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Papa Francesco torna a parlare di cibo e lo fa ricevendo in udienza la Coldiretti che compie 70 anni: “non facciamo come quelle persone senza sentimenti che finiscono per vendere la madre, non cediamo alla tentazione di vendere la nostra madre terra”

Non è la prima volta che Papa Francesco parla di cibo, perché si ripensi alla sua produzione e alla sua distribuzione, con parole che vanno dritte al punto: “non facciamo come quelle persone senza sentimenti che finiscono per vendere la madre, non cediamo alla tentazione di vendere la nostra madre terra”. Lo ha detto, a braccio, ricevendo in udienza in Vaticano la Coldiretti, il 31 gennaio, per i 70 anni della fondazione dell’organizzazione. Dal mondo del vino, ricevuto pochi giorni fa nell’udienza del mercoledì in Sala Nervi, a quello del cibo, il Pontefice invita a lavorare “per continuare a produrre buon cibo per la vita di tutti” anche “quando la stabilità climatica è a rischio, quando l’aria, l’acqua e il suolo stesso perdono purezza a causa dell’inquinamento”. E poi, e non è la prima volta che rivolge questo appello, “va ripensato a fondo il sistema di produzione e di distribuzione del cibo”, ha detto Papa Francesco, “ma - ha aggiunto - per venire alla seconda area critica, altrettanto importante è ricordare che nel libro della Genesi, capitolo 2, versetto 15, si parla della chiamata dell’uomo non solo a coltivare la terra, ma anche a custodirla”. Solo così, infatti, “le future generazioni potranno continuare ad abitarla e a coltivarla”, ha detto il Papa, denunciando come “la assolutizzazione delle regole del mercato, una cultura dello scarto e dello spreco nel caso del cibo ha proporzioni inaccettabili” e determina “miseria e sofferenza di tante famiglie”. Fino all’invito e alla proposta del Pontefice: “l’invito è quello di ritrovare l’amore per la terra come “madre” - direbbe san Francesco - dalla quale siamo tratti e a cui siamo chiamati a tornare costantemente. E da qui viene anche la proposta: custodire la terra, facendo alleanza con essa, affinché possa continuare ad essere, come Dio la vuole, fonte di vita per l’intera famiglia umana”. Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ha donato al Santo Padre un cesto con i colori della biodiversità dell’agricoltura italiana, dalla patata blu alla carota viola, oltre al vino per le celebrazioni liturgiche e all’olio extravergine d’oliva per la mensa del Pontefice.

“Il modello di sviluppo che stiamo perseguendo garantisce un sistema di tutela sociale ed economica in grado di assicurare un futuro all’agricoltura e un cibo sicuro e accessibile a tutti, in Italia e nei Paesi più poveri” ha detto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, nell’udienza dal Papa con i dirigenti nazionali e territoriali dell’organizzazione agricola. L’appello di Papa Francesco a ripensare “a fondo il sistema di produzione e di distribuzione del cibo”, “ci conforta nel nostro impegno per dare un adeguato riconoscimento economico e sociale del lavoro nei campi dove - ha sottolineato Moncalvo - pesano gli effetti di una globalizzazione senza regole che favorisce lo sfruttamento, la speculazione sul cibo e sottopaga i nostri prodotti. Il risultato - ha precisato Moncalvo - è che per ogni euro speso dai consumatori italiani per acquistare alimenti appena 15 centesimi arrivano nelle tasche agli agricoltori”.

La salvaguardia dell’identità dell’agricoltura italiana, nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità con l’obiettivo di garantire ai consumatori giusta qualità e quantità, genuinità e sicurezza degli alimenti, l’invito del Santo Padre a trovare forme per produrre cibo custodendo la terra “trova una risposta concreta nella campagna italiana che - ha continuato Moncalvo - ha conquistato il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario, la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, ma anche quello nella sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma, senza dimenticare il fatto che l’agricoltura italiana è tra le più sostenibili dal punto di vista ambientale per la ridotta emissione di gas ad effetto serra. Con le parole del Santo Padre torniamo nelle nostre campagne più forti e determinati nel garantire da un lato la giusta qualità e quantità, genuinità e sicurezza degli alimenti ai consumatori e dall’altro - ha concluso Moncalvo - la salvaguardia dell’identità dell’agricoltura italiana, nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità”.

Dalle patate blu alle carote viola, dalla lenticchia rossa al cece nero, dal mais bianco alla mela grigia ma anche radicchio rosa, cavoli viola e sedano rosso sono infatti alcuni prodotti rappresentativi della grande biodiversità dell’agricoltura italiana che il presidente della Coldiretti Moncalvo ha offerto a Papa Francesco. Tutti prodotti che, spiega la Coldiretti, il lavoro e l’attenta opera di recupero e conservazione degli agricoltori italiani ha salvato dall’estinzione che dall’inizio del secolo scorso ha colpito ben il 75% delle varietà di frutta. Oltre al vino per le celebrazioni liturgiche e all’olio extravergine d’oliva per la mensa del Papa, nel cesto della Coldiretti per il Santo Padre hanno trovato spazio prodotti “minori” che conservano però proprietà salutistiche e nutrizionali eccezionali a dimostrazione della grande ricchezza che porta la diversità. L’Italia infatti, conclude la Coldiretti, può contare su 7.000 specie di flora, 58.000 specie di animali e 1.200 vitigni autoctoni, ma anche su 533 varietà di olive, grazie al lavoro quotidiano di agricoltori e allevatori.

Focus - “Cari fratelli e sorelle … non c’è umanità senza coltivazione della terra; non c’è vita buona senza il cibo che essa produce per gli uomini e le donne di ogni continente. L’agricoltura mostra, dunque, il proprio ruolo centrale”: il discorso di Papa Francesco (fonte: “Avvenire.it”)

“Cari fratelli e sorelle, buongiorno, Vi do il benvenuto in occasione del settantesimo anniversario di fondazione della Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti. Ringrazio il vostro Presidente per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Estendo il mio saluto al Consigliere ecclesiastico nazionale e a quelli regionali qui presenti, segno della speciale attenzione che laì Chiesa riserva alla vostra attività.

Il nome “coltivatori diretti” fa riferimento al “coltivare”, che è un’attività tipicamente umana e fondamentale. Nel lavoro degli agricoltori c’è, infatti, l’accoglienza del prezioso dono della terra che ci viene da Dio, ma c’è anche la sua valorizzazione nell’operare altrettanto prezioso di uomini e donne, chiamati a rispondere con audacia e creatività al mandato consegnato da sempre all’uomo, quello di coltivare e custodire la terra (cfr Gen 2,15). Il verbo “coltivare” richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta passione, quanta attenzione, quanta dedizione in tutto questo!

Si crea quel rapporto familiare e la terra diventa la “sorella” terra. Davvero non c’è umanità senza coltivazione della terra; non c’è vita buona senza il cibo che essa produce per gli uomini e le donne di ogni continente. L’agricoltura mostra, dunque, il proprio ruolo centrale. L’opera di quanti coltivano la terra, dedicando generosamente tempo ed energie, si presenta come una vera e propria vocazione.

Essa merita di venire riconosciuta e adeguatamente valorizzata, anche nelle concrete scelte politiche ed economiche. Si tratta di eliminare quegli ostacoli che penalizzano un’attività così preziosa e che spesso la fanno apparire poco appetibile alle nuove generazioni, anche se le statistiche registrano una crescita del numero di studenti nelle scuole e negli istituti di Agraria, che lascia prevedere un aumento degli occupati nel settore agricolo. Nello stesso tempo occorre prestare la dovuta attenzione alla fin già troppo diffusa sottrazione di terra all’agricoltura per destinarla ad altre attività, magari apparentemente più redditizie (cfr Messaggio per la Giornata del Ringraziamento, 9 novembre 2014). Anche qui domina il dio denaro! E’ come di quelle persone che non hanno sentimenti, che vendono la famiglia, vendono la madre, ma qui è la tentazione di vendere la madre terra.

Tale riflessione sulla centralità del lavoro agricolo porta il nostro sguardo su due aree critiche: la prima è quella della povertà e della fame, che ancora interessa purtroppo una vasta parte dell’umanità. Il Concilio Vaticano II ha ricordato la destinazione universale dei beni della terra (cfr Cost. past. Gaudium et spes, 69), ma in realtà il sistema economico dominante esclude molti dalla loro giusta fruizione. L’assolutizzazione delle regole del mercato, una cultura dello scarto e dello spreco che nel caso del cibo ha proporzioni inaccettabili, insieme con altri fattori, determinano miseria e sofferenza per tante famiglie. Va quindi ripensato a fondo il sistema di produzione e distribuzione del cibo. Come ci hanno insegnato i nostri nonni, con il pane non si scherza! Io ricordo che, da bambino, quando cadeva il pane, ci insegnavano a prenderlo e baciarlo e a riportarlo sul tavolo. Il pane partecipa in qualche modo della sacralità della vita umana, e perciò non può essere trattato soltanto come una merce (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 52-60).

Ma - per venire alla seconda area critica - altrettanto importante è ricordare che nel libro della Genesi, capitolo 2, versetto 15, si parla della chiamata dell’uomo non solo a coltivare la terra, ma anche a custodirla. Le due cose sono del resto strettamente collegate: ogni agricoltore sa bene quanto sia diventato più difficile coltivare la terra in un tempo di accelerati mutamenti climatici e di eventi meteorologici estremi sempre più diffusi. Come continuare a produrre buon cibo per la vita di tutti quando la stabilità climatica è a rischio, quando l’aria, l’acqua e il suolo stesso perdono la loro purezza a causa dell’inquinamento? Davvero ci accorgiamo dell’importanza di una puntuale azione di custodia del creato; davvero è urgente che le Nazioni riescano a collaborare per questo scopo fondamentale.

La sfida è: come realizzare un’agricoltura a basso impatto ambientale? Come fare in modo che il nostro coltivare la terra sia al tempo stesso anche un custodirla? Solo così, infatti, le future generazioni potranno continuare ad abitarla e a coltivarla. Di fronte a questi interrogativi, vorrei rivolgere un invito e una proposta. L’invito è quello di ritrovare l’amore per la terra come “madre” - direbbe san Francesco - dalla quale siamo tratti e a cui siamo chiamati a tornare costantemente. E da qui viene anche la proposta: custodire la terra, facendo alleanza con essa, affinché possa continuare ad essere, come Dio la vuole, fonte di vita per l’intera famiglia umana.

Questo va contro lo sfruttamento della terra, come se fosse una cosa senza rapporto con noi - non più la madre -, e poi lasciarla indebolire e abbandonarla perché non serve a niente. È proprio la storia di questa alleanza che la vostra tradizione incarna quotidianamente: la storia di un’agricoltura sociale dal volto umano, fatta di relazioni solide e vitali tra l’uomo e la terra: relazioni vitali: la terra ci dà il frutto ma anche la terra ha una qualità per noi: la terra custodisce la nostra salute, la terra è sorella e madre che cura e che sana. L’ispirazione etica, che motiva e sostiene la vostra azione alla luce della dottrina sociale cattolica, avvicina fin dalle origini la missione della Coldiretti a quella della Chiesa, e la loro collaborazione ha portato tanti buoni frutti all’intera società italiana.

Cari amici, auspico che il vostro lavoro per coltivare e custodire la terra sia adeguatamente considerato e valorizzato; e vi invito a dare sempre il primato alle istanze etiche con cui da cristiani affrontate i problemi e le sfide delle vostre attività. E, per favore, vi chiedo di pregare per me e di cuore vi benedico”.

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