005 di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco, all’etichetta del pollo made in Italy per effetto dell’influenza aviaria dal 17 ottobre 2005, all’etichettatura di origine per la passata di pomodoro a partire dal 1 gennaio 2008 che è divenuta obbligatoria dal 1 luglio 2009 anche per l’extravergine di oliva”.

“L’indicazione di origine dei prodotti agroalimentari - sottolinea il presidente della Cia Giuseppe Politi - è un passaggio significativo. Essa è una vera garanzia. Il disegno di legge rappresenta una prima importante risposta alle esigenze espresse più volte dal mondo agricolo italiano. In questo modo si completa un deciso passo avanti nell’azione per far sì che l’etichetta d’origine divenga una realtà per tutti i prodotti agroalimentari. Si permette di riconoscere la provenienza e si salvaguardia l’agricoltura di qualità. Cosa che, del resto, già avviene per alcuni importanti prodotti, quali la carne bovina, il pollame, il latte fresco, le uova, gli ortofrutticoli freschi, il miele, i vini e l’olio d’oliva”. Ma, ricorda Politi, “il problema ora si sposta a Bruxelles. In questa sede bisogna impegnarsi con la massima fermezza. Occorre far sì che la normativa, soprattutto per quello che concerne l’indicazione d’origine, venga totalmente recepita dall’Ue, evitando rischi di infrazione e lunghe querelle. E credo che, anche in seguito all’emergenza provocata dalla scoperta di diossina nei prodotti alimentari tedeschi, ci siano tutti i presupposti perché l’Europa riveda finalmente la sua posizione su questa delicata e complessa materia”. Nel sottolineare l’esigenza di rendere rapide le applicazioni previste dal provvedimento, in particolare la pronta emanazione dei decreti ministeriali, Politi ribadisce che un’etichettatura trasparente “è una scelta significativa per contrastare ogni tipo di falsificazione, rafforzare la politica di qualità, difendere la tipicità e rendere il settore agroalimentare made In Italy sempre più competitivo. Per comprendere l’importanza del provvedimento basta pensare ai danni che il sistema agroalimentare italiano subisce dal crescente assalto dell’agropirateria sui mercati internazionali. Dai prosciutti all’olio di oliva, dai formaggi ai vini, dai salumi agli ortofrutticoli è un susseguirsi di “falsi” e di “tarocchi”, che non ha conseguenze soltanto per le nostre Dop, Igp e Stg, che rappresentano la punta di diamante del made in Italy nel mondo, ma anche per tutti i prodotti tipici e di qualità che sono un patrimonio formidabile della nostra agricoltura. Nel mondo - ricorda Politi - l’agropirateria fatta alle spalle del made in Italy è ormai un business che sfiora i 60 miliardi di euro, praticamente poco meno della metà del fatturato del nostro agroalimentare. Solo negli Stati Uniti il giro d’affari relativo alle imitazioni dei formaggi italiani supera abbondantemente i 2 miliardi di dollari. Una situazione di estrema gravità: ci troviamo davanti ad un immenso supermarket del falso, dell’agro-scorretto, del bidone alimentare, del taroccamento. E la nuova legge sull’etichetta sicuramente contribuirà a contrastare un fenomeno che sta toccando livelli sempre più allarmanti”.

E ora, dice Confagricoltura, “saranno importanti i decreti interministeriali applicativi a cui sono state demandate le modalità ed i criteri per l’indicazione dell’origine, e che dovrà definire anche l’elenco dei prodotti da sottoporre all’etichettatura. Occorre poi - aggiunge l’Organizzazione degli imprenditori agricoli - maggiore chiarezza sui possibili effetti del provvedimento quanto al concetto di “prevalenza” della materia prima, la cui definizione è pure demandata ai successivi decreti. Un elemento che, paradossalmente, potrebbe, a certe condizioni, aumentare la confusione del consumatore anziché diminuirla”. Conclude Confagricoltura: “al di là della legge - che ora andrà armonizzata con la normativa in gestazione a Bruxelles - va sottolineato al consumatore che a livello europeo esiste da anni un “sistema di allerta rapido” per fronteggiare le emergenze come quella della diossina in Germania. Nasce con il regolamento comunitario 178/2002 e tra le principali innovazioni introduce l’obbligo per l’industria alimentare e dei mangimi della rintracciabilità degli alimenti durante tutte le fasi della filiera, “dalla terra alla tavola”. Una misura atta a permettere, in caso di emergenza, il ritiro dal mercato di tutti i lotti specifici a rischio. Insomma gli alimenti in vendita sono controllati, le eventuali anomalie possono essere immediatamente individuate. Il consumatore è garantito, non vede con i propri occhi la rete di sicurezza ma sa, dovrebbe sapere, che c’è”.

Focus - Così oggi è l’etichetta con l’origine sulle tavole degli italiani

I cibi con la “carta d’identità”

Carne di pollo e derivati

Carne bovina

Frutta e verdura fresche

Uova

Miele

Passata di pomodoro

Latte fresco

Vini

Extravergine di oliva

Pesce

E quelli che erano senza ...

Pasta

Carne di maiale e salumi

Carne ovina

Carne di coniglio

Carne di pecora e agnello

Frutta e verdura trasformata

Derivati del pomodoro diversi da passata

Latte a lunga conservazione

Derivati dei cereali (pane, pasta)

Formaggi

Il disciplinare per le Dop (Denominazione di origine protetta) obbliga la materia prima italiana, mentre per alcune Igp (Indicazione geografica protetta) l’origine della produzione agricola primaria non è italiana.

Fonte: Coldiretti e Cia-Confederazione Italiana Agricoltori

Focus - Cia: ecco le scelte italiani per imbandire le tavole. Nove su dieci vogliono l’indicazione d’origine. L’83% preferisce prodotti made in Italy (ritenuti più sicuri) e l’85% dice “no” agli Ogm

Più di nove italiani su dieci (95%) chiede un’etichetta più “trasparente” dove sia indicata la provenienza. L’83% sceglie prodotti alimentari nazionali, soprattutto se tipici e tradizionali, il 75% vuole cartellini dei prezzi al dettaglio più chiari, mentre l’84% vorrebbe meno passaggi dal campo alla tavola proprio per avere prezzi più contenuti. E ancora: l’85% esprime netta contrarietà per gli Ogm, mentre il 65% ritiene che il biologico sia più sicuro. Sono questi alcuni dei risultati di un’indagine sui nuovi orientamenti dei consumi alimentari nel nostro paese anticipata oggi dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori in occasione dell’approvazione delle nuova legge sull’etichettatura.

Le emergenze alimentari, ultima quella della diossina nei prodotti tedeschi, ha fatto crescere tra gli italiani, afferma la Cia, l’attenzione verso l’etichetta e in particolare nei confronti della provenienza del prodotto. Un’etichettatura che deve essere assolutamente trasparente. Se, infatti, la stragrande maggioranza degli italiani è favorevole all’indicazione d’origine, il 75% guarda, nel caso del trasformato, alle composizioni delle materie prime agricole. Il 65%, invece, controlla la data di scadenza.

Il made in Italy è, comunque, il cibo più ricercato dagli italiani. Le motivazioni di questa scelta, spiega la Cia, sono da ricercare sia nelle consolidate abitudini delle famiglie del nostro Paese sia nella certezza che i prodotti nostrani, oltre a rispondere alle caratteristiche di tipicità, tradizionalità e legame con il territorio, sono più sicuri di quelli d’importazione. Convinzione che si è andata sempre più rafforzando in questi ultimi anni anche in seguito alle sofisticazioni, adulterazioni e truffe relative a prodotti stranieri. Un’altra motivazione che spinge ad acquistare made in Italy viene dal fatto che i nostri prodotti sono più convenienti di altri. Una caratteristica che si riscontra soprattutto nelle zone rurali e di campagna e meno nelle grandi città, dove, tuttavia, si registra una sempre maggiore propensione verso il prodotto italiano.

Molta attenzione da parte degli italiani (il 75% del totale) è riservata anche alle Dop, alle Igp e alle Stg (Specialità tradizionale garantita) che vengono considerate prodotti di grande qualità e sicurezza, anche se, in molti casi, ritenuti troppo cari per le loro tasche. D’altra parte, questi prodotti, rileva la Cia, vengono considerati un patrimonio formidabile del nostro Paese che, conserva la leadership nella classifica europea, seguito dalla Francia e dalla Spagna.

Un orientamento alla qualità e alla tipicità che si riscontra anche nella scelta dei vini: il 65% predilige quelli a denominazione. Sei italiani su dieci si dichiarano disponibili a bere di meno e a spendere qualcosa di più per avere un prodotto con determinate caratteristiche. Un contesto nel quale scende e di molto la schiera degli italiani (55%) che sulle tavole portano vino sfuso.

L’attenzione verso i prodotti “bio” degli italiani è confermata dalla crescita dei consumi registrata negli ultimi anni. Una scelta, sostiene Cia, che per il 58% del totale dei “bio-appassionati” (63%) viene motivata sia dalla sicurezza alimentare che dalla qualità del prodotto. Consistente la percentuale di italiani (85%) che si è dichiarata nettamente contraria al cibo “biotech” (una “trasparenza” in tal senso è prevista dalla nuova legge sull’etichettatura) che viene ritenuto dannoso per la salute dal 56%, mentre il 78% degli “anti-Ogm” ritiene che siano meno salutari di quelli tradizionali. L’82% dichiara, invece, di non aver mai acquistato prodotti provenienti da manipolazioni genetiche. Sotto accusa da parte degli italiani anche le filiere agroalimentari troppo lunghe e complesse che, conclude la Cia, sarebbero responsabili dei rincari dei prodotti. Oltre otto italiani su dieci sono, quindi, per una riduzione drastica dei passaggi, che permetterebbe un contenimento dei costi e un freno a qualsiasi manovra di carattere speculativa.

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