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Anche la Francia ha i suoi problemi: leader in tutto il mondo, grazie a Bordeaux, Champagne e Borgogna, ma dietro tutti gli altri fanno fatica. Dall’Alsazia alla Lorena, la musica cambia, la fama quasi inesistente, e la concorrenza agguerrita

Per la Francia enoica, quello attuale, è un momento di passaggio e forti cambiamenti, alla ricerca di nuove strategia espansive sui mercati stranieri. Strano a dirsi per un Paese che comunque guarda tutti dall’alto in basso, forte di un prezzo medio neanche paragonabile a quello dei propri concorrenti, e di volumi comunque stabili. In realtà, però, con il calo dei consumi interni i nodi di un sistema imperfetto, come in fondo ogni sistema, vengono al pettine, almeno secondo un analisi del quotidiano francese “Les Echoes” (www.lesechos.fr).
Il gigantismo di Bordeaux, Champagne e, parzialmente, Borgogna, per prima cosa, ha messo lentamente in ombra ogni altra regione vinicola del Paese, a partire da quelle in crescita, come Alsazia, Lorena e Languedoc, che faticano persino su mercati solidi come quello statunitense, dove si trovano ad affrontare la concorrenza di bottiglie di tanti altri Paesi. E questo vale più o meno ovunque, perché le dinamiche di mercato non sorridono alla Francia, brava come nessuno a conquistare la fascia più alta del mercato, ma allo stesso tempo incapace di uscire da questa logica e confrontarsi su dinamiche più strettamente di prezzo.
Anche perché, è dagli anni ’70 che Oltralpe si elogiano, eccezion fatta per lo Champagne, i piccoli numeri e l’alta qualità, e oggi la conseguenza è quella di non avere aziende abbastanza grandi da imporsi con un proprio marchio sui mercati, come fanno, ad esempio, Antinori in Italia, Torres in Spagna e Penfolds in Australia, fondamentali nella conquista di nuovi consumatori e nuovi mercati. Per continuare a crescere, in fin dei conti, c’è bisogno di fare ciò che spesso diciamo andrebbe fatto anche qui, in Italia: fare sistema e massa critica, presentandosi compattamente sui mercati.

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