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PASSIONE PER L’ALCOL VECCHIA QUANTO L’UOMO: I NOSTRI PROGENITORI AVREBBERO INIZIATO A PRODURRE ALCOLICI PER SODDISFARE LA LORO PREDILEZIONE PER IL PARTICOLARE ODORE DELL’ETANOLO. LO DICONO ALCUNI STUDI DI ROBERT DUDLEY DELLA CALIFORNIA UNIVERSITY

Quella fra uomini e drink è una storia antica, anzi antichissima, in cui un ruolo chiave spetta a un minuscolo protagonista: un tipo di lievito chiamato Saccharomyces. A ricostruire le tappe della passione degli esseri umani per gli alcolici sono una serie di studi pubblicati su “New Scientist” e analizzati da Rob Dunn, della North Carolina State University a Raleigh. In pratica, spiega il ricercatore, secondo alcuni studi i primordi della connessione simbiotica tra esseri umani e lieviti “mangia-zuccheri” risalgono all’evoluzione della frutta, circa 130 milioni di anni fa, come dice Robert Dudley, dell’Università della California a Berkeley.
Nel suo studio, Dudley spiega che proprio la capacità di metabolizzare solo parzialmente lo zucchero, producendo etanolo (un killer per molti batteri) ha consentito al lievito di eliminare parecchi concorrenti. Non solo. Proprio l’odore della frutta “assaggiata” dai lieviti - che sa di etanolo - è diventato un segnale per l’uomo che pere, mele e uva sono mature e pronte da mangiare. Lo stesso odore scatena una sensazione di piacere in tutti i primati (e anche nei moscerini della frutta). Insomma, Dudley suggerisce che i nostri progenitori abbiano iniziato a produrre alcolici proprio per soddisfare la loro predilezione per questo particolare odore. Un po’ come oggi si fanno bagnoschiuma alla vaniglia per sedurre gli appassionati di dolci.
Un’idea che non convince Doug Levey, della National Science Foundation di Arlington (Virginia). Secondo lo scienziato, la nostra passione per l’alcol è iniziata davvero solo dopo che i nostri avi hanno imparato a realizzare bibite alcoliche: a livello neurologico, dunque, i liquori scatenano un desiderio che sarebbe più simile a quello per la caffeina o la cocaina, rispetto allo zucchero. Sia come sia, una tappa fondamentale è quella che risale a 10.000 anni fa, con l’inizio dell’agricoltura e la produzione di cibi e bibite fermentate. Un sistema che consentiva ai nostri avi di conservare il frumento in eccesso, favorendo allo stesso tempo i lieviti rispetto ai batteri mangia-cibo. Non solo. Durante la fermentazione i lieviti rendono la bibita più nutriente, perché producono vitamine fra cui la B. E questo sistema consentiva di sterilizzare i liquidi (l’etanolo uccide non solo i batteri, fra cui quelli del colera, ma anche altri patogeni). Insomma, l’alleanza è stata utile a uomini e lieviti.
E se la scoperta della fermentazione, per molti scienziati, è dovuta fondamentalmente al caso (e a una contaminazione accidentale con gli ormai famosi lieviti), per l’antropologo Solom Katz, dell’University of Pennsylvania, le cose non stanno proprio così. La fermentazione sarebbe avvenuta prima, e avrebbe spinto i nostri progenitori a coltivare il grano per fare il grog. Così nel corso dei secoli anche il lievito si è evoluto in varie specie, legate a doppio filo con la produzione di vino o birra nelle diverse regioni. Influendo direttamente nella nostra capacità di metabolizzare gli alcolici. Il 10% degli enzimi nel fegato umano è dedicato al metabolismo dell’etanolo. Ma con il passare dei secoli, le cose sono cambiate: oggi la selezione naturale favorisce un adattamento che incoraggia a bere meno alcol. Risultato? Si diffondono persone con una versione del gene che rende “brilli” più facilmente. Il gene mutato per porre fine alla nostra passione per i drink, dall’Asia si starebbe diffondendo nel mondo. E il processo sembra inesorabile. Dunque - conclude Dunn - finché possiamo concediamoci un bicchierino e “facciamo un brindisi ai lieviti”.

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