Treasury Wine Estates, il secondo gruppo vinicolo del mondo, non è in vendita, forse. Per ora resiste alle lusinghe del gruppo di private equity Kkr - Kohl Kravis Roberts, e decide di respingere l’offerta pubblica di acquisto di 2,78 miliardi di dollari, pari a 4,7 dollari per azione, e la notizia rafforza il gruppo sul mercato azionario australiano, dove guadagna, in un solo giorno, il 18%. È ormai la terza volta che Treasury deve affrontare la speculazione dei mercati, ma solo la prima in cui viene resa pubblica un’offerta formale e potenzialmente appetibile per i proprietari di Penfold’s, azienda storica della viticoltura australiana. Adesso, però, c’è da capire se l’offerta sia stata rifiutata perché considerata troppo bassa, o se il gruppo è intenzionato ancora ad andare avanti con le proprie forze.
“Il consiglio - si legge nella nota di Treasury Wine Estates - ha esaminato la proposta di Kkr, e ha concluso che la proposta non riflette il valore reale della società, e non è quindi nell'interesse degli azionisti”. Però, è da tempo ormai che girano voci sulla volontà di Treasury di vendere, se non tutto, almeno una parte del suo business del vino, fatto di 80 brand tra Europa, America e Oceania (troppi, secondo il nuoco chief executive winemaker, Michael Clark), per 11.000 ettari complessivi. Del resto il 2013 non si è chiuso bene, specie per le difficoltà avute sul mercato Usa, dove l’eccesso di offerta ha portato addirittura alla distruzione di scorte diventate ormai invendibili, per una perdita di decine di milioni di dollari. Ed è proprio sul ramo d’azienda americano, al di là delle smentite di rito, che si focalizzano le attenzioni degli altri due big del panorama enoico, Pernod Ricard e Constellation Brands ...
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