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La lotta ai falsi, nel mondo del vino, si fa sempre più dura, ma i produttori, per vincerla, fanno troppo poco. Lo dice uno studio belga, “La contrefaçon sur le marché des vins et spiritueux”, che ha studiato il fenomeno sotto ogni punto di vista

Italia
Produttori troppo leggeri nella lotta ai falsi dice una ricerca della belga Selinko

Lo stato dell’arte della lotta alla contraffazione nel mondo del vino è tutt’altro che rassicurante, e uno dei problemi principali è rappresentato proprio da chi ne subisce maggiormente gli effetti, i produttori, che in questi anni hanno fatto ben poco per affrontare e risolvere il problema. A raccontarlo è lo studio “La contrefaçon sur le marché des vins et spiritueux”, commissionato da “Selinko”, società belga anti-contraffazione (www.selinko.com), che prende in esame i tanti, tantissimi, rivoli della falsificazione, che ha un epicentro in Cina, ma che riguarda, ad ogni livello, tanto i Paesi produttori come Italia e Francia, tanto i mercati, siano essi maturi, come quello americano e inglese, o in crescita, come Russia e la stessa Cina. “I produttori hanno tardato a reagire alla minaccia, e si sono trovati assolutamente impreparati di fronte all’ascesa dei contraffattori cinesi. Non solo - si legge nelle conclusioni del report curato da Eric Przyswa - perché anche la comparsa delle tecnologie anti-contraffazione, a cui i produttori non sono abituati, ha creato delle difficoltà”.
Lo studio fornisce un’analisi delle ricerche in corso, e le tecnologie disponibili per affrontare il problema, citando anche un focus su 250 produttori, intervistati in sei Paesi del vino, che rivela come solo il 29% di loro abbia preso una qualche misura per difendere le proprie bottiglie dalla minaccia della contraffazione. Anche se alcuni dei migliori produttori del mondo, a partire dai première cru di Bordeaux, hanno adottato tecnologie all’avanguardia per cercare di battere i truffatori, il vero problema è che ogni produttore sta lavorando in modo indipendente, senza grande collaborazione tra loro.
Del resto, è difficilissimo anche solo avere statistiche reali del fenomeno contraffazione, e i dati provenienti da recenti studi e stime, elaborati dagli esperti del settore rendono il quadro ancora più preoccupante. L’“International Center for Alcohol Policies”, ad esempio, ha calcolato che il 30% di tutto l’alcol consumato nel mondo è illegale. In Cina, il fenomeno dei falsi è pratica assai più comune: si stima che nel 2013 le bottiglie false potrebbero aver rappresentato una quota di mercato compresa tra il 50 e l’80% di tutti i vini venduti nel Paese. E a pagare, alla fine, è la società tutta, che vede andare in fumo un pezzo di economia, tanto che il Regno Unito, i cui whisky sono contraffatti da decenni in ogni parte del mondo, perde ogni anno qualcosa come 1,45 miliardi di euro, secondo il “The Institute of Economic Affairs”, e l’Italia, secondo una ricerca del Professor Marco Turchini dell’Università di Firenze, lascia sul campo 2 miliardi di euro.

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