È tornato il Novello, “primo frutto dell’ultima vendemmia”, ad qualche giorno sugli scaffali e sulle tavole dei ristoranti. Un prodotto “rituale” e simbolico dell’autunno, insieme alle castagne, che, però, dopo il boom degli anni ’90 e i primi del 2000 (nel 2002 il picco della produzione con 18 milioni di bottiglie), sembra sempre più una nicchia quasi in via di estinzione. Nel 2012, infatti, sarà sul mercato con appena 4 milioni di bottiglie. Colpa di una vendemmia particolarmente avara, ma anche di un appeal in netto calo. E, forse, di un prezzo a bottiglia che, comunque, oscilla tra i 5 e i 10 euro. Ma non mancano marchi importanti del vino italiano ci credano ancora, da Castello Banfi e Rocca delle Macie in Toscana, dove si trova anche Castello d’Albola, di Zonin, che produce novello anche in Veneto. O, ancora il Gruppo Italiano Vini con le cantine Rapitalà in Sicilia, Castello Monaci in Puglia, e Lamberti, ancora in Veneto, per citare alcuni tra i più celebri dei 200 i produttori che ancora credono nel novello. Una bottiglia su tre arriva proprio dalle cantine del Veneto che, insieme al Trentino, copre quasi la metà della produzione nazionale, mentre a seguire si posizionano la Toscana, la Sardegna, l’Emilia Romagna e la Puglia. La produzione italiana è caratterizzata soprattutto da novelli monovitigno e spesso da vitigni autoctoni (Teroldego, Ciliegiolo, Nero d’Avola ...) anche se i più utilizzati sono, nell’ordine, Merlot, Sangiovese, Cabernet, Montepulciano e Barbera.
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