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L’AGRICOLTURA HA RETTO MEGLIO DEGLI ALTRI SETTORI ALLA CRISI, MA NEL 2012 SI È FATTO SENTIRE L’EFFETTO DELL’ONDA LUNGA: GIÙ LIVELLI DI PRODUZIONE E VALORE AGGIUNTO, NUMERO DI IMPRESE E OCCUPATI. COSÌ L’INEA (ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA)

Non Solo Vino
L’agricoltura ha retto meglio degli altri settori alla crisi, ma nel 2012 si è fatto sentire l’effetto dell’onda lunga

L’agricoltura, si sa, è un settore anticiclico. Ma in una crisi economica lunga come quella che stiamo vivendo, anche il settore primario, colonna portante dell’economia italiana, anche per i suoi aspetti sociali e ambientali, ha iniziato a cedere. Se dal 2008 al 2011, infatti, si è assistito ad una sostanziale tenuta dei più importanti indicatori economici, il 2012 ha segnato inequivocabilmente la sofferenza del comparto: il Pil del settore, sui valori di prima dell’inizio della crisi, è diminuito del 2,4%, il valore aggiunto del -4,4%, la produzione del -3,3%, con il numero delle imprese agricole sceso di 101.000 unità, sul 2007, a quota 809.745 (anche se c’è da considerare, in questo caso, l’effetto di una riorganizzazione del sistema imprenditoriale che ha spinto verso l’aggregazione. Ecco i dati salienti del Rapporto sullo Stato dell’Agricoltura n. 10 di Inea (Istituto Nazionale di Economia Agraria), presentato a Roma. Segnali positivi, invece, arrivano dall’industria alimentare, che, nonostante la battuta d’arresto dell’economia, registra nel 2012 un lieve miglioramento del valore aggiunto (+0,8%), con una crescita del fatturato di 2,3% sul 2011.
Nel complesso, gli occupati totali del settore scendono a 849.000 nel 2012, con una drastica riduzione di quelli indipendenti, imputabile alla forte prevalenza di aziende familiari presenti in Italia, che sono diventate inattive. Come è noto, l’export in questi anni è stato fondamentale per la tenuta del settore: la domanda internazionale, dopo il crollo del 2008, ha ripreso a crescere così come le importazioni, sebbene a tassi sensibilmente più bassi, favorendo un costante miglioramento della bilancia commerciale alimentare, il cui saldo rimane tuttavia negativo, passando però dal -15% del 2007 al -9% del 2012. La componente più significativa delle esportazioni agroalimentari dell’Italia è quella degli alimenti trasformati (19 miliardi di euro), seguita a distanza dalle bevande (6,2 miliardi di euro) e dal settore primario (5,6 miliardi di euro). Anche per le importazioni agroalimentari, la componente più significativa è quella degli alimenti trasformati (24,2 miliardi di euro), seguita dal settore primario (12,3 miliardi di euro).
“Il Rapporto sullo stato dell’agricoltura - ha dichiarato Tiziano Zigiotto, Presidente dell’Inea - si conferma come un appuntamento istituzionale di riflessione e approfondimento sulle evoluzioni del sistema agroalimentare, rimarcando luci ed ombre di un settore che merita sempre più attenzione, perché è uno dei pilastri su cui poggia la forza del Made in Italy nel mondo. L’agricoltura e il sistema alimentare infatti rappresentano un patrimonio da tutelare e promuovere”.
Info: www.inea.it

Focus - L’analisi dell’agricoltura italiana ... secondo Inea
“La crisi del 2008 continua a ripercuotersi sulla economia nazionale, che, nel periodo 2007-2012, ha visto il Pil reale perdere il 6,9% del proprio valore, con un tasso medio annuo di decrescita pari all’1,4%. Il settore agricolo, nei primi anni, nel suo complesso sembra aver reagito meglio alla recessione in atto. La produzione del settore agricolo ai prezzi di base e in valore reale è cresciuta nel 2008, si è ridotta ma in misura molto contenuta nei due anni successivi ed è rimasta stabile nel 2011. Pur con le dovute differenze, anche gli andamenti dei consumi intermedi e del valore aggiunto del settore, hanno manifestato la stessa tendenza della produzione a limitare gli effetti della crisi, fino al 2011.
E’ solo nel 2012 che gli effetti recessivi della crisi colpiscono il settore agricolo nella loro pienezza: produzione, valore aggiunto, consumi intermedi, consumi finali delle famiglie (ovviamente alimentari) diminuiscono sensibilmente.
Dati alla mano, in termini reali, i risultati sono preoccupanti per la caduta sia della produzione (-3,3%), sia, soprattutto, del valore aggiunto, la cui flessione in questo anno (-4,4%) è quasi il doppio di quella, pur molto negativa, verificata per il Pil (-2,4%). Per il Pil, il 33% della sua riduzione dal 2007 è stata determinata da quanto avvenuto nel 2012. Al contrario, per il settore agricolo, il 2012 è responsabile del 68% della contrazione complessiva della produzione, del 49% della contrazione dei consumi intermedi e del 79% della flessione del valore aggiunto. Il vero traino dell’economia continuano ad essere le esportazioni”.

Il credito e gli investimenti
Anche per quanto riguarda credito e sofferenze bancarie, il comportamento del settore è stato meno negativo rispetto agli altri settori dell’economia nazionale e comunque concentrato nel 2012. Il tema della ripresa degli investimenti necessari a controbilanciare la fase recessiva mostra segnali positivi in agricoltura.
L’agricoltura aumenta i propri impieghi, quindi il credito per investimenti e attività di produzione, anche se solo dell’1% circa tra il 2011 ed il 2012, fatto decisamente rilevante anche in considerazione della forte compressione degli impieghi registrata nel complesso dell’economia: -3,5% in un solo anno. Anche dal lato delle sofferenze il settore agricolo si comporta meglio, aumentandone il volume del 14%, tre punti in meno di quanto verificato a livello complessivo e quasi tre punti in più di quanto accaduto nel comparto dei prodotti alimentari.
Per quanto riguarda gli investimenti, che avevano assistito nel 2008 alla riduzione più marcata, la ripresa fra il 2009 e il 2012 ha consentito di raggiungere i livelli del 2007. Probabilmente un effetto sugli investimenti può essere stata la messa a regime degli aiuti concessi dalle Politiche di Sviluppo Rurale.

L’industria alimentare
L’industria alimentare, dopo aver assorbito la crisi fino al 2011, registra nel 2012 un lieve miglioramento del valore aggiunto (+0,8%). Il 2012 ha visto una crescita del fatturato, in valori nominali, di 2,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente per l’industria agroalimentare nazionale, che si conferma il settore manifatturiero più importante per l’Italia dopo il metalmeccanico (pari circa al 10,7% dell’intero settore manifatturiero in termini di occupazione e l’11% per valore aggiunto).

Le imprese
Le imprese del settore primario sono diminuite di 101.000 unità tra il 2007 e il 2012 (dalle 901.952 unità del 2007, alle 809.745 unità del 2012), circa l’11% del totale all’inizio del periodo e la contrazione è avvenuta in modo costante e regolare in tutti gli anni considerati. Nel comparto dell’industria agroalimentare le imprese sono rimaste stabili rispetto al 2011, attestandosi 56.310 unità nel 2012.

Gli scambi commerciali
Il commercio internazionale ha svolto un ruolo anticiclico: la domanda internazionale, dopo il crollo del 2008, ha ripreso a crescere così come le importazioni, sebbene a tassi sensibilmente più bassi, favorendo un costante miglioramento della bilancia commerciale alimentare. Questo fattore è testimoniato dal positivo andamento del saldo normalizzato, passato dal -15% del 2007 al -9% del 2012. L’analisi dei dati suggerisce l’esistenza di uno spostamento degli sbocchi della produzione dal mercato interno, in crisi, verso i mercati esteri, molto più dinamici, laddove a un incremento in valori correnti di soli 5,1 miliardi di consumi alimentari interni, si contrappone una crescita di 7,3 miliardi, a prezzi correnti, di esportazioni di prodotti alimentari, sempre nell’intervallo 2007-2012. In questo periodo le esportazioni agro-alimentari sono cresciute passando dal 7% all’8,2% del totale: il tasso di crescita annuale è sempre stato positivo con l’eccezione del 2009. Anche per l’esportazioni agro-alimentari il 2012 è stato un anno comunque difficile, con il tasso di crescita che flette dall’8,5% del 2011 al 5%. Analoga contrazione si rinviene per tutto il comparto del made in Italy, eccezion fatta per quanto riguarda le esportazioni del made in Italy agricolo.
La componente più significativa delle esportazioni agroalimentari dell’Italia è quella degli alimenti trasformati (19 miliardi di euro), seguita a distanza dalle bevande (6,2 miliardi di euro) e dal settore primario (5,6 miliardi di euro). Anche per le importazioni agroalimentari, la componente più significativa è quella degli alimenti trasformati (24,2 miliardi di euro), seguita dal settore primario (12,3 miliardi di euro).

L’occupazione
Gli occupati totali del settore scendono dai quasi 870.000 del 2007 agli 849.000 del 2012, dei quali 428 mila dipendenti (+3,6% rispetto al 2011) e 421 mila indipendenti (-3,7% rispetto al 2011), con un aumento nel 2012 della quota di dipendenti pari al 50% del totale. La contrazione è dovuta a fattori strutturali interni e caratteristici del settore e al fattore esogeno della crisi economica.
Nel 2012 la riduzione dei lavoratori nei campi ha colpito soprattutto il centro (-1,5%) e il Mezzogiorno (-1,0%) mentre si è verificato un aumento al Nord (+1,5%). Il calo dell’occupazione agricola ha riguardato prevalentemente l’occupazione femminile con una notevole variazione negativa di circa il 12% (-4 mila unità) nell’Italia centrale, rispetto al 2011.
In aumento ancora il lavoro degli stranieri in agricoltura che nel 2012 ha raggiunto il valore di 115 mila occupati (+ 11% rispetto all’anno precedente e + 114% rispetto al 2008). In leggera diminuzione, invece, per il settore agricolo il tasso di irregolarità dell’occupazione (36,3% nel 2012): storicamente molto elevato si è aggravato dal 2007, anno in cui ha registrato una variazione sull’anno precedente del +4%.

I consumi intermedi
Nel 2012 la spesa per i consumi intermedi dell’agricoltura, inclusa la silvicoltura e la pesca, è stata pari a 25.040 milioni di euro correnti con un rialzo del 2,9% rispetto al 2011, conseguenza di un sostenuto aumento dei prezzi (+5,1%) e di una diminuzione delle quantità utilizzate (-2,1%).
In particolare, per il comparto delle produzioni vegetali, animali, caccia e servizi connessi il calo del livello produttivo del 3,2%, rispetto al 2011, è stato recuperato solo grazie all’aumento dei prezzi dei prodotti venduti (+5,2%) che ha bilanciato un pari aumento dei prezzi dei mezzi tecnici acquistati (+5,0%) per l’esecuzione dei diversi processi produttivi.
Ad eccezione dei prodotti fitosanitari che hanno mostrato un aumento dell’1,4%, su base annua, tutte le principali categorie di consumi intermedi, quali mangimi e altre spese per il bestiame (-2,1%), sementi e piantine (-1,2%), energia motrice (-1,9%), concimi (-2,3%), reimpieghi (-4,7%) e altri beni e servizi (-1,2%) hanno registrato una sostanziale diminuzione rispetto al 2011.

I consumi alimentari
Nel 2012 i consumi alimentari registrano una contrazione della spesa per generi alimentari a valori correnti dello 0,7% (portandosi a 137,8 miliardi di euro) e una contrazione di rilievo a valori costanti (-3%). La spesa media mensile delle famiglie si attesta a 2.419 euro in valori correnti (-2,8% rispetto all’anno precedente) e diminuisce anche la spesa alimentare mensile delle famiglie, passando da 477 a 468 euro (dati Istat).

Il ricambio generazionale
Il ridotto inserimento di giovani all’interno del circuito produttivo continua a connotare il nostro tessuto imprenditoriale. In Italia, questo fenomeno è maggiormente rilevante rispetto agli altri Paesi dell’Unione: solo il 5% delle aziende è condotto da giovani under 35, mentre la stessa incidenza raggiunge il 9% in Francia o più del 10% in Polonia o in Repubblica Ceca (dati Eurostat). I dati del Censimento Agricoltura, invece, evidenziano come a fronte di una riduzione complessiva delle aziende agricole pari al 32%, il numero dei giovani agricoltori cala del 40%. Dei 162.000 agricoltori giovani, i nuovi entrati sono il 60%, che in realtà rappresentano solo il 50% di quelli usciti, confermando così un problema di carattere strutturale legato proprio al ricambio generazionale. Va, comunque, segnalato che le imprese condotte da giovani presentano Dimensioni Economiche maggiori di quelle condotte da altre fasce d’età.

Agricoltura e ambiente
Cresce sempre di più il contributo richiesto all’agricoltura in termini non solo di riduzione dell’inquinamento ambientale, ma anche di fornitura per la collettività di servizi di salvaguardia delle risorse naturali, del territorio e degli ecosistemi.
La produzione di energia rinnovabile elettrica ha già quasi raggiunto l’obiettivo europeo 20-20-20 (93 TWh prodotti nel 2012 rispetto ad un obiettivo 2020 di 100 TWh) per la crescita delle installazioni, in particolare degli impianti fotovoltaici: dal 2010 l’Italia ha incrementato la capacità installata di circa 13 GW, raggiungendo quasi 17 GW complessivi con costi significativi per la collettività (oltre 10 miliardi di euro/anno sulla bolletta energetica dei consumatori), ma anche benefici ambientali (riduzione di 18 milioni di tonnellate di CO2), occupazionali ed economici (tra cui la riduzione di importazioni di combustibili fossili per 2,5 miliardi l’anno) e di sicurezza energetica.
Per le agroenergie quello che ci si attende dal Piano Energetico Nazionale al 2020 è un contributo totale delle biomasse per 5,67 Mtep (di cui 5,25 dalle biomasse solide, 0,26 dal biogas e 0,15 dai bioliquidi), mentre elaborazioni più recenti (Enea-Coldiretti), parlano di un contributo energetico potenziale aggiuntivo dell’agricoltura al 2020 di 11,50 Mtep e un contributo percentuale delle agroenergie rispetto al bilancio energetico nazionale al 2020 complessivamente dell’8%, con emissioni di CO2 evitata di 26,37 Mt/anno e un impatto occupazionale di circa 100.000 unità.

La Politica Agricola Comunitaria
Il lungo negoziato avviato nel 2010 sulla riforma della Politiche Comunitarie sembra aver trovato la sua conclusione a fine giugno 2013. L’accordo politico sulla Pac e la bozza di regolamento sul Qfp (Quadro Finanziario Pluriennale) rappresentano la cornice all’interno della quale l’Italia potrà operare le sue scelte. Con un plafond complessivo per l’intero periodo di oltre 31 miliardi di euro per il Primo Pilastro e di 9,2 miliardi di Euro per le Politiche di Sviluppo Rurale l’Italia sarà impegnata a trovare le soluzioni operative che la Pac lascia a ciascuno stato membro per rendere l’utilizzo delle risorse finanziarie più efficiente.

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