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In Francia, dopo l’inasprimento della Legge Evin sulla pubblicità degli alcolici, arriva un’altra mazzata: addio al bicchiere di vino in pausa pranzo. Sarà il datore di lavoro a decidere, ma Vin et Société è già in subbuglio

Il calo dei consumi interni, problema che attanaglia, sena soluzione, tutti i Paesi storicamente produttori di vino, continua a preoccupare la Francia che, adesso, deve fronteggiare un nuovo “nemico” interno: i datori di lavoro. Fino ad oggi, infatti, proprio per difendere i consumi e le tradizioni, in pausa pranzo, ai francesi, è sempre stato permesso di bere un buon bicchiere di vino durante la pausa pranzo, un diritto considerato, storicamente, pressoché inalienabile. Almeno, appunto, fino a qualche giorno fa, quando un nuovo decreto del Governo di Parigi, ha cambiato le linee guida in materia, lasciando ai datori di lavoro la libertà di proibire, o meno, le bevande alcoliche, incluso quindi il vino, durante la pausa pranzo. Una scelta destinata a creare non poche polemiche, ma dettata da fattori difficili da contraddire, come la sicurezza e il benessere fisico e mentale dei lavoratori, e la spinosa questione statistica, che parla di 49.000 morti all’anno, in Francia, per motivi legati all’uso ed all’abuso di alcol.

Per l’industria enoica non si tratterà certo del colpo di grazia, né del problema maggiore da affrontare, ma certo dalle parti di Vin et Société, l’associazione che rappresenta più di mezzo milione di persone impegnate nel settori vitivinicolo, cresce l’insofferenza verso una sempre maggiore ingerenza da parte dello Stato sugli usi dei francesi. La libertà di un bicchiere di vino in pausa pranzo, ad esempio fu conquistata nel XIX secolo e, dopo l’inasprimento della Legge Evin, che regola la pubblicità degli alcolici sul territorio francese, una scelta del genere viene considerata come un vero e proprio affronto, specie perché le aspettative erano altre, di apertura e dibattito, non di scontro frontale.

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