Il made in Italy della tavola, da un lato, e quello dello sport, dall’altro, campioni, ognuno nella propria disciplina, hanno scelto da tempo di gareggiare la loro partita in doppio di fronte al grande pubblico internazionale, simboli di quell’italian style di successo e che piace: sarà così anche alle attesissime Olimpiadi di Londra 2012 (27 luglio-12 agosto), dove, come ormai da tradizione, ad accompagnare gli atleti azzurri, ci sarà anche la squadra del wine & food italiano. Ma nella Londra buongustaia e “melting pot” anche a tavola, la vera sorpresa per i gourmet è fuori dai Giochi: nella multietnica capitale inglese, la ristorazione italiana, tra chef venuti dall’Italia ed altri dalle origini italiane, appassionati della nostra cucina o amanti della sperimentazione, trova alcune delle sue migliori espressioni, declinate in ristoranti stellati, slow food, temporary restaurant e, perfino, nei vivaci mercati. Con le Olimpiadi che diventano una ghiotta occasione per smentire il detto “mai mangiare italiano fuori dall’Italia” ed abbattere ogni tabu.
Per tanto tempo, pensare di mangiar bene italiano uscendo dall’Italia era praticamente impossibile: oggi non è più così, perché ottime espressioni della ristorazione italiana si trovano tranquillamente oltreconfine, segno dei tempi, forse, e di una società sempre più globale ed in continuo movimento da un Paese all’altro. In cui le grandi potenzialità del wine & food tricolore e il know how degli chef italiani o d’ispirazione italiana, non possono che emergere. E Londra in questo è davvero una case history, riuscita a bruciare le tappe gastronomiche, con quella capacità che le è propria di apprendere nuove culture: qui i nostri chef hanno aperto locali sempre più di qualità (con tanti investimenti), scrollandosi di dosso, con la “benedizione” della critica anglosassone, quel “pasta & pizza” così démodé, e ridando alla cucina italiana il ruolo di ambasciatrice del made in Italy, accanto ai vini - Antinori, Argiolas, Gaja, Castello Banfi, Frescobaldi, sono le griffe che si trovano più frequentemente nelle carte dei vini degli indirizzi per buongustai, come appurato di recente in un tour londinese WineNews - di cui la capitale inglese rappresenta da sempre un mercato fondamentale.
E c’è n’è davvero per tutti i gusti: a puntare sull’Italia sono Daniel Boulud e Heston Blumenthal, pluristellati chef ai fornelli del lussuoso “Mandarin Oriental”, ma anche l’Hotel Corinthia a Trafalgar Square con la cucina di mare di Massimo Riccioli, ed Heinz Beck che all’“Apsleys” del Lanesborough, hotel di sole suite ad Hyde Park Corner, sta replicando il successo romano con i fornelli affidati a Massimiliano Blasone, tra i sette locali di cucina italiana premiati con la stella Michelin, accanto alla famosa “Locanda Locatelli” (il cui patron, Giorgio Locatelli, è una vera e propria icona della cucina italiana di qualità), al celebre “RiverCafé” ed al “Murano” di Angela Harnett a Mayfair. Ma non solo, perché l’Italia spunta davvero ad ogni angolo. Da “Franco Manca” a Brixton, il patron Giuseppe Mascoli incanta con le sue pizze, e se a Milano “Princi” è conosciuto come panetteria, a Soho come una brasserie, vincitori entrambi di un oscar come “best new cheap eats”. E, ancora, se i vini Frescobaldi hanno il loro angolo bar da Harrods, le “roi” della cucina francese Alain Ducasse ha come pasticciere al “Dorchester” il napoletano Angelo Ercolano, già dalla famiglia Iaccarino sulla penisola sorrentina, mentre il vino, dal giapponese “Roka” è di competenza di Matteo Duri. E poi si va da “Polpo” in stile bacaro veneziano al “Bocca di lupo” dove si mangia il cappon magro, mentre il “Latium” di Maurizio Morelli non ha niente a che vedere con la massa spaghettata, e al bellunese “Dolada”, a Mayfair, Riccardo De Prà punta sui prodotti biologici garantiti Slow Food. Che, a sorpresa, si trovano anche tra i banchi del Borough Market, il mercato “rionale” più famoso di Londra.
Un’Italia da veri gourmet, che, con le Olimpiadi, si presenterà al grande pubblico ancora più in grande spolvero. A partire dai simboli della qualità made in Italy per eccellenza nel mondo: i grandi vini, con il Brunello di Montalcino a “5 cerchi” della Castello Banfi che rappresenterà l’Italia tra i vini “olimpici” ufficiali selezionati dal wine merchant Uk “Bibendum”, e con la “Nazionale ufficiale dei grandi vini italiani” - degli “11” produttori Farnese, Feudi di San Gregorio, Gruppo Cevico, Antica Casa Vinicola Scarpa, Colle Manora, Feudi di San Marzano, Argiolas, Barbanera, Azienda Agricola La Corsa, Cavit, Carpenè Malvolti - selezionati dal “mister-critico” Luca Maroni, protagonista a “Casa Italia”, di fronte ad oltre 290 atleti azzurri, giornalisti ed ospiti, accanto ai piatti di una “squadra” composta da chef stellati del calibro di Massimo Bottura (Osteria Francescana, Modena, 3 stelle Michelin), di Massimo Spigaroli (Antica Corte Pallavicina, Polesine Parmense, 1 stella Michelin) e Pier Luigi di Diego (Il Don Giovanni, Ferrara, 1 stella Michelin). Ma non solo: ai fornelli di “Casa Nike”, che come “commensali” vanta più del 70% degli atleti che gareggiano alle Olimpiadi sponsorizzati dalla multinazionale Usa, ci sarà lo chef Nicola Batavia, patron del locale “L’Birichin” di Torino, e i menu “olimpici” saranno rigorosamente piemontesi, ma non i vini che li annaffieranno, selezionati dallo chef tra le molte etichette italiane, Barolo e Barbaresco in primis, ma anche, ancora una volta, Brunello di Montalcino.
In evidenza - London 2012: viaggio di WineNews a “Vinopolis”, la città del vino che fu (chiusa per le Olimpiadi ...)
E’ nata oltre 10 anni fa dall’intuito di un mercante di vino, Duncan Vaughan-Arbuckle, e con l’appoggio dell’allora Premier Tony Blair, a due passi dal Tamigi, il “Financial Times”, la Tate Modern, il Globe di Shakespeare e lo splendido Borough Market, sotto le volte di una vecchia ferrovia vittoriana per 3.000 metri quadrati e ha visto investimenti per oltre 30 milioni d’euro, con l’idea di farne una vera e propria “città del vino”, dove conoscere, scoprire ed assaggiare i migliori vini del mondo, tutti insieme e in una panoramica unica, nel cuore di Londra, una delle capitali del mondo, visitata ogni anno da milioni di persone, per le quali, tra le motivazione a prendere un’auto, un treno o (più spesso) un aereo e recarsi in questa meraviglia, la voce “vino” non occupa probabilmente i primissimi posti. Questa è “Vinopolis”, un’idea fuori dagli schemi, tipica di una città trendsetter per eccellenza e curiosa per tutto ciò che non è british, dove questo può succedere, e che da sempre con il nettare di Bacco ha uno storico e stretto rapporto, certo non dal punto di vista produttivo, ma sicuramente quale mercato centrale per questa bevanda millenaria.
Che gli inglesi abbiano sempre giocato un ruolo chiave nei traffici e nei commerci del vino è fatto assodato, così come è vero che in molti casi sono stati proprio questi mercanti ha fare la fortuna di certi territori e dei loro prodotti, in molti casi “inventandoli” di sana pianta per le loro esigenze. I miti di Bordeaux, del Porto, dello Jerez, ma anche del nostro Marsala, ad esempio, così come la nascita del marketing del vino moderno, hanno spesso dei padri dall’accento very british. Su questo non c’è dubbio. Ecco perché gli inglesi vanno presi sul serio quando si parla di innovazioni o nuovi progetti legati al vino; ecco perché non ci abbiamo pensato due volte a fare un salto oltre le bianche scogliere per toccare con mano l’idea “Vinopolis”.
Il tour che abbiamo fatto all’interno è una sorta di festival della banalità vitivinicola e il viaggio alla scoperta di questo mondo affascinante muove da passi stereotipati, lontani da una seria funzione formativa, con frequenti derive verso uno stile che diremmo quasi disneyano. E così si passa agevolmente dall’arena dove vengono presentati i vitigni in mini lezioni-show alle sale dedicate ai diversi terroir del vino mondiale. Manco a dirlo, qui la Francia gioca da protagonista e all’Italia non resta che una sala piena di luoghi comuni, immagini stereotipate e simboli di un made in Italy approssimativo. Non va meglio con le degustazioni vere e proprie, con vini quasi mai all’altezza (qui è il Nuovo Mondo a fare la parte del leone). Ma si sa, al peggio non c’è fine e allora ecco i punti ristoro davvero scadenti (sia nel servizio che nei piatti presentati), non solo per i grandi gourmet che la struttura dice di voler ospitare, ma per qualsiasi persona con un minimo di buon gusto.
Stupisce che, visitandola, “Vinopolis” (la cui cantina sarà chiusa, tra l’altro, fino al 23 agosto, proprio durante le Olimpiadi di London 2012, ma non la parte expo e ristorazione) dimostri tutti i suoi anni, una sorta di “museo del vino” vecchio stile, e rappresenti una grande occasione persa e un investimento che non ha esattamente dato buoni frutti. Almeno, in una città come Londra e stando alla grande tradizione britannica legata al vino, al suo commercio, alla diffusione della sua cultura e alle legittime aspettative di un pubblico colto ed evoluto in materia.
Focus - La squadra dell’Italia wine & food a London 2012, tra grandi vini “campioni” e una squadra di chef stellati
Come un famoso atleta o un personaggio di particolare rilievo, il Brunello 2007 a “5 cerchi” (come le 5 stelle, il massimo punteggio possibile, assegnate proprio a quella vendemmia), della Castello Banfi, una delle griffe più importanti del territorio di Montalcino, sarà il “portabandiera” dell’Italia del vino ai Giochi di “Londra 2012”, unico italiano tra i 18 vini “olimpici” selezionati dal wine merchant Uk “Bibendum”, che accompagneranno nei calici i piatti offerti agli ospiti “premium” negli eventi e nelle occasioni ufficiali dei Giochi che calamiteranno l’attenzione del mondo. Ma anche “vessillifero” della squadra ricca e competitiva del wine & food italiano a Londra, che a Casa Italia, avrà il suo centro pulsante, tra oltre 290 atleti, giornalisti ed ospiti, in una posizione assolutamente privilegiata: il Queen Elizabeth II Conference Centre, tra l’Abbazia di Westminster, il Big Ben e il London Eye, la grande ruota panoramica, nel cuore della capitale inglese.
Dove, a proposito di vini, ci sarà anche una vera e propria “Nazionale di campioni dell’Italia del vino”: una rosa di eccellenze vinicole di 11 cantine (Farnese, Feudi di San Gregorio, Gruppo Cevico, Antica Casa Vinicola Scarpa, Colle Manora, Feudi di San Marzano, Argiolas, Barbanera, Azienda Agricola La Corsa, Cavit, Carpenè Malvolti), selezionate dal critico italiano Luca Maroni, per il “True Italian Food & Wine Restaurant” di Casa Italia, accanto ai prodotti Dop e Igp e ai menu realizzati da chef stellati del calibro di Massimo Bottura (Osteria Francescana, Modena, 3 stelle Michelin), di Massimo Spigaroli (Antica Corte Pallavicina, Polesine Parmense, 1 stella Michelin) e Pier Luigi di Diego (Il Don Giovanni, Ferrara, 1 stella Michelin).
Ma ci saranno anche gli “atleti” selezionati per l’occasione e come da tradizione da Enoteca Italiana: come il Soave nella “Fleet Room”, l’anfiteatro che mette in mostra i migliori prodotti agroalimentari italiani, o le immancabili bollicine, come il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene firmato Carpenè Malvolti, che, dall’Enoteca di “Casa Italia”, riempirà i calici per brindare alle vittorie degli azzurri, e, ancora, tra le curiosità, i migliori vini italiani selezionati dai sindaci dei Comuni del vino del Belpaese per le Città del Vino. E c’è pure una bionda ufficiale: la Birra di Parma artigianale, nelle versioni, ovviamente, “Oro” e “Bronzo”, firmata Cantine Ceci e Birrificio del Borgo.
E se con il Trentodoc Ferrari si festeggiano le medaglie italiane negli studi di Sky Italia, ma anche quelle russe a Casa Russia, la cucina italiana, forte del suo appeal e del successo nella capitale inglese, non sarà protagonista solo a “Casa Italia”, ma anche fuori: come a Casa Nike, la vip house della multinazionale sportiva americana per i suoi atleti (oltre il 70% degli sportivi protagonisti delle Olimpiadi), dove lo chef piemontese Nicola Batavia, patron del locale “L’Birichin” di Torino, delizierà i palati degli ospiti e degli atleti, con menu “olimpici” tutti a base di piatti tipici piemontesi. Promossa dall’assessorato al Turismo della Regione Piemonte, l’iniziativa è organizzata dal Centro Estero per l’Internazionalizzazione (Ceipiemonte) e vedrà accompagnare i piatti di Batavia dai vini offerti dal Consorzio di tutela del Gavi, dal Consorzio di tutela del Barolo Barbaresco Alba Langhe Roero e dal Consorzio di tutela del Brachetto d’Acqui. Ma non solo, perché per accompagnare i suoi piatti, lo chef ha scelto anche una selezione di grandi etichette made in Italy.
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