Difficile, se non impossibile, dire con esattezza quanto lavoro e giro di affari riescano a creare in Italia il vino, che il prodotto più importante, a livello economico dell’agroalimentare italiano (con il record di 4,7 milioni di euro nel 2012 è la voce n. 1 dell’export di settore), e il suo indotto. Alcuni dati parlano di 1,2 milioni di occupati tra vigne, cantine e distribuzione, per un valore complessivo del vino, alla produzione, sui 10 miliardi di euro. Secondo altri dati, si parla di almeno 340.000 strutture coinvolte direttamente solo nella produzione (aziende vinicole, cantine, ma anche acetifici e distillerie) che impiegherebbero direttamente 800.000 lavoratori, mettendo in moto, a livello di “filiera allargata”, più di 50 miliardi di euro. Difficile calcolare un “moltiplicatore di valore” affidabile, ma secondo alcuni economisti, in territori particolarmente legati alla produzione di vino, dove il settore rappresenta il primo motore economico, si può affermare che per ogni euro “di vino”, se ne generino 7 di economia.
Tutti dati, o meglio, stime, da prendere con le molle, perché difficilissime da verificare con esattezza, ma che, in ogni, caso danno il senso della dimensione e dell’importanza del vino come fenomeno economico ed occupazionale (ma anche sociale, culturale e ambientale) in Italia.
Basti pensare ad alcune delle professioni a cui il vino, come protagonista o “comprimario” importante, contribuisce: dai sommelier ai ristoratori e ai camerieri, ovviamente, ma anche dalle tipografie e ai designer per etichette e confezioni, dalle vetrerie per le bottiglie ai produttori di tappi e capsule, dai vivaisti ai laboratori di analisi chimica, dall’industria per la produzione di macchinari e materiali per la vigna alla cantina all’edilizia (compresi muratori ed architetti), dagli studi di consulenza legale ai commercialisti, dai distributori ai rappresentati. E ancora tutto l’indotto generato da eventi e fiere: allestitori di stand, hostess, interpreti e traduttori. E ancora i media, dai giornalisti ai video operatori e ai tecnici, fino ai registi e agli attori per gli spot. Senza dimenticare, ovviamente, le case d’asta, ma anche tutto il settore della logistica, dai magazzini ai trasportatori, e così via.
Un mondo enorme. E se i tanti osservatori economici che esistono (dall’Istat all’Ismea, e altri), fornissero non solo numeri, ma anche letture e analisi, sarebbe meno difficile, per la filiera, fare lecitamente, lobbying nelle sedi istituzionali e far avere al primo Paese produttore di vino, quale è l’Italia, strumenti più efficaci per contribuire all’uscita dalla crisi. Tanto più in un mercato, quello del beverage, tra i pochi considerati in crescita a livello mondiale: è di queste ore la notizia che l’agenzia di rating Moody’s ha cambiato l’outlook sul settore da “stabile” a “positivo”, con una previsione del +6% dei profitti per i produttori tra il 2013 e l’inizio del 2014.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025