Quando si parla del peso degli Stati Uniti nel panorama mondiale del vino, si possono dare almeno due tipi di lettura: una di natura essenzialmente economica, per cui gli Usa sono ormai il principale mercato sia per i fine wines di Italia e Francia, sia per i vin di qualità inferiore del vicino Sud America. L’altra analisi, invece, riguarda l’impatto culturale che un partner così ingombrante ha avuto, volente o nolente, sulle scelte stilistiche dei principali Paesi produttori.
In questo senso, se l’opera prima di Jonathan Nossiter, “Mondovino”, nel 2004, metteva l’accento sul peso che wine writer del calibro di Robert Parker hanno avuto nell’evoluzione di intere denominazioni, Mike Steinberger, dalle colonne di “Wine Searcher” (www.wine-searcher.com), dà una lettura del tutto diversa, raccontando come, in effetti, un mercato fatto di consumatori sempre più maturi, come quello americano, abbia avuto proprio nell’ultima decade un impatto opposto a quello dipinto da Nossiter.
“Negli ultimi dieci anni o giù di lì - spiega Steinberger - il mercato americano è diventata un’ancora di salvezza per una serie di varietà e di stili di vinificazione che altrimenti sarebbero finiti per estinguersi: Sherry, Madeira, Beaujolais artigianale, Riesling tradizionali tedeschi, Rioja, Barolo, Barbaresco, probabilmente non se la vivrebbero bene se le cose fossero andate diversamente. Ci sono produttori tedeschi che continuano a produrre Riesling seguendo lo stile tradizionale, più fruttato e con un residuo zuccherino maggiore, proprio perché in Usa c’è un pubblico fedele di wine lover che lo apprezzano così. E la stessa cosa vale per gli Sherry. Certo, in regioni come Bordeaux e la Valle del Rodano, un certo numero di produttori ha “parkerizzato” i propri vini, è tutto qui il tanto declamato effetto egemonico di Parker, perché oggi, in realtà, noi americani siamo invece diventati i difensori coraggiosi dell’artigianalità.
L’influenza di Parker, del resto, è in calo, anche grazie ad internet, che ha permesso una moltiplicazione delle voci e dei punti di vista diversi sul vino. E poi - conclude Steinberger - ci sono fattori economici da non sottovalutare: i vini più acclamati dalla Napa Valley e di Bordeaux hanno toccato prezzi astronomici, e molti consumatori sono stati costretti a guardare altrove, trovando, grazie alla globalizzazione, alternative all’altezza da ogni parte del mondo”.
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