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IN BORGOGNA, I VIGNERON MESSI IN GINOCCHIO DALLE GRANDINATE DEGLI ULTIMI 10 ANNI, PUNTANO SULLA TECNOLOGIA PER DIFENDERE 9.000 ETTARI DI VIGNETI, SENZA DIMENTICARE IL RISPETTO PER UN TERROIR CABDIDATO A DIVENTARE PATRIMONIO DELL’UNESCO

La Borgogna, terroir privilegiato del vino mondiale, negli ultimi 10 anni ha patito non poco i capricci di un clima impazzito, che ha riservato ai vigneti della Francia centrale le sventure peggiori, dalle piogge tanto abbondanti da “sfociare” in alluvioni, a grandinate capaci di distruggere in pochi minuti l’intera produzione di più di un viticultore: se ne contano 6 dal 2001, e allora, per i vigneron, è il momento di correre ai ripari.
Come? Investendo in tecnologie d’avanguardia, compatibilmente con il rispetto di un paesaggio che, è bene ricordarlo, è stato candidato pochi mesi fa a Patrimonio Unesco, e con il portafogli. Ragioni, queste, che hanno subito portato a scartare l’ipotesi dei razzi antigrandine, virando su un sistema meno invasivo e più economico: dei generatori a terra che creano delle minuscole particelle di ioduro d’argento o di acetilacetone di rame capaci di salire fino alle nuvole, bloccando la formazione dei chicchi di grandine, e riducendo così la ferocia delle tempeste di grandine almeno del 50%.
Non è certo una soluzione definitiva, ma un primo passo, che vedrà un investimento, interamente a carico dei viticultori, di 100.000 euro, per l’installazione di 34 macchinari, che dovranno difendere 9.000 ettari di vigneti, dalla Côte de Beaune alla Haut - Côte de Beaune, dalla Côte Chalonnaise a Couchois.

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