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LA TIPICITÀ DI UN VINO? DIPENDE DA CLIMA, VITIGNO, UOMO E ... VESPE E CALABRONI! NEL CUI INTESTINO “PASSANO” L’INVERNO I LIEVITI RESPONSABILI DELLA FERMENTAZIONE. È LA SCOPERTA DELLA FONDAZIONE MACH, DELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE E DEL CNRS MONTPELLIER

Italia
Vespe e calabroni sui chicchi d’uva

Dove “passano” l’inverno e la primavera i lieviti responsabili delle fermentazioni del vino, della birra e del pane, quando non sono “a lavoro”? Se fino ad ora questo periodo della “vita” di questi lieviti era avvolto in un enigma, a svelare l’arcano ci hanno pensato un gruppo formato da tre ricercatori della Fondazione Mach, Duccio Cavalieri, Carlotta De Filippo e Roberto Viola, in collaborazione con il Dipartimento di Biologia Animale e Genetica e di Farmacologia dell’Università degli Studi di Firenze (Irene Stefanini, Leonardo Dapporto, Stefano Turillazzi, Mario Polsinelli, Antonio Calabretta, Monica Di Paola e Paolo Capretti) e il Cnrs-Centre national de la recherche scientifique di Montpellier, il più grande centro per la ricerca pubblica francese, che grazie ad una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista statunitense “Pnas - Proceedings of the Natural Academy of Sciences”, ha alzato il sipario sul mistero. Svelando che, nei mesi invernali e primaverili quando non sono impegnati nella fermentazione, questi lieviti “vivono” nell’intestino di vespe sociali e calabroni che diventano così protagonisti della tipicità di birra, vino e pane, accanto ad altri importanti fattori quali il clima, il vitigno e, ovviamente, l’uomo (info: www.iasma.it).
Per la prima volta, dunque, viene chiuso il ciclo ecologico dei lieviti responsabili delle fermentazioni del vino, della birra e del pane. Fino ad oggi, infatti, il ciclo vitale di questi lieviti era noto solo durante la fase di produzione e fermentazione di questi prodotti. Era a oggi ignoto dove questi micro-organisimi vivessero quando le fermentazioni non ci sono, ovvero nei mesi invernali e primaverili. Questa ricerca dimostra che questi lieviti “vivono” nell’intestino dei calabroni e delle vespe sociali. Questi insetti rappresentano quindi il loro vettore più importante. “È sorprendente - spiega Duccio Cavalieri, coordinatore del Dipartimento di biologia computazionale e tra i ricercatori che hanno partecipato a questo lavoro - come il “microbiota”, ovvero l’insieme delle specie fungine dei calabroni, nel mese di settembre contenga le stesse specie che si trovano sulla superficie delle uve all’inizio della fermentazione vinaria. Questi lieviti “trascorrono” un periodo del loro ciclo vitale all’interno dell’intestino di vespe sociali e calabroni, al di fuori dell’ambiente di fermentazione. Poi - prosegue Cavalieri - quando i frutti maturano, questi insetti sono attratti dal loro odore, li rompono grazie ai loro potenti apparati mandibolari e inoculano questi micro-organismi al loro interno”. Questa indagine si lega ad una ricerca iniziata nel 1998 e chiude, di fatto, il ciclo ecologico dei lieviti che era ancora avvolto dal mistero. Per arrivare a questo risultato è stato anche sequenziato il genoma di questi lieviti trasportati dai calabroni ed è stato possibile individuare i ceppi dei lieviti in periodi dell’anno in cui non erano mai stati isolati ovvero da dicembre a febbraio.
Confrontando, a livello genomico, i ceppi dei calabroni con altri ceppi isolati da uve e fermentazioni naturali delle aree d’isolamento degli insetti, rispetto a una collezione di oltre 400 ceppi isolati da ambienti naturali e industriali in Francia, Stati Uniti, Cile, Nuova Zelanda e Giappone i ricercatori hanno evidenziato come i ceppi isolati da vespe sociali, calabroni, uve e vini di un determinato areale fossero maggiormente correlati fra loro rispetto a ceppi di areali diversi, identificando una biodiversità microbica caratteristica di una vigna o di una regione. “Oggi - dice Cavalieri - l’utilizzo della genomica e della bioinformatica consente di identificare un lievito o un microorganismo isolato da un ambiente naturale e di confrontarlo con altri microorganismi di altre parti del mondo “semplicemente” confrontando la sequenza di geni marcatori, esattamente come avviene per l’uomo per analisi di paternità”.
È emerso, dunque, che questi insetti sono protagonisti della tipicità dei prodotti. Il calabrone, infatti, porta con sé le caratteristiche di un certo areale rispetto a un altro e questo garantisce il mantenimento di una ricchezza indispensabile, ovvero la biodiversità dei micro-organisimi che sono fondamentali per la tipicità dei prodotti delle fermentazioni quali il vino e la birra. “Questa scoperta - conclude Roberto Viola, direttore del Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione Edmund Mach di San Michele - apre la strada ad altre ricerche che intendano capire come questo microcosmo di micro-organismi possa essere associato alla tipicità dei prodotti, e di come sia importante conoscerlo, per proteggerlo, conservarlo e renderlo disponibile alle attività umane”.

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