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Asia: collezionisti e grandi vini ... Australia: lascia Ceo Treasury ... Nigeria: bollicine, marchi e consumatori ... Russia: vendite di vino in crescita Dino al 2017 ... Australia: news di John Casella (Yellow Tail)
di Andrea Gabbrielli

- Asia, i collezionisti e la fame dei grandi vini
E’ bastato che Gordon Ku, un medico di Singapore, mettesse in vendita, attraverso un’asta organizzata da Christie’s a Hong Kong, appena metà della sua collezione di vini pregiati - 15.000 bottiglie - per incassare 3.8 milioni di dollari. Tra i fine wines venduti, un lotto di Vosne-Romanee Premier 2001 Cru Cros-Parantoux, pagato $ 55.000 molto di più dei $ 33.000-49.000 stimati inizialmente.
Ormai i collezionisti di tutta l’Asia sono pronti a spendere tutto il necessario pur di accaparrarsi bottiglie rare di annate importanti. Ma non è l’unico caso. Pochi mesi fa, sempre a Hong Kong il magnate Henry Tang ha venduto “una piccola parte” della cantina dedicata alla Borgogna, per 6,2 milioni dollari, quasi il doppio della stima di 3,74 milioni di dollari della prevendita. Le aste hanno evidenziato una crescita dei prezzi non solo di proprietà o di titoli bancari ma anche di vini, arte, orologi e altri oggetti di lusso. Solitamente i collezionisti asiatici rimangono sconosciuti e solo in queste occasioni vengono allo scoperto. Ku ha raccolto vini per oltre 40 anni mentre Tang si vantava di avere “abbastanza vino per durare due, tre, forse quattro vite”.
E’ interessante notare - sostiene Forbes Asia, nell’articolo - che, all’asta dei vini di Henry Tang, tutti i primi lotti sono andati ad acquirenti asiatici privati, compresi i trofei come 6 magnum di Domaine de la Romanée Conti 1995, che sono andate a ruba per più di $ 150.000. Un cassa di 12 Montrachet 1978 è stato venduta a $ 110.000 raddoppiando la stima iniziale di prevendita.
La casa d’aste Christie’s sostiene che il numero dei cinesi che fanno offerte alle aste è cresciuto del 1550%: insomma, dal 1994 fino a metà del 2008, le vendite di vino negli Usa erano salite vertiginosamente perché molti milionari americani avevano costruito collezioni importanti pagando per accaparrarsi i vini pregiati, ora tocca ai ricchi asiatici che dopo aver fatto i soldi in immobili e in Borsa, stanno diversificando i loro investimenti in gioielli, arte e buon vino, consumando di più. “E vogliono avere - spiega Forbes - i loro vini ad ogni costo In sostanza, le loro cantine sono vuote e le loro casse piene, di denaro contante”.
I collezionisti di vino asiatici, oggi, sono nella stessa situazione in cui gli americani erano alla fine degli anni Novanta e i primi 2000. E, nei prossimi 15 anni, è possibile siano loro a collezionare i vini migliori e più rari vini nel mondo. Hong Kong, in questa impresa, sta aiutando molto tagliando il suo dazio a 0 dall’80% e offrendo le infrastrutture adatte per il trading, lo stoccaggio, la logistica e i trasporti. Se le imposte Usa variano da stato a stato, in Uk viene imposto il pagamento di $ 31,90 a prescindere dal valore e tutto ciò posiziona Hong Kong come il centro del commercio del vino, insieme a New York e Londra. E, così, è aperto un grande spazio per l’educazione del vino, collezione e il consumo. Non c’è da stupirsi, quindi, se ricchi come Ku e Tang stanno aprendo le loro cantine e la prossima ondata di collezionisti sarà disposta a pagare prezzi mai visti prima in Asia.
Fonte: Forbes Asia

- Australia, lascia il Ceo di Treasury dopo la proposta di eliminare le giacenze
Con un avviso all’Australian Securities Exchange, il colosso del vino australiano Treasury Wine Estates (Twe), ha annunciato che David Dearie, amministratore delegato della società, ha lasciato la carica “con effetto immediato”.
Il presidente della Twe Paul Rayner ha spiegato che la decisione è stata presa dopo che Dearie, in luglio, aveva deciso di eliminare le vecchie annate in giacenza (vedi notizia Focus di Settembre 2013) presso i distributori americani, per un valore di 35 milioni di dollari, spendendo altri 40 milioni di dollari per finanziare una svendita degli stock in eccesso delle annate più recenti oltre ad altri 85 milioni in accantonamenti non monetari, per l’annullamento di contratti di acquisto di uve. In tutto si trattava di perdere 160 milioni di dollari, una somma importante. A questo punto il cda della Treasury ha concluso che “era arrivato il momento giusto per cercare un nuovo Ceo”.
In sostanza, Twe ha bisogno di un Ceo che “dedichi maggiore attenzione operativa a favore della crescita della società”. Michael Simotas, analista della Deutsche Bank, commentando le dimissioni di Dearie, ha detto che la sua improvvisa partenza “non era un buon segno, ma nemmeno una sorpresa visto il bilancio deludente che si aspetta. Può essere un sintomo di altri problemi e la ricerca di un sostituto, per l’azienda, sarà dirompente”.
Provvisoriamente il posto di Dearie è stato assegnato al direttore non esecutivo Warwick Every-Burns mentre la società sta cercando un nuovo Ceo. Dal maggio 2011, Twe è diventata una divisione autonoma dal colosso della birra Foster di cui era parte. Da allora, è stata spesso bersaglio di speculazioni e non riesce a tenere il passo con la domanda guidata dal mercato asiatico in forte espansione.
Fonte: www.theaustralian.com.au

- Nigeria: bollicine, marchi e nuovi consumatori
Secondo un report Wine Intelligence, i Paesi dell’Africa sub-sahariana, tra cui Nigeria, Angola e Sud Africa, sarebbero sempre più sotto osservazione dei produttori di vino perché le economie in crescita stanno favorendo la domanda di vino. La principale di queste nuove stelle africane è la Nigeria.
Con una popolazione di 167 milioni di abitanti, di cui un terzo ha meno di 25 anni, ha un’economia alimentata dalle proprie risorse naturali e dal commercio, con un piccolo segmento in rapida espansione di consumatori con capacità di spesa. Secondo “Wine Intelligence”, la definizione di classe media per definire questo gruppo sarebbe un po’ fuorviante in quanto lo stile di vita e il comportamento ha poco in comune con l’equivalente dei paesi del mondo sviluppato. A fronte di redditi da US $ 50.000 all’anno degli occidentali corrisponde, secondo la definizione di “classe media” nigeriana coniata dall’ African Development Bank, un reddito disponibile tra US $ 2 e US $ 20 al giorno, pari a US $ 1.000 - 7.500 dollari l’anno. Se per gli occidentali può sembrare poco, in realtà non lo è affatto per la Nigeria.
Un universitario, single, universitario di 20 anni, oggi ha in tasca dei soldi da spendere, non abbastanza per arare la proprietà o per comperare una lavatrice, ma sufficienti per passare una bella serata fuori. In Nigeria, ogni giorno 56 milioni di persone accedono ad Internet servendosi di BlackBerry, Samsungs e iPhones.
In questo contesto l’alcol in generale e alcuni marchi in particolare svolgono un ruolo chiave. Nel 2011, il paese ha consumato oltre 750.000 bottiglie di Champagne, rendendo la Nigeria il mercato in crescita più veloce nel mondo negli ultimi 5 anni e tra i “Top 20” mercati del mondo. La maggior parte degli osservatori economici ritengono che l’economia nigeriana crescerà rapidamente nei prossimi 10 anni, insieme alla popolazione, e parte di questo benessere sarà disponibile per i giovani professionisti della classe media.
Fonte: Wine Intelligence

- Russia, vendite di vino in crescita sino al 2017
Le vendite di vino in Russia sono destinate a crescere fino al 2017: la previsione è della società Canadean - specializzata nel settore delle ricerche sui beni di largo consumo e i vini e liquori - che stima un tasso annuo di crescita composto (Cagr) del 2,8% nel periodo 2012-2017 e una crescita in volume leggermente inferiore, dell’1,8%.
La gold star dei consumi russi sarà il vino spumante con un incremento del 4,9% sia in valore che in volume. La ricerca Canadean mette in luce che ormai il consumo di spumante non è più legato solo alle occasioni celebrative.
Nel 2012, lo spumante ha registrato poco più del 25% di quota di mercato complessiva, mentre in valore era appena sotto la metà. Il vino rappresentava il 58,8% del volume del mercato russo e il 40,8% del suo valore cioè la principale categoria presente. Il Cagr sino al 2017 vede una crescita del valore del 1,0 % e 1,1% del volume sino al 2017. I consumatori russi, invece, stanno perdendo l’interesse verso le bevande fortificate e nei vini liquorosi tanto che si prevede un una minore domanda in valore e in volume, con un tasso annuo di crescita composto (Cagr) in calo rispettivamente dello 0,4% e dello 0,3%.

- Australia, le novità di John Casella (Yellow Tail)
John Casella, il secondo più grande esportatore di vino dell’Australia, ha esortato l’industria del vino nazionale a concentrarsi sull’innovazione e ha risposto a muso duro ai critici che incolpano il suo vino Yellow Tail di minare le vendite di vino premium australiano all’estero.
La Casella Wines, fondata dai suoi genitori Filippo e Maria nel 1969, ha imbottigliato la sua miliardesima bottiglia di Yellow Tail e ora sta nuovamente agitando il mercato del vino con un nuovo prodotto, una Sangria premiscelata e un Savignon blanc frizzante. Inoltre, si sta preparando ad entrare nel mercato in rapida crescita del sidro con un nuovo prodotto denominato Pressman, una joint venture con il suo partner Coca - Cola Amatil.
In questa ricerca di innovazione e di creazione ha reclutato Darren Peck, un birraio inglese di grande esperienza che ha messo a capo di un team di lavoro per lo sviluppo di nuovi prodotti. L’etichetta Yellow Tail che riproduce la coda gialla di un canguro è una delle più grandi storie di esportazione di successo dell’Australia ed è diventato uno dei più venduti vini negli Usa (U$ 6.99).
La previsione iniziale era di venderne 500.000 casse all’anno oggi sono diventate 8,5 milioni di casse e il marchio incassa 12 milioni di dollari ogni anno. Secondo molti produttori australiani, Yellow Tail alimenterebbe la percezione che il vino aussie sia poco caro e allegro. Wine Australia ha esortato i produttori a concentrarsi sullo sviluppo e sulla vendita di vini di alta qualità, per competere meglio contro i vini a basso costo di Cile e Argentina e facendo da ammortizzatore contro il caro dollaro australiano. Da parte sua John Casella osserva ai suoi critici che “la gente che compra un prodotto da $ 15, non acquista Yellow Tail. Noi stiamo fornendo un segmento del mercato a cui corrisponde un certo tipo di consumatore. Se loro stanno inseguendo i consumatori all’altra estremità del mercato, non ha nulla a che vedere con noi”.
A questo proposito ha citato la popolarità del marchio statunitense Barefoot, che ha superato Yellow Tail come il vino più venduto in America nell’ultimo esercizio finanziario. Ed è di un Us $1 più economico di una bottiglia di Yellow Tail.
“Questo significa che sta distruggendo l’immagine del vino americano? Sono tutti in crescita” ha aggiunto Casella, sottolineando che le vendite di vino statunitensi stavano crescendo al ritmo del 6%.
Fonte: The Australian Financial Review

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