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L’Icann tira dritto, ed il provider americano “Donuts Inc.”, propone già la denominazione “.wine” ai propri clienti. Al mondo del vino, adesso, non resta che comprare, e salvaguardare, gli indirizzi delle denominazioni più importanti

Sono passati ormai due mesi dall’ultima volta in cui i vertici del vino mondiale, rappresentati dalla Confédération Nationale des producteurs de vins et eaux de vie de vin à Appellations d’Origine Contrôlées (Cnaoc) e dalla European Federation of Origin Wines (Efow), si sono riuniti con l’Icann, l’organismo responsabile della gestione dei nomi dei domini su internet, il mese di riflessione è abbondantemente trascorso, e nel silenzio più totale le denominazioni “.vin” e “.wine” sono ormai ad un passo dall’approdare in rete. Con buona pace di un settore che, pur godendo di una serie di tutele sacrosante entro i confini del Vecchio Continente, si trova a dir poco sguarnito Oltreoceano, dove le denominazioni d’origine non valgono, giuridicamente, nulla.
Ed allora, sul web, dove tutto è possibile, saranno tre società americane a gestire i nuovi domini: di una, come riporta il magazine francese “Vitisphere”, si conosce il nome, “Donuts Inc.” (www.donuts.co), e in home page pubblicizza da qualche giorno la possibilità di comprare il dominio relativo alla propria azienda.
Insomma, nonostante le regole unanimemente accettate, ossia quelle della World Trade Organization, cui sottostanno anche gli Usa, ribaltare l’esito di una diatriba che dura ormai da mesi appare difficilissimo, nonostante la situazione legale sia a dir poco confusa. L’unica tutela riconosciuta dalla stessa Icann, che altrimenti sottosta esclusivamente alle leggi del mercato, è la garanzia del diritto di prelazione alle società che hanno iscritto il proprio marchio al Trademark Clearinghouse (Tmch), società che appartiene alla stessa Icann.
Per risolvere la situazione in tempi brevi, quindi, la soluzione potrebbe essere semplice quanto clamorosa: mettere da parte la controversia e comprare il prima possibile tutti gli indirizzi più sensibili, perlomeno quelli legati alle denominazioni più famose. Così da tutelare l’intero settore, pur piegando la testa di fronte ad una situazione che merita tutta l’intransigenza messa in campo finora.

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