02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)

IL RACCONTO DEL VINO, IL SUO PRESENTE ED IL SUO FUTURO. “CON SOBRIETÀ E SENZA VOLGARITÀ”. AI TEMPI DI INTERNET, DOVE LA LIBERTÀ È MASSIMA, “A PATTO CHE NON SI CADA NELL’OFFESA E NELLA MALEDUCAZIONE”. ESPERTI A CONFRONTO IN CASA DEI SOMMELIER

Come raccontare il vino nell’era in cui se ne parla di più, ma se ne beve sempre meno? Introdotti e sollecitati da uno dei pionieri della critica enogastronomica, Stefano Milioni, ne hanno discusso Alessandro Vannucci, volto storico del programma Rai “Linea Verde”, Carlo Cambi, curatore di Libero Gusto e del Gambero Rozzo, Simone Revelli di Ais, Alessandro Regoli, direttore WineNews, Federico Quaranta, conduttore su Radio2 di Decanter, Luciano Pignataro, giornalista del quotidiano “Il Mattino” e wine blogger, Gioacchino Bonsignore, conduttore di Gusto su Mediaset.
Senza dubbio nel tempo si è assistito ad una rivoluzione verso maggiore libertà di spazi e di democrazia. Dai confini delle pagine dell’agricoltura negli anni ’60 e ’70 agli spazi infiniti e virtuali dei blog il salto è abissale. Il tempo e la memoria si sono dilatati. Dall’espace d’un matin delle rubriche sui quotidiani alla (quasi) eternità del web. Un miglioramento o no? Il punto è un altro per il presidente dell’Ais, Antonello Maietta, che auspica “sobrietà nel bere e nel comunicare, con garbo ed eleganza. Gli schiamazzi li fanno gli ubriachi”. Ecco perché sul web “bisognerebbe incentivare l’informazione, ma arginare quella volgarità permessa dalla deregulation dello strumento”.
Guai, per gli addetti ai lavori, a non avere bene in mente la “differenza fra informazione e comunicazione”, come ammonisce Alessandro Vannucci. “I giornalisti informano, i comunicatori hanno un altro ruolo e sono altre figure: gli uffici stampa, il marketing, la pubblicità - sintetizza Vannucci - altrettanto importanti, ma sono due mondi differenti, che dovrebbero ispirarsi comunque all’etica, alla correttezza e ad una deontologia che talvolta è lasciata ai margini”. Requisito indispensabile per raccontare il vino, in ogni caso, è “la specializzazione”. Necessaria anche nelle centinaia di riviste, siti e blog censiti. Conoscere ed avere competenze specifiche sono le fondamenta da cui parte a costruire il discorso anche Carlo Cambi, che puntualizza: “i giornalisti non devono mai dimenticarsi di verificare le notizie. Altrimenti il rischio è di rilanciare all’infinito informazioni errate, che in rete rimangono per sempre”.
Necessario anche non calpestare il codice deontologico. “Chi scrive di vino è bene che non organizzi eventi, ai quali magari vengono assegnati premi, dei quali poi gli stessi giornalisti ne parlano per amplificare l’effetto - raccomanda Cambi - piuttosto, mai perdere il faro della trasparenza e capire che il vino è innanzitutto agricoltura, valore economico, cultura, territorio e per raccontarlo servono equilibrio, passione, equidistanza e preparazione”.
“Sono un giornalista con una missione: comunicare un settore che rappresenta una delle eccellenze del made in Italy nel mondo - afferma Alessandro Regoli, direttore WineNews e coordinatore di una squadra di 12 professionisti - il mio percorso parte nel 1986, quando il giornalismo enogastronomico era ancora agli albori e il movimento di Slow Food non era ancora nato”. Nel 1999 nasce l’idea di un sito web che racconti il vino in modo immediato: “così è partita l’avventura di WineNews. Con l’obiettivo di informare. Senza dare i voti ai vini o alle aziende, ma selezionando con un criterio giornalistico e di servizio il mare di notizie e comunicazioni che riceviamo”.
Quanto ai blog, sono i benvenuti. “Rappresentano uno strumento importante di comunicazione del vino - osserva Regoli - ma attenzione: la libertà di comunicare non deve mai sconfinare nelle offese. Postare un commento sul vino va bene, pubblicare offese è solo indice di maleducazione. E poi credo che, in generale, chi comunica e racconta il vino dovrebbe investire il tempo più nel raggiungere e conquistare nuovi consumatori per il settore, piuttosto che nello spaccare il capello in 4 su tutto, ma sempre nella ristretta, ristrettissima cerchia degli addetti ai lavori”.
Wine blogger con entrambi i piedi nella carta stampata è Luciano Pignataro del quotidiano “Il Mattino”. “Per lo più chi apre un blog è un appassionato - dice - ma lo strumento è positivo per una comunicazione costante e con meno vincoli rispetto a quelli di una rubrica cartacea. Cambia il linguaggio e la forma di comunicare il vino, non la sostanza: qualunque sia il mezzo, la differenza continua a farla la competenza di chi comunica”.
Anche i sommelier, naturalmente, comunicano il vino. E al congresso nazionale n. 46, Simone Revelli propone i “comandamenti” da seguire per i professionisti. “Un sommelier deve fare leva sulla credibilità, che si acquisisce con la competenza - spiega Revelli - la consapevolezza dell’unicità dell’esperienza sensoriale; la capacità di divulgare; il rispetto, perché si parla di vino e del lavoro dei vigneron; inoltre, un sommelier per comunicare deve avere coraggio, modestia, discrezione e indipendenza”.
Il critico del vino si muove spesso in equilibrio sul filo sottile della comunicazione “interessata”. “A riguardo serve un cambio di mentalità, anche per le aziende, che dovrebbero fare più pubblicità e rispettare l’imparzialità del giornalista”, aggiunge Gioacchino Bonsignore. Un messaggio anche per gli editori arriva da Cambi: “un giornalista sottopagato avrà difficoltà a mantenere la necessaria equidistanza, danneggiando in primis chi legge”.
Al settore si impone una riflessione profonda nel modo di comunicare. “Anche perché - preconizza Federico Quaranta, conduttore di Decanter - fra cinque anni non si scriverà più. Il futuro sono gli smartphone e la televisione on-demand. Con la banda larga si comunicherà il vino attraverso altre piattaforme digitali, mentre Google e YouTube deterranno il potere sulla pubblicità”. Apocalisse enoica. Ma intanto i padroni di casa dell’Ais fanno autocritica. Antonello Maietta, riconosce il grande merito dell’Associazione italiana sommelier in termini di diffusione della cultura del vino. “Siamo stati fra i primi in Italia a capire che il consumatore doveva essere il fruitore del patrimonio di conoscenze dei sommelier - dice Maietta - ora dovremmo allargare le nozioni che già comunichiamo sul piano organolettico e qualitativo del prodotto e raccontare di più il vino connesso al territorio, al vitigno, alla storia. Aspetti che rendono l’Italia imbattibile”.

Focus - L’intervento: comunicare il vino secondo WineNews
1) E’ una sfida che non deve rinnegare il recente passato, in cui il vino, con un grande lavoro di comunicazione e di educazione del consumatore è stato elevato da semplice bevanda a prodotto “culturale” e “nobile”, ma che ora rischia di essere un freno.
2) È ritornare a far pensare che il vino è quotidianità, compagno della tavola (grazie anche a nuove modalità di consumo, dal bottle sharing alla mezza bottiglia, dal vino al bicchiere alla versatilità negli abbinamenti), che è fatto in primo luogo per essere bevuto e goduto (dal “lusso del possesso” al “lusso dell’esperienza”), e, solo poi, per essere studiato, conosciuto e apprezzato più a fondo.
3) È parlare un linguaggio semplice e schietto, capace di raggiungere più persone possibili, abbandonando quel linguaggio aulico che si può usare di fronte ad un circolo di esperti, ma non con gli appassionati: basta con i “riti del vino” ed i bicchieri che girano, più storie, più racconti, più vita.
6) È raccontare il vino attraverso i suoi territori ed i suoi luoghi, oltre a renderli fruibili, ai milioni di persone che da tutto il mondo vengono in Italia per vedere cosa c’è dietro ai nostri vini, e dare un volto a chi produce, primo appassionato narratore del suo vino, in prima persona e, soprattutto, oltreconfine.
7) È comunicare i territori del vino riscoprendone la vera “anima”, fondata su una passione autentica per l’agricoltura prima ancora che su logiche puramente commerciali.
6) È passare attraverso un rapporto pubblico-privato ed una nuova comunicazione territoriale fondata sul “far sistema”, in termini economici ma anche di idee ed opportunità, per mantenere alta la qualità del territorio, favorire la crescita agricol-turistica & commercio/servizi, e accrescerne l’immagine, e da cui tutti, imprese, cittadini e tessuto sociale, possano trarre vantaggio.
7) È seminare ed educare, e non proibire, fin dalla scuola, diffondendo con la comunicazione la consapevolezza che il vino è una parte fondamentale della vita del nostro Paese, e che, come tutti i prodotti, deve essere consumato in giusta quantità.
8) È sperimentare i nuovi strumenti di comunicazione, a partire dalle nuove tecnologie, dal web e dai social network con lo “spirito” di convivialità e condivisione che li accomuna al vino (molto tempo dovrà ancora passare, ma nel futuro, chissà, più del curriculum potrebbe contare la “web reputation” ...).
9) È rivolgersi prima di tutto ai giovani, consumatori di domani, ma anche affidando loro la stessa comunicazione, per la capacità di parlare ai propri coetanei e di utilizzare le tecnologie 2.0.
10) Se il futuro del vino italiano passa soprattutto dall’export, chi lo produce, lo vende e lo comunica, deve aprirsi a conoscere e comprendere il mondo e non pretendere che il mondo debba per forza conoscere e comprendere noi, adeguandoci a gusti, esigenze, stili di consumo, alla necessità di chi ha altre culture, abitudini e religioni di imparare a leggere le etichette, e, soprattutto, alla voglia di andare “oltre”.

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli