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SI CHIAMA “GIOVE”, ED E’ IL PRIMO VINO COMMERCIALIZZATO, PROMOSSO E VENDUTO CON UN MARCHIO CONSORTILE. L’IDEA, NUOVA PER IL PANORAMA ENOLOGICO ITALIANO, È VENUTA AL CONSORZIO DELL’APPENNINO ROMAGNOLO

Metti 36 cantine che fondano un Consorzio di produttori e che fanno un vino con il marchio consortile da vendere all’estero e in Italia, attraverso una catena di enoteche gestite dallo stesso consorzio. E’ il senso del Progetto “Giove”, ideato e messo in pratica dal Consorzio dell’Appennino Romagnolo. Un’idea, semplice ma efficace, che, dalla Romagna, potrebbe propagarsi all’Italia intera, specie in un momento delicato per gli equilibri economici delle aziende, in particolare quelle di dimensione più contenuta. Al centro del Progetto “Giove” il vino prodotto da un assemblaggio dei migliori Sangiovese dei 36 viticoltori che si trovano nelle colline fra Rimini e Dozza, preparato e definito da un pool di sei enologi, guidati dal decano Vittorio Fiore e che si appresta in questi giorni ad entrare sul mercato, con le prime 30.000 bottiglie.
Un nuovo modo di interpretare le potenzialità di un Consorzio, che vuole essere anche un modo per accreditare e valorizzare al massimo il Sangiovese dell’Appennino Romagnolo, cercando un buon rapporto qualità prezzo in grado di remunerare i viticoltori associati. Ma anche un modo che vede la storica tradizione cooperativistica romagnola trovare una via alternativa, capace di conservare pragmaticamente l’efficacia di un’azione collettiva, declinandola però con l’efficienza del mercato.
Nel caso del Consorzio dell’Appennino Romagnolo, infatti, non si tratta di una cooperativa classica, ma bensì di una forma di associazionismo libero per cui ogni socio è tale, versando una quota modesta (250 euro) e può accedere o no agli altri servizi forniti dal Consorzio, pagando una ulteriore quota. Un modello innovativo nello scenario romagnolo e non solo, che ha anche un altro importante obiettivo: potenziare la capacità commerciale dei singoli associati, sviluppando iniziative comuni sui mercati internazionali e realizzando punti vendita a marchio consortile.
Tanto per fare un esempio, 36 cantine pagheranno un unico direttore commerciale incaricato delle vendite all’estero e, in questo modo, potranno “permettersi” una penetrazione nei mercati internazionali che, altrimenti, da soli, non avrebbero potuto nemmeno progettare. In questo senso, parte da subito un’enoteca in terra russa, a Riga, a marchio Consorzio Appennino Romagnolo e presto, se il progetto funzionerà, queste iniziative saranno intraprese in Usa e Germania. Per l’Italia, anche da noi si procederà alla costituzione di punti vendita gestiti direttamente dal Consorzio, prima in Emilia Romagna e, successivamente, nel resto d’Italia. In tutti i negozi sarà venduto il vino consortile “Giove”, ma anche le bottiglie di ogni cantina che fa parte del Consorzio che, in questo senso, promuoverà, come dire, sia il frutto del lavoro associato, sia quello del singolo. “Crediamo che il nostro progetto sia una novità positiva per il panorama enologico romagnolo e non solo - spiega il presidente del cda del Consorzio, Vito Ballarati - e ci auguriamo che abbia il successo che si merita”.
Info: www.consorzioappenninoromagnolo.com/it/home

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