Le buone notizie sono che l’Italia, in Usa, mercato più importante al mondo per il vino, rimane leader in volumi e valori tra i vini stranieri, con una quota di mercato rispettivamente del 25,6% del 33,8%, e vede crescere il valore delle proprie esportazioni. La nota stonata, invece, è che il calo del numero di bottiglie che prendono la via delle Americhe continua, segno che gli spazi si stanno un po’ restringendo. Lo dicono i dati dell’Italian Wine & Food Institute, guidato da Lucio Caputo (http://italianwineandfoodinstitute.com), sui primi 4 mesi del 2014 sul 2013, che vedono, per le esportazioni Belpaese negli States, un calo del 4,4% in quantità (da 826.560 a 792.000 ettolitri) ed un aumento del 5,4% (da 414,7 a 437,1 milioni di dollari), e che confermano un trend che si era già manifestato nelle seconda parte del 2013. Così come si confermano le straordinarie performance degli spumanti italiani, +19% in quantità (117.260 ettolitri) e del 21,2% in valore (66,3 milioni di euro), ed il crollo dello sfuso, che perde il 47,3% in volume (a 26.940 ettolitri) e il 26,3% in valore (a 6,2 milioni di dollari).
Ma se da un lato va sottolineato che i vini italiani hanno fatto meglio del totale delle importazioni Usa, che sono diminuite del 6,8% in quantità (da 3,3 a 3 milioni di ettolitri) e cresciute dell’1,3% in valore (da 1,27 a 1,29 miliardi di dollari), preoccupa un po’, sul medio-lungo termine, la contrazione generale dell’import, in volume, per quasi tutti i primi 10 Paesi esportatori. E non consola più di tanto, almeno sul fronte italiano, un dato solitamente positivo, come l’aumento del prezzo medio, da 5,2 a 5,6 dollari a bottiglia: “l’incremento in valore, conseguente al costante aumento dei prezzi, acquista maggior rilevanza, secondo l’Iwfi - commenta Caputo - se lo si confronta con la diminuzione in quantità, che dà maggior consistenza all’aumento dei prezzi, rendendo problematica la presenza della produzione nazionale sul grande mercato americano”.
Un segnale da tenere in considerazione, dunque, anche se c’è chi sta peggio. Come l’Australia, primo competitor in Usa dell’Italia, che segna -16,8% in volume e -14,8% in valore, o come il Cile, che fa -14,5% e -20%. Male anche la Francia, con un -6,7% in quantità e un +0,4% in valore (ma con il prezzo medio a bottiglia che sale da 9,3 a 9,8 dollari, primato assoluto), e la Spagna, che perde il 15,1% in volume e l’1,7% in valore, nonostante, con i propri vini, abbia conquistato, nel 2013, i vertici delle classifiche delle più prestigiose riviste enoiche americane ...
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